L'euro si sgretola? Le "contromosse" dell'ordoliberismo

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L'euro si sgretola? Le "contromosse" dell'ordoliberismo

Se anche fonti al di sopra di ogni sospetto come il professore di Harvard Kenneth Rogoff, che a Davos dichiara  cheil lancio dell'euro è stato un "errore gigantesco di proporzioni storiche" e che l’Europa sta sperperando la "risorsa scarsa" della sua gioventù; o come l'ex presidente della Bundesbank ed oggi a capo di Ubs Axel Weber, il quale, sempre in occasione del WEF, prevede una nuova crisi del debito a causa delle enorme perdite attese delle banche; Luciano Barra Caracciolo in due post molto significativi su Orizzonte 48  - qui e qui - analizza le "contromosse" che il regime ordoliberista europeo ha escogitato per venire in soccorso della classe politica e della classe capitalista finanziaria (o finanziarizzata), quella che in poche parole definisce governance €uropea. 
 
Siamo di fronte ad un'operazione culturale datata, che, sottolinea il giurista italiano, trova la sua forza nella convizione di un autentico ridisegno della società: lo sfacelo italiano è imputabile molto più a un "investimento" concordato tra politica e gruppi economici prevalenti che non ad una persuasività della teoria del "vincolo esterno". Stando così le cose, il "sistema" UE ha prontamente trovato il modo di intervenire per  sopire il malcontento ed impedire che possa divenire incontrollabile - e non solo in vista delle elezioni europee.
 
E questo attraverso quattro strategie che Barra Caracciolo schematizza in questo modo:
 
1) revisione - dei criteri di calcolo del PIL a livello UE, in modo da creare un aumento sostanzialmente fittizio delle basi di calcolo e rendere formalisticamente (ma non sostanzialmente) più sostenibili le politiche di pareggio di bilancio e di riduzione del debito;
 
2) innalzamento degli aiuti di Stato de minimis, portati a 15 milioni di euro (sulle imprese fino a 499 dipendenti), in modo da rendere più praticabili le politiche supply-side: ma solo da parte di paesi cui viene consentito di sforare il tetto del deficit, perciò eccettuata l'Italia, con la fattiva collaborazione dei nostri governanti "proni" a questo stato di cose;
 
3) dichiarazione di Draghi, recentissima, sulla volontà di intervenire - sullo stile "whatever it takes...and believe me"- in caso di deflazione nell'area euro (ma subito negando che "ci siano gravi pericoli" in tal senso!);
 
4) intensificazione dell'equazione euro= mezzo di contrasto ai rinascenti nazionalismi e xenofobia: "Quando facciamo un bilancio dell’eurocrisi, non è dunque solo alle performance economiche che bisogna guardare, ma soprattutto alla rivincita degli egoismi xenofobi. Il laboratorio polacco, in bilico fra successo europeo e ritorno al passato, ci dirà molto su noi stessi".
 
Il "ridisegno" della società europea, ma più di tutte di quella italiana, è in gran parte avvenuto. Tanto per evidenziare come questo fosse stato previsto con esattezza in base ad analisi economiche che risalgono a ben prima dell'entrata in vigore dell'euro, Luciano Barra Caracciolo ripropone alcuni estratti dell'intervento di Luigi Spaventa alla Camera dei Deputati in occasione della ratifica italiana del sistema monetario europeo (SME), da cui si può effettuare una triplice rilfessione:
 
a) esisteva ancora la consapevolezza che "il vincolo ("esterno") sulla politica economica interna “non può essere considerato come insostenibile conseguenza di un’entrata prematura nel sistema” (parole testuali di Mario Monti!),  accettandosi ancora l'idea che i differenziali di inflazione non solo fossero dovuti a differenze strutturali del tutto legittime, ma anche a differenze politico-economiche e culturali che vedevano la Germania da sempre su posizioni divergenti rispetto gli interessi degli altri Stati europei!;
b) il livello della classe politica, e del conseguente dibattito, (seppure "invano", ai fini decisionali) era infinitamente più elevato di quello attuale. 
Anche ammesso che la ancor più rigida "censura" (ideologico-terroristica) attuale sia superabile in sede parlamentare-istituzionale, oggi non ci sarebbe più nessuno in grado di svolgere una requisitoria di quel valore politico-scientifico (diceva Spaventa, allora: "si ritiene che l’edificazione del sistema monetario rappresenti il primo sussulto dell’idea europea dopo anni di letargo; l’occasione non può e non deve essere persa...Obiettare a questo argomento è pericoloso - si badi - perché si rischia di essere marchiati di antieuropeismo, si rischia di essere marchiati come nazionalisti, come retrogradi, perché esiste anche una sorta di terrorismo ideologico europeistico...Sono, quelle del sistema monetario, imperfezioni tecniche o non piuttosto i difetti di una creatura nata politicamente male e politicamente malformata? Non derivano, queste imperfezioni, dagli egoismi nazionali degli altri paesi più forti della Comunità? Perché mai, altrimenti, i costi che ci si chiede di sopportare dovrebbero essere solo i nostri, mentre non paiono esservi costi per i paesi più forti? Queste domande io vorrei porre agli amici europeisti, insieme a tante altre);
 
c) - Tutto questo poteva, già allora, specie alla luce della maggior cultura e sensibilità democratiche di almeno una parte della classe politica, prefigurare una concreta ragione di contrarietà all'art.11 Cost. dell'adesione allo SME, in forme acutizzate e gravemente attualizzate dall'adesione al Trattato di Maastricht.
 
La desertificazione industriale, conclude il suo ragionamento Luciano Barra Caracciolo, è solo l'effetto collaterale dell'utilizzazione strategica dell'euro sui paesi a inflazione strutturale più alta, mentre la moneta unica è la punta di diamante di un sistema di riorientamento delle istituzioni democratiche. La strategia seguita, al di là delle "contromosse" che servono a prendere tempo nel breve periodo, è di "puro potere" da capitalismo sfrenato: continuare a predicare la crescita a inflazione zero, cioè concentrando redditi e tenendo alta la disoccupazione. Un gioco che, però, proprio nel lungo periodo, è a realizzazione impossibile - esigerebbe un accumulo di risparmio, conoscenze e formazione, conseguenti investimenti netti che questo modello esclude in assunto - per quanto "loro" ne siano attratti irresistibilmente. “E' proprio vero che credono che finchè lo stock di risparmio delle famiglie non sia stato del tutto depredato, non sia il caso di fermarsi: stanno vincendo e l'euro è il loro profeta. Perchè fermarsi ora?”

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