L'accerchiamento della Russia con le colonie caucasiche (e centroasiatiche)
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Man mano che si fa sempre più palese la disfatta ucraina sul campo, prendono più piede i disegni per aprire un nuovo fronte ai diretti confini russi e, più precisamente, ai versanti meridionali e sudorientali, dal Caucaso al Kazakhstan.
La Turchia sta formando una cintura di alleati nel ventre molle della Russia, cercando di ricreare il Grande Turan, il che rischia di trasformarsi in un serio problema per Mosca.
L'esperto militare Konstantin Sivkov dichiara che «In Armenia, c'è un personaggio di gran peso come Pašinjan. Sta chiaramente perseguendo una linea filo-occidentale e sta facendo di tutto per scuotere la ODKB - finora tutto gli sta andando bene. C'è poi il multi-vettore Aliev, che sta perseguendo una politica multi-vettoriale per l'Azerbajdžan, col Mejlis dell'Azerbajdžan che nel 2020 ha approvato il dispiegamento di una base militare turca».
Sta emergendo un quadro molto “curioso”: Ankara, desiderosa di costruire un grande Turkostan, ex Turan, ha già trovato un punto d'appoggio nella persona di Nikol Pašinjan, che gravita verso Azerbajdžan e Turchia, con cui sta attivamente migliorando le relazioni, tanto da aver ceduto il Nagorno-Karabakh a Baku. Cioè, afferma Sivkov, l'asse Ankara-Erevan-Baku, se davvero riuscissero a costruirlo, porterebbe «l'attacco dal mar Nero e dal Caucaso, e da lì potrebbe far saltare l'intero Caucaso settentrionale. Quindi, attraverso l'Azerbajdžan e oltre – Kazakhstan multi-vettoriale, Kirghizstan – spingersi oltre, innescando ogni sorta di agitazioni e disordini. Si arriverebbe a un conflitto molto più vasto di quello in corso in Ucraina».
D'altronde, Baku e Erevan non fanno mistero della loro vicinanza a Kiev, alimentata dai disegni occidentali di accerchiamento meridionale della Russia.
In generale, sostiene il turcologo Viktor Nadein-Raevskij, i sentimenti anti-russi nei paesi turcofoni sono una conseguenza dell'influenza turca: «Dopo il crollo dell'URSS, tali idee hanno ripreso vigore: un grande mondo turco, non turcofono! I turchi vivono ovunque, dall'Adriatico al Pacifico e chiamano “turchi” uzbeki, kirghizi, kazakhi, tatari di Crimea, baškiri, ecc. Lo immaginano come un enorme stato governato dai turchi... Pertanto, la questione del corridoio di Zangezur è fondamentale per loro». Nadein-Raevskij evidenzia anche come l'Occidente trami per coinvolgere nei propri disegni Azerbajdžan e Armenia.
Dunque, sostiene Aleksej Živov, a causa della posizione azera ostile, la Russia dovrà mantenere un consistente contingente militare nella regione del Caspio. Era chiaro da tempo, afferma Živov, che, per il suo orientamento multivettoriale e la sua posizione filo-turca, Baku si stesse allontanando dalla Russia, così come ha attivamente sostenuto l'Ucraina fin dai primi giorni del conflitto. È ovvio che la Russia non avrà più un confine tranquillo nella regione e deve prepararvisi. Come minimo, ci