Le Prèfiche della democrazia

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Le Prèfiche della democrazia

 

di Marco Bonsanto

Ci sono poche cose più grottesche che vedere il corteo delle prèfiche arrivare al capezzale del congiunto con oltre trent’anni di ritardo.

Dopo la vittoria di Donald Trump alle ultime elezioni americane e l’inizio del suo secondo mandato presidenziale, le migliori penne del giornalismo prezzolato, gli oracolari mezzibusti televisivi, tutta la pletora editoriale e accademica dei soloni garantiti, su su fino ai filosofi da salotto – l’intero emisfero occidentale degli intellettuali di sistema, insomma, è entrato in lutto lanciando alti lai per la morte della democrazia, questa cara nonna novecentesca pugnalata alle spalle, dicono, da alcuni scellerati nipotini impazienti di ereditare.

E se lo dicono loro c’è da credergli, perché son uomini d’onore!

Del resto in ogni famiglia c’è sempre chi, autoinvestitosi di una superiore moralità, si sobbarca il fardello dell’anziano progenitore insinuando il sospetto che taluni cugini non siano del tutto in regola con la propria legittima e certificata ascendenza; che siano insomma dei bastardi intrufolatisi nel pedigree famigliare per ragioni di tutt’altra specie oltre il disinteressato amore per la vecchia, che loro invece coltiverebbero ogni giorno a proprio rischio e pericolo dai loro pulpiti ben riscaldati.

E se lo dicono loro c’è da credergli, perché son uomini d’onore!

Quando dopo la vittoria su quella socialista la democrazia liberale ha preso rapidamente a involvere e ad ammalarsi in modo cronico, le migliori menti del nostro magazzino-cervelli hanno fatto di tutto per convincere i cittadini che non c’era di che preoccuparsi, che si trattava solo di una “febbre di crescita” in una democrazia più grande e meglio costruita, più trasparente, rappresentativa e onesta, quel paradiso delle lobby chiamato Unione Europea, al quale ancora oggi pretendono che le nazioni si immolino.

E se lo dicono loro c’è da credergli, perché son uomini d’onore! Banchieri, politici, sindacalisti, giornalisti, professori, scienziati, scrittori, saltimbanchi, tutti saggi, tutti uomini d’onore!

Eppure, nonostante il monopolio informativo assicuratogli da finanziamenti governativi bipartisan; nonostante la sicumera con la quale per decenni hanno promosso agende politiche eterodirette (le cosiddette “riforme”); nonostante l’alacre e annosa opera di disattivazione del dissenso popolare, tacciato volta a volta di populismo, sovranismo e complottismo – un fatto inspiegabile corrode oggi le meningi di tutti i “competenti” dei vari ambiti, che in gramaglie e con gli occhi lustri per lo strazio, annunciano affranti a reti unificate che la cara vecchia, improvvisamente, è morta.

Ahi, che caduta fu quella, che io e voi e tutti noi cademmo insieme ad essa, mentre il tradimento trionfava!

Sì, perché la democrazia non è morta da sé, ci informano, cioè per le circostanze epocali che l’hanno fatta degenerare alla fine del Novecento e che loro hanno astutamente cavalcato per sopravvivere a se stessi, ma è stata uccisa da Trump e dal popolo senza istruzione che l’ha votato, nonché dai nuovissimi oligarchi del capitalismo digitale (gli stessi filantropi osannati fino a ieri) che oggi gli sorridono ebeti e disonorati per non soccombere all’annunciato ripulisti.

D’altra parte, ribadiscono adirati come Mosè sul Sìnai, non può esserci altra spiegazione a questo scempio che quella del folle solitario, manipolatore di cittadini malevolmente aizzati contro chi per lustri e lustri ha cercato di spiegare loro quale fosse il proprio bene politico, economico e persino sanitario. Una vera e propria congiura di popolo, irriconoscente verso chi, non senza abnegazione, l’ha sollevato dal fastidio di governare! La democrazia, insomma, sarebbe stata uccisa da coloro che non l’amano più – semplicemente perché non accettano il pilota automatico inserito alla sua carrozzella, per impedirle di deambulare pericolosamente verso interessi troppo nazionali, troppo sociali, troppo legittimi.

E così il corteo degli addolorati intellettuali sedicenti progressisti ora avanza mesto e sbigottito, incredulo che tanta malizia sia stata posta in essere contro una vecchia così bonaria, dolce e generosa verso i propri figli.

