Niente smartworking senza Green Pass. Accettiamo anche questo senza opposizione?

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Niente smartworking senza Green Pass. Accettiamo anche questo senza opposizione?

Ricordo di essere stato intervistato da diverse testate all’indomani della decisione del Ministro Brunetta di porre fine al lavoro agile nella pubblica amministrazione. In quelle circostanze, forse ironicamente, i giornalisti sottolineavano la comunione di visione e di intenti che in qualche modo emergeva tra le scelte di Renato e i contenuti del mio libro.
 
Sottolineo un aspetto per me dirimente: Brunetta non ricopre questo incarico oggi per la prima volta. È stato già a capo del suo dicastero durante l’ultimo governo Berlusconi e in quella parentesi si è “distinto” per la personale battaglia a coloro i quali definiva “i fannulloni”. Erano i suoi nemici di allora, quelli che decise di combattere con i tornelli: ve la ricordate tutta quella campagna sui tornelli? Non si parlava d’altro.
 
Ho fatto notare a quei giornalisti come uno che la vede in un certo modo non possa improvvisamente cambiare opinione e riscoprirsi sensibile alle istanze del lavoro e dei lavoratori. Questo invece è il fulcro del mio libro, il suo nucleo, il suo cuore pulsante: la persona e le persone insieme. Punto.
 
È evidente che la scelta del ministro fosse spinta da ragioni diverse: a) l’inadeguatezza delle infrastrutture (da anni mancano investimenti, anche e soprattutto a seguito dei tagli lineari imposti dalle scelte neoliberiste dei governi di cui Brunetta ha fatto e fa parte tutt’oggi, e i recenti disastri informatici presso Regione Lazio dicono tutto); b) portando la gente in ufficio la puoi obbligare alla vaccinazione mediante la tenaglia incostituzionale del green pass. E si, non siamo proprio sulla stessa linea d’onda.
 
E adesso arriva la conferma. Secondo le indiscrezioni del Messaggero le linee guida in elaborazione relativamente la gestione del green pass nella pubblica amministrazione (portano la firma di due liberisti, Brunetta e Speranza) prevedono che nessuna lavoratrice e nessun lavoratore possa prestare la propria opera senza il certificato verde, nemmeno in regime di smart working.
 
È chiaro che sul piano logico la cosa faccia acqua da tutte le parti: se lo strumento è pensato per evitare il contagio sui luoghi di lavoro, non ha alcun senso imporlo a chi lavora da casa. Questo non fa altro che confermare quanto da mesi alcuni denuncino: la ratio è semplicemente quella di imporre l’obbligo vaccinale, eludendo la procedura che la nostra Costituzione prevede. Tale obbligo si concretizza, evidentemente, nel discriminare chi non si vaccina rispetto a coloro i quali, come me, abbiano scelto di vaccinarsi.
 
Ma ciò che più di tutto mi disgusta è l’ipocrisia di un passaggio (riportato dalla stampa e probabilmente contenuto nelle linee guida) che vi espongo: il lavoro in smart working per i non possessori del certificato «non è consentito in alcun modo, in quanto elusivo del predetto obbligo». Si riferiscono ovviamente all’obbligo introdotto circa il possesso del green pass al fine di lavorare (sic!).
 
In poche parole, i ministri Brunetta e Speranza si preoccupano dell’elusione delle disposizioni che impongono il certificato verde sui luoghi di lavoro e questo è semplicemente surreale: tale ansia sarebbe giustificabile sul piano logico solo se questo approccio fosse applicato a tutto tondo. Perché infatti i ministri non si preoccupano dell’elusione delle norme costituzionali che questo obbligo surrettizio e vigliacco alla vaccinazione comporta? In fondo è sulla Costituzione che hanno giurato, non sui decreti del commissario Draghi.
 
In particolare, parrebbe che l’articolo 32 della Costituzione reciti che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». Se ricordo bene poi, l’art.1 dice che «l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro», così come l’art.3 sancisce che tutti i cittadini rispettosi della legge (ad oggi non esiste alcun obbligo vaccinale!) siano «eguali [e che] è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Poi, se non sbaglio c’era pure l’art.4 che recitava che «la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto» e qualcuno mi pare una volta mi parlò di un art.36 che stabiliva come «il lavoratore ha diritto ad una retribuzione (…) in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa».
 
Questo governo si presenta come quello dei responsabili, dei migliori, del Presidente, emergenziale: resto convinto che la vera emergenza sia proprio l’esistenza stessa di questo esecutivo. Assistiamo alla sospensione di fatto di importanti prerogative democratiche e costituzionali e ciò che più inquieta è la pressoché totale assenza di opposizione e di critiche.

Savino Balzano

Savino Balzano

Savino Balzano, nato a Cerignola nel 1987, ha studiato Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Perugia. Autore di "Contro lo Smart Working" (Laterza, 2021) e di "Pretendi il Lavoro! L'alienazione ai tempi degli algoritmi" (GOG, 2019). Sindacalista, si occupa di diritto del lavoro, collabora con diverse riviste.

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