5 febbraio 1944. Così moriva l'"intellettuale antifascista" Leone Ginzburg
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La mattina del 5 febbraio 1944 Leone Ginzburg viene trovato cadavere nell'infermeria di Regina Coeli. Non aveva ancora 35 anni.
Dopo essere stato consegnato dai fascisti italiani ai nazisti, e portato nel Braccio tedesco del carcere, Leone aveva subito vari interrogatori da parte degli aguzzini: anche se le cause tecniche della sua morte rimangono indefinite (postumi di un morbillo curato male, aneurisma cerebrale, collassio cardiocircolatorio...), nessun dubbio che il "trattamento" ricevuto dai tedeschi fu la ragione prima di quella morte.
L'Italia, e l'Europa (Leone, ebreo russo che amava l'Italia, sognava una Europa democratica, progressista e federale, che comprendesse anche la Russia...), persero così un uomo di primissimo ordine, un genio sul piano intellettuale, un autentico “suscitatore di cultura”, come lo definisco, un patriota che avrebbe potuto dare tanto alla Repubblica, e invece morì, come scrisse il suo compagno di scuola Bobbio, "senza dire la sua ultima parola".
Nelle pagine finali della mia biografia, pubblicata dall'Editore Neri Pozza, scrivo: "Ginzburg fu tra i pochi, i pochissimi, che non si lasciò sedurre né corrompere. Perciò la sua morte, la sua uccisione, fu un immenso squarcio nella storia di quella generazione, spezzandone simbolicamente il cammino verso l'Italia libera". E cito Bobbio: "Per questo, non possiamo rassegnarci, né perdonare." E a mia volta ribadisco: "No, non possiamo rassegnarci. Né perdonare".
Questa è l'amara, e certo aspra conclusione, la riga finale del mio libro: "L'intellettuale antifascista. Ritratto di Leone Ginzburg".
