Andrea Zhok - L'epoca del Virtue Signalling
990
di Andrea Zhok*
Oggi il Teatro Grande Valdocco di Torino ha negato la sala, preventivamente noleggiata, al prof. Angelo D'Orsi che insieme al prof. Alessandro Barbero e ad una pluralità di altri intellettuali avrebbero dovuto dar vita all'evento "Democrazia in tempo di guerra. Disciplinare la cultura e la scienza, censurare l'informazione".
Simultaneamente si è infiammata ulteriormente la polemica per la presenza della casa editrice "Passaggio al Bosco" alla kermesse libraria "Più libri, più liberi" di Roma. Dopo Zerocalcare oggi è la volta di Corrado Augias ad annunciare la propria assenza dalla manifestazione per protesta contro il fatto di aver dato ospitalità ad una casa editrice di estrema destra.
Questi due eventi hanno qualcosa di profondo in comune, qualcosa, vorrei dire, di epocale. Per metterlo in evidenza bisogna fare due osservazioni, la prima intorno alla temperie ideologica e la seconda intorno allo stile.
Sul piano ideologico, osserviamo innanzitutto come i posizionamenti di autori come D'Orsi e Barbero da un lato e dell'editore "Passaggio al bosco" dall'altro non potrebbero essere più diversi. Essi hanno una sola cosa in comune: testimoniano di narrazioni divergenti rispetto al conformismo perbenista sedicente "liberaldemocratico" che domina i centri di potere e di informazione in tutta Europa.
Questo conformismo, originariamente nato come frutto del trionfo neoliberale, oggi è ideologicamente immensamente flessibile, annacquato, ma è tenuto assieme, più che da qualche idea definita, dall'identificazione "virtuosa" con le preferenze dei "ceti erogatori di prebende".
In sostanza, per quanto di principio questo groppo ideologico ritenga di far riferimento ad un certo impianto liberale e neoliberale (europeismo, atlantismo, liberismo, dirittumanismo, femminismo, scientismo, secolarismo, individualismo) in verità è straordinariamente disponibile a tutti gli aggiustamenti del caso, battendo i tacchi di volta in volta a favore della legge e dell'ordine o del libertarismo assoluto, della mano invisibile o dei "prestiti di guerra", dell'inclusivismo buonista o del bullismo ghignante.
Questa posizione ideologicamente fluida, tenuta assieme dai desiderata delle oligarchie paganti, ha un grande problema, e questo ci porta al secondo punto. Le "opinioni giuste" oggi non possono più fidarsi di essere coerenti con un paradigma, neppure liberale o neoliberale. Come nelle epoche più oscure della storia, non ci si può fidare del proprio intelletto o della ragionevolezza o del principio di non contraddizione per "pensare la cosa giusta" o almeno per essere esenti da rimprovero.
No, bisogna percepire con grande attenzione quali sono i desideri lassù in alto; bisogna continuamente giocare ad un gioco di rincorsa all'ultima "opinione buona", una rincorsa che potremmo chiamare di "conformismo estremista".
Bisogna tenere le antenne all'erta per capire se è il momento di dimostrarsi patriottici prestando il petto alle baionette nemiche, o di dimostrarsi anarconidividualisti nel perseguimento del proprio utile; se bisogna dimostrarsi empatici con l'oppresso o se è il momento di colpevolizzare le vittime per il mal che gliene incolse; se è il momento di venerare le regole o di denigrarle col saggio cinismo della Realpolitik, ecc.. E soprattutto, bisogna tenersi sempre all'erta per capire in quali contesti bisogna utilizzare un criterio di giudizio o invece quello opposto.
Vale tutto e dunque niente vale stabilmente.
Ora, l'unico modo per tenersi all'altezza di questo processo di sottile continuativa sintonizzazione verso la voce del padrone (le richieste del caporedattore, le circolari del dirigente, le valutazioni del ministero, ecc.) consiste nel lanciare costanti segnali della propria virtù, della propria ottemperanza, e di riceverne dagli altri.
Questa è l'essenza di ciò che gli americani chiamano "virtue signalling": l'esibizione costante di segni di appartenenza al gregge dei buoni, dei disponibili, della gente perbene, di tutti quelli che non discutono mai, ma al massimo aggrottano le sopracciglia.
Il teatro che non concede il palcoscenico ad un dibattito che protrebbe contestare la lettura oggi prevalente rispetto alla Russia non sta, ovviamente, mettendo in discussione quelle opinioni. Non le conosce, non gli interessa conoscerle, non sarebbe in grado di discuterle e non vuole discuterle. Sta solo lanciando un segnale alla propria catena di erogatori di prebende, un segnale che dice: "Ci siamo capiti, sono ottemperante, sono a disposizione."
La stessa cosa fanno i Zerocalcare, gli Augias et alii, con i loro proclami che ricordano tanto Ecce Bombo ("Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?"). Stanno segnalando alle loro catene (afferenti ai medesimi erogatori) che stanno dalla parte dei buoni, di chi sa come pensarla giusta, quelli di cui ci si può fidare, che non metteranno mai in imbarazzo i vertici della catena alimentare.
Naturalmente la sostanza del contendere è perfettamente pretestuosa. Chiunque abbia avuto un libro esposto in libreria sarà stato in compagnia di altri libri che considerava odiosi. Il punto non è mai la sostanza, ma la sceneggiata, la segnalazione.
L'essenza di questa ubertosa fioritura delle "segnalazioni di virtù" consiste nel rifiutare rigorosamente ogni discussione nel merito, ogni confronto su contenuti, ogni analisi materiale. Ci si conforma e ci si coordina tra quelli che la pensano bene, e che perciò possono continuare a ricevere becchime, e quelli che deviano o - Dio non voglia - si oppongono.
Fornire un diapason su cui sintonizzare le parole per chi "pensa bene" è, più o meno, l'unica funzione rimasta alle "grandi testate giornalistiche" che oramai
non vendono neanche per coprire le spese di riscaldamento.
E questo li aiuta a coprire le spese rimanenti.
*Post Facebook del 5 dicembre 2025
ACQUISTALO ORA

1.gif)
