L'ultima mira degli Stati Uniti si chiama gas moldavo

L'ultima mira degli Stati Uniti si chiama gas moldavo

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di Fabrizio Poggi - Contropiano

Il governo moldavo avrebbe ceduto il 40% del proprio 
territorio (principalmente, circa 12mila km2 nella regione autonoma della Gagauzia) per 50 anni, prorogabili, alla statunitense Frontera Resources International LLC, per prospezioni volte a individuare risorse di petrolio e gas di scisto. Secondo l'agenzia Regnum, lo scorso 9 marzo il presidente Igor Dodon ha chiesto al governo di render pubblico il relativo accordo sulla concessione, dicendosi “preoccupato” per i metodi di ricerca usati in altri paesi dalla compagnia; la rivista NaturalGasWorld ricorda che Frontera starebbe per ora operando solo nella regione della Khaketia, nella Georgia orientale.

 

Al Ministero dell'ecologia, nonostante neghino l'esistenza di problemi, avrebbero comunque evitato di pubblicare proprio la parte dell'accordo relativa alla metodologia di prospezione. Già nel 1995, scrive Regnum, Kišinëv aveva sottoscritto un accordo di concessione per 20 anni con l'americana Redeco, che aveva investito 12 milioni di dollari, perforando alcuni alcuni pozzi; ma nel 2007 il governo moldavo aveva rescisso il contratto per il fatto che i lavori non venivano svolti in maniera adeguata e gli impegni non pienamente rispettati dall'investitore. Frontera programma ora di investire 6 milioni $ nelle ricerche per i primi cinque anni e, in caso di risultati positivi, 100 milioni $.
 

Al momento, le ricerche confermerebbero la presenza nel sottosuolo moldavo di circa un miliardo di metri3 di gas naturale, rispondenti al fabbisogno annuo; nel sud del paese, l'estrazione di gas e petrolio è svolta dalla moldava Valiexchimp (in passato al centro di alcuni scandali creditizi), ma dai 15 pozzi attivi si estraggono solo 300mila metri cubi di gas. Il direttore di Valiexchimp, Valentin Bodisteanu, ha dichiarato a NewsMaker che l'accordo con Frontera non pregiudica l'attività della sua compagnia, dato che gli americani opereranno solo in 5.000 kmq, nel segmento Ungeny-Bessarabka e, più a sud, verso Vulcane?ti, in Gagauzia, una zona che non interseca il territorio in cui si trovano i pozzi della Valiexchimp.
 

La dirigenza della Gagauzia si è detta particolarmente preoccupata per la concessione, accordata alla Frontera senza informarne gli organi della regione autonoma. Oltretutto, si fa notare, il presidente della società USA, Steve Nicandros, era stato pochi mesi fa l'artefice del rendez-vous in USA tra Victoria Nuland e l'oligarca del PD moldavo Vladimir Plakhotnjuk ed è anche uno dei boss del Atalntic Council, il centro yankee che ha tra i propri scopi quello di “promuovere la leadership americana e gli accordi internazionali basati sul ruolo centrale della comunità atlantica”. La Frontera – preferita alla britannica Overseas Minerals Corporation – è stata creata nel 1996, per le ricerche energetiche proprio nell'Europa orientale, in particolare nell'area del mar Nero e, nello specifico, secondo l'ex deputato del Partito Liberaldemocratico e ora funzionario di “IDIS Viitorul”, Vjaceslav Ionitse, specializzata nella ricerca ed estrazione del gas di scisto. Il Ministro per l'ecologia, Valeriu Munteanu, mentre nega che le ricerche abbiano per oggetto il gas di scisto, ammette comunque che l'accordo abbia l'obiettivo di alleggerire il paese dalla dipendenza energetica dalla Russia.
 

E, su Regnum, si avanza il dubbio che “gli scavi in lungo e in largo alla ricerca del gas” escano dal quadro degli investimenti” americani, per interessare la sfera geopolitica. Il primo ministro Pavel Filip ha dichiarato che l'accordo con Frontera “va oltre il concetto di investimento e tutela la sicurezza e l'indipendenza energetica del Paese", contribuendo “a evitare ogni intervento geopolitico". L'ambasciatore USA James Pettit, presente alla firma dell'accordo, ha detto di essere “orgoglioso che un'impresa americana realizzi un grosso progetto in Moldavia e spero che ciò sia l'inizio di una crescita degli investimenti, non solo americani, ma stranieri in generale”. Sinistramente, Sputnik-Moldavia osserva che il paese otterrà appena l'1% degli profitti dall'estrazione.
 

Regnum nota che Moldovagas (50% delle azioni di proprietà di Gazprom; 35,33% del governo moldavo e 13,44% della Transnistria) ha acquistato nel 2016 oltre un miliardo di m3 di gas russo. Al 1 gennaio scorso, il debito per il prodotto era di 6,5 miliardi di $, di cui l'89% a carico della Transnistria.
 

In sostanza, non mancano i presupposti per supporre che anche l'accordo con la compagnia USA rientri tra le clausole “suggerite” dagli istituti internazionali per i propri interventi “di sostegno”. Tra questi, in base ai dettami del FMI (in base al nuovo piano creditizio triennale del novembre scorso, per 179 milioni di dollari) anche in Moldavia sono in arrivo, oltre l'innalzamento dell'età pensionabile e una rigida regolamentazione del settore bancario, anche drastici aumenti delle tariffe energetiche al consumo: dal 12,7% al 27,4%, a seconda delle compagnie che servono le diverse regioni del paese.
 

E' così che l'economista Tatjana Larjušina dichiara a NewsMaker che “non è un segreto che la Moldavia venga usata per testare le riforme che poi vengono condotte in Ucraina” e che hanno ridotto alla fame al freddo milioni di cittadini ucraini.
 

E persino il neo presidente Igor Dodon, che in campagna elettorale aveva duramente criticato l'accordo col FMI, ora dice di non voler rinunciare alla “collaborazione” col Fondo o con la Banca Mondiale, ma ciò dovrebbe avvenire sulla base “degli interessi nazionali” moldavi, dichiarando di esser pronto a indire un referendum “contro l'innalzamento dell'età pensionabile e l'aumento del 30% delle tariffe energetiche, come pure contro la richiesta di diminuire i sussidi all'agricoltura, che già così non è in grado di reggere la concorrenza della aziende UE, finanziate con centinaia di euro a ettaro, contro qualche decina di euro delle nostre”.
 

Pare insomma che, mentre si cerca di ostacolare ogni progresso sui progetti dei gasdotti “South stream” e “North stream 2”, si stia anche procedendo a metter piede direttamente sulle aree che, a suo tempo, già la Germania hitleriana aveva individuato come vitali per i propri rifornimenti energetici. Questa volta, con il discreto consenso delle leadership locali.

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