Non ammetteranno mai che ad ucciderla siano stati proprio coloro che hanno preteso conservarla restringendola a così pochi e talmente tanto, da soffocarla in un abbraccio mortale! E cioè affidandola alle amorevoli cure di autoreferenziali e inamovibili badanti politici, avvolgendola nei pannicelli caldi di una alternanza partitica senza alternativa, nutrendola per decenni delle magrissime minestrine europeiste, inchiodandola alla sedia a rotelle di istituzioni nazionali screditate, privatizzate e rese inefficienti, piazzandola davanti al televisore per silenziarne rantoli e lamenti, infilandole a forza i pannoloni di una Magistratura a prova di diarrea, rifilandole le ricette dei dottori del globalismo, pretendendo insomma di curarla praticamente con un unico protocollo: Tachipirina e vigile attesa!

La prima, sappiamo bene dove gliel’hanno ripetutamente infilata… Quanto alla seconda, su che cosa esattamente si vigilava con tanta ansia? – Ma sulla scoperta del cadavere, evidentemente!

La democrazia infatti non è morta oggi, come lamentano i benpensanti, ma almeno tre decenni fa, quando ha esaurito la sua funzione ideologica di baluardo anticomunista. Quel tanto di libertà, di diritti e di partecipazione che ha mobilitato in un sogno giovanile milioni di uomini e donne nel secondo dopoguerra, ci è stato per lo più concesso per indurci a compattare i nostri interessi intorno a quelli del capitalismo statunitense. Finita la Guerra Fredda, diritti e libertà sono divenuti costi improvvisamente insostenibili per il sistema economico nel frattempo finanziarizzatosi e globalizzatosi, e sono stati perciò rapidamente smantellati. Residuali privilegi economici, di status e d’impunità, sono stati assicurati ai solerti esecutori dell’esproprio pubblico e ai corifei intellettuali che operavano da vasellina culturale sui giornali, all’università e alla televisione.

L’unico, vero problema di coloro che oggi piangono il morto, infatti, è stato da sempre quello di mantenere intatte le proprie rendite di posizione, mentre la nazione veniva impoverita svuotata e vilipesa, lo Stato smembrato saccheggiato e svenduto, la patria invasa avvelenata e devastata. La soluzione trovata fu raccapricciante, ma come insegna la cronaca nera forse meno aliena di quanto si possa credere allo stile delle famiglie “perbene”: mummificarono la democrazia e si coricarono al suo fianco per decenni, imbellettando la salma putrefatta per continuare ad incassarne la pensione! Nessun orrore li atterriva di più, in effetti, della certificazione necroscopica sulla cara estinta – cioè della tempesta perfetta e imprevedibile che avrebbe potuto scalzarli dal ruolo di tronisti intellettuali, insieme a tutta la loro insopportabile prosopopea radical chic!

E questa sventola adesso è arrivata.

L’impalcatura della loro forsennata ideologia – catastrofista e autoritaria – vacilla ora pericolosamente e rischia di implodere, lasciando i suoi feroci e ingordi patrocinatori col cerino in mano e in bancarotta di credibilità. Anche se si può star sicuri che i loro padroni, invece, continueranno a mordere, pur con i denti rotti. E tuttavia, in America come in Europa enormi forze economiche, sociali e umane riprendono fiato e ritrovano un minimo di voce dopo decenni di compressione e forzata abdicazione. Dopo una sfilza di governi tecnici a perorare un “bene comune” a vantaggio di pochissimi, la faglia del potere è tornata a muoversi e taglia ora trasversalmente l’intera società occidentale rimescolando nuovamente interessi e valori. Troni, Potenze e Dominazioni si scontrano – né è certo, per la natura reciprocamente escludente degli interessi in campo, che almeno nell’immediato possano facilmente conciliarsi (a danno dei popoli). L’eterna lotta può così riprendere.

Tutto ciò sia detto non per lodare la democrazia, ma per seppellire quella globalista!

Non per avere una tomba sulla quale piangere le nostre perdute libertà, ma per tornare finalmente a mobilitarci e a riconquistarle nell’autentico spirito europeo. Prima che lo spazio ridotto, malcerto e fugace, che pur si apre grazie a questa nuova gigantomachìa, torni presto e definitivamente a chiudersi.

 

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