Vaccini, se l'elemento identitario viene prima della scelta stessa...

Vaccini, se l'elemento identitario viene prima della scelta stessa...

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Con la discussione vaccino sì/vaccino no siamo alle solite. A fronteggiarsi non sono scelte individuali ma identità contrapposte, modi diversi di pensare a sé stessi. Se per certi versi è inevitabile che ogni scelta collettiva diventi anche una questione identitaria - dal momento che ciò che sostiene le scelte sono i valori, che sono l'elemento basilare delle identità - per altri versi però il fatto che questo elemento identitario sia sempre più centrale, al punto di divenire preminente rispetto alla scelta stessa, tende a creare crescenti dosi di incomunicabilità.
 
Perchè l'elemento identitario viene prima della scelta stessa? Ma perchè, è evidente, non è questo il momento in cui si può scegliere se vaccinarsi o meno. Banalmente, non ci sono ancora le dosi per i cittadini comuni. Tutto il dibattito in questa fase è basato sul fatto che le persone prendono posizione, da un lato o dall'altro: sì al vaccino, alla scienza, al progresso vs. no al vaccino, scetticismo nei confronti delle elites accademiche, industriali, politiche, timore per i rischi dovuti all'innovazione scientifico/tecnologica. Ciò che spinge le persone ad esporsi non è la volontà di influenzare il prossimo ma il rifiuto della visione del mondo alternativa alla propria.
 
I si-vax provano ribrezzo per il pressapochismo e il qualunquismo degli scettici. Per alcuni si-vax un po' più spocchiosetti il problema sarebbe l'ignoranza. Per me è un po' diverso, francamente scuso l'ignoranza ma mi disturba fortemente la pigrizia intellettuale; ovvero quell'atteggiamento che, di fronte ad una discussione, piuttosto che entrare nel merito delle argomentazioni altrui col rischio di farsi convincere sceglie di sottrarvisi per puro spirito di auto-conservazione - spesso con frasi generiche e qualunquiste, del tipo "io sono libero di fare come voglio" e "è tutto una fregatura". Gli scettici - da non confondersi con i no-vax - sono forse più reattivi; da un lato vogliono difendere le proprie ragioni e il proprio scetticismo dagli attacchi dei vaccinisti; dall'altro, forse proprio non comprendono come ci si possa fidare di certe istituzioni, e questa sfiducia si tramuta in disapprovazione nei confronti di chi, a loro vista, vi si adegua supinamente, senza esprimere mezzo dubbio.
 
Ma, personalmente, c'è anche dell'altro. Spesso mi sono trovato a difendere le ragioni degli scettici di fronte al mito del progresso e della tecnologia, nonchè quelle di coloro che nutrono forti dubbi sull'intreccio tra politica e industria. Il problema è che mi pare che in questo caso si noti come proprio gli scettici e i sensibili al rischio siano anche i soggetti più "incivici": l'idea che hanno è quella di tutelare sè stessi a qualsiasi costo, anche a fronte di un rischio minimo; quando si chiede loro cosa pensino del fatto che il loro non vaccinarsi potrebbe incidere sulla salute di chi non può vaccinarsi o sulla lotta dell'umanità contro il virus, spesso fanno spallucce. Insomma, pare proprio che gli scettici siano il frutto più maturo di questo sistema iper produttivistico, economicistico, individualistico e disattento ai rischi collettivi rispetto al quale essi affermano di volersi ribellare. Il loro comportamento ricorda molto il motto di Margaret Thatcher: "la società non esiste, esistono solo individui e famiglie". Altro che ribellione contro il neoliberalismo! Queste forme di rifiuto della modernità sono il frutto più maturo dell'estremo individualismo e delle tendenze antisociali prodotte da quarant'anni di egemonia neoliberale*.
 
Si tratta di una questione interessante, perchè storicamente coloro che hanno voluto segnalare il problema dei rischi dello sviluppo sono stati i movimenti sociali, ovvero attori fortemente affezionati all'idea di bene pubblico. Sembra quasi che oggi stia avvenendo il contrario: percezione - esagerata o meno - del rischio va di pari passo con individualismo e privatismo, mentre i soggetti "civici e responsabili" sembrano schierarsi a favore delle multinazionali che hanno in passato combattuto.
 
Ovviamente questo è un equivoco, anzi il fulcro dell'equivoco che è tutta questa storia. Ho sentito più di una conversazione in cui due persone provenienti da due diversi lati della barricata dicevano tutto sommato la stessa cosa, uno ponendo di più il focus sul tema del rischio e l'altro meno, rintanarsi a fine discussione nella convinzione di star dicendo cose molto diverse - perchè, cito testuale, "non siamo della stessa parte". I temi polarizzanti non sono solo conseguenze di schieramenti pre-esistenti, ma contribuiscono a creare tali schieramenti, nonchè a solidificarli, incastrando persone che non ci sarebbero state volentieri in schemi rigidi. Ed è proprio questo il problema, in questo caso, perchè si finisce a creare schieramenti assurdi, in cui turbocapitalisti accecati dall'ideologia modernista e anticapitalisti critici si trovano dalla stessa parte in virtù del fatto che confidano nel metodo scientifico, mentre dall'altro lato si trovano complottisti oltranzisti e svitati con persone che magari non hanno le risorse intellettuali per capire o semplicemente vogliono solo stare a vedere un po' e non passare per prime, e che con ogni probabilità sono state spaventate dal bombardamento dei media mainstream che hanno fatto molto - a suon di click-baiting - per foraggiare l'insicurezza e la paura per il vaccino.
 
* Per inciso, questo discorso dovrebbe far riflettere tutti i fautori acritici di populismi e rossobrunismi banalizzati.

Robin Piazzo

Robin Piazzo

Dottarando in Sociologia all'Università di Torino

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