Nagorno Karabakh, Lettera dell'Ambasciatore dell'Azerbaigian Mammad Ahmadzada a l'AntiDiplomatico

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Nagorno Karabakh, Lettera dell'Ambasciatore dell'Azerbaigian Mammad Ahmadzada a l'AntiDiplomatico


Riceviamo e pubblichiamo non solo in rispetto della normativa relativa alla rettifica, ma con piacere per il dibattito vitale sull'argomento, una risposta di S.E. l'Ambasciatore dell'Azerbaijan inviata al direttore dell'AntiDiplomatico Fabrizio Verde, in risposta ad un articolo di Enrico Vigna del 16 aprile pubblicato nel suo blog "Popoli e dintorni" dal titolo "Nel Nagorno Karabakh (Repubblica di Artsakh). Elezioni presidenziali concluse"    

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Roma, 04 maggio 2020



Spett.le Direttore,
 

Scriviamo in riferimento all’articolo a firma di Emanuele Vigna  “Nel Nagorno Karabakh (Repubblica di Artsakh). Elezioni presidenziali concluse”, pubblicato nel vostro giornale lo scorso  16 aprile 2020, chiedendo la pubblicazione in base alla normativa sul diritto di rettifica di questa nostra nota, a firma dell'Ambasciatore dell'Azerbaigian in Italia S.E. Mammad Ahmadzada.

Ciò che colpisce è l’impostazione generale dell’articolo, che approccia alle così dette “elezioni” in Nagorno Karabakh, territorio dell’Azerbaigian sotto occupazione militare da parte dell’esercito dell’Armenia, evitando di approfondire il percorso storico e la realtà attuale alla base della situazione della regione.

Il Nagorno Karabakh è la parte montuosa del Karabakh, una terra storica dell’Azerbaigian, già appartenuta ai diversi stati azerbaigiani ben prima del regime sovietico. Il nome stesso deriva da due parole azerbaigiane: “qara” – nero e “bag” – giardino. Dai tempi antichi fino all’occupazione dell’Impero zarista, all’inizio del 1800, questa regione era parte di diversi stati azerbaigiani, da ultimo il khanato del Karabakh. Il Trattato di Kurakchay del 1805 tra Ibrahium Khan, Khan del Karabakh e Sisianov, rappresentante dell’Impero russo, stabilì il passaggio del khanato del Karabakh all’Impero russo. Come conseguenza delle guerre tra Russia e Iran, i trattati di Pace di Gulustan del 1813 e di Turkmanchay del 1828 riconobbero de jure il congiungimento alla Russia dei Khanati azerbaigiani del Nord, e in particolare all’ultimo trattato seguì un massiccio trasferimento di armeni nei territori azerbaigiani, in particolare in Karabakh, con un notevole aumento nel corso della prima guerra mondiale. Nel 1978 fu eretto un monumento in Karabakh, a riprova del 150mo anniversario dell’arrivo degli armeni nella zona, deliberatamente distrutto dagli stessi armeni a seguito del conflitto. Il 28 maggio 1918 fu proclamata la Repubblica Democratica dell’Azerbaigian e l’Assemblea Nazionale Armena del Nagorno Karabakh ha riconosciuto ufficialmente l’autorità dell’Azerbaigian. Il 28 aprile 1920 la Repubblica Democratica dell’Azerbaigian venne occupata dall’armata rossa e fu creata la Repubblica Socialista Sovietica dell’Azerbaigian. Il 5 luglio 1921 il Bureau Caucasico del Comitato Centrale del Partito Bolscevico decise di mantenere il Nagorno Karabakh all’interno della RSS dell’Azerbaigian, non di “trasferirlo” o “assoggettarlo” alla normativa azerbaigiana, contrariamente da quanto tipicamente affermato da fonti armene. Il 7 luglio 1923, il Comitato Esecutivo Centrale della RSS dell’Azerbaigian emanò un Decreto “Sulla formazione della Provincia Autonoma del Nagorno Karabakh” (NKAO). I confini amministrativi della Provincia vennero definiti in modo che gli armeni ne rappresentassero la maggioranza. Possiamo dire che le radici del conflitto sono dunque nel trasferimento degli armeni nei territori azerbaigiani, oltre che nella decisione di creare una provincia autonoma nella parte montuosa della regione del Karabakh dell’Azerbaigian. 

Dalla fine degli ottanta del XX secolo l’Armenia ha avanzato le sue rivendicazioni territoriali contro l’Azerbaigian, a differenza di ciò che viene descritto nell’articolo, aspirando all’annessione della regione azerbaigiana del Nagorno Karabakh, insieme con la deportazione di 250 mila azerbaigiani dalle loro terre storiche in Armenia. A questo ha fatto seguito l’aggressione militare da parte dell’Armenia contro l’Azerbaigian, che ha portato all’occupazione militare del 20% dei territori dell’Azerbaigian, inclusa la regione del Nagorno Karabakh e i sette distretti adiacenti, il 100% della cui popolazione era azerbaigiana, e ha avuto come conseguenza una pulizia etnica contro tutti gli azerbaigiani nei territori occupati - con più di 1 milione di rifugiati e profughi interni, e la distruzione di tutti i monumenti storici azerbaigiani presenti nel territorio. L’Armenia ha violato gravemente il diritto internazionale umanitario e commesso numerosi crimini di guerra, tra cui il genocidio di Khojaly, l'evento più drammatico del conflitto, che ha visto l’uccisione di 613 civili azerbaigiani, per mano dell'esercito dell’Armenia, nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 1992. Esistono molti documenti di organismi internazionali, come noto, comprese quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che impongono il ritiro dell’Armenia dai territori occupati dell’Azerbaigian e il ritorno dei profughi azerbaigiani alle loro terre, che sono stati ripetutamente e costantemente ignorati.

Per mascherare le consequenze della sua aggressione militare l’Armenia ha creato illegalmente nei territori dell’Azerbaigian un regime fantoccio, presentato nell’articolo a volte come “repubblica del Nagorno Karabakh”, e a volte come “repubblica di Artsakh”. Questo regime non è in definitiva nient’altro che il prodotto della discriminazione razziale e non è stato riconosciuto da nessuno, inclusa la stessa Armenia. Lo svolgimento delle così dette “elezioni” illegali nei territori occupati dell’Azerbaigian rappresenta un ennesimo tentativo dell’Armenia per mantenere lo status quo ed imporre il fait-accompli nei territori occupati. Queste ultime così dette “elezioni”, come tutte le altre, sono state considerate illegali, così come condannate e respinte da parte della comunità internazionale. Tra i vari stati, inclusa l’Italia, compaiono anche diversi organismi internazionali che si sono rifiutati di riconoscerne i risultati: Unione europea, Parlamento europeo, i co-presidenti del gruppo OSCE di Minsk, NATO, Assemblea Parlamentare dell’OSCE, Movimento dei paesi non allineati, Consiglio turco, GUAM, Organizzazione della cooperazione islamica, TURKPA.

Considerando quanto menzionato, un articolo così strutturato, rischia di sostenere le rivendicazioni territoriali dell’Armenia contro l’Azerbaigian, gli sforzi della prima per mantenere lo status quo ed imporre il fait-accompli nei territori occupati e consolidare le conseguenze dell’aggressione militare. 

L’autore avrebbe invece dovuto sottolineare che le elezioni nella regione azerbaigiana del Nagorno Karabakh sarebbero possibili solo nel quadro costituzionale della Repubblica dell’Azerbaigian e con la partecipazione dell’intera popolazione della regione, quindi dopo aver concesso ai profughi interni azerbaigiani di fare ritorno nelle proprie abitazioni e aver ritirato le truppe armate dell’Armenia dai nostri territori occupati illegalmente. 

Per quanto riguarda il diritto di autodeterminazione, ciò si riferisce ad un popolo ed il popolo armeno già ha esercitato questo diritto creando lo stato dell’Armenia. Prima del conflitto nel Nagorno Karabakh risiedeva una popolazione costituita da abitanti di origine armena ed azerbaigiana e l’esercito dell’Armenia ha espulso totalmente gli azerbaigiani dalla regione. Solo dopo il ritorno degli azerbaigiani in questa area, si potrebbe considerare un’autonomia per la regione, sempre all’interno dell’integrità territoriale dell’Azerbaigian, che possa garantire un modello di convivenza in pace e dignità per le due comunità. Questa è l’unica soluzione accettabile del conflitto, in corrispondenza ai numerosi documenti delle organizzazioni internazionali, il diritto internazionale, la Carta delle Nazioni Unite e l’Atto Finale di Helsinki. La soluzione del conflitto non può prescindere dal ritiro delle forze armate dell’Armenia dai territori occupati, la cui presenza è il maggiore ostacolo alla soluzione del conflitto.

Gli azerbaigiani espulsi dai territori occupati da più di 30 anni sono stati privati non solo del diritto di partecipare agli eventi nelle loro terre, ma anche della possibilità di tornare alle loro case e visitare le tombe dei loro familiari. Proprio per questo, nel rispetto delle vittime, e del nostro popolo tutto, a cui ci lega un sentimento che siamo certi non farete fatica a comprendere in questo contesto storico in particolare, siamo particolarmente sensibili al fatto che i mezzi di comunicazione, riportino la realtà dei fatti relativi al conflitto tra Armenia ed Azerbaigian, con imparzialità ed obiettività.
 
Cordialmente, 
 
Mammad Ahmadzada
Ambasciatore

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L'articolo era una cronaca di un avvenimento oragnizzato nel territorio del Nagorno Karabakh, che non voleva entrare nelle vicende storiche e nelle dinamiche sicuramente complesse, per cui si è arrivati a questa situazione, che ha visto purtroppo anche alcune pagine di tragica guerra. Nel rispetto dell'approccio del Sig. Ambasciatore, ma che andrebbe approfondito magari sentendo la parte dell'Artsakh, in conflitti e guerre le ragioni e le motivazioni sono spesso da ricercare molto approfonditamente e molto spesso ciascuna parte può rivendicarne di propri.
L'articolo è una cronaca, una comunicazione di un evento comunque avvenuto. La lettera del Sig. Ambasciatore è una lettura, sicuramente lecita, del punto di vista storico e politico della Repubblica dell'Azerbaigian. La mia speranza è quella che le due aprti trovino una soluzione negoziale e conciliatoria che escluda altri spargimenti di sangue, magari attraverso lo sforzo, questo sì politico della Russia, che mantiene rapporti costruttivi e rispettosi con entrambe le parti.


Cosdiali saluti. Enrico Vigna

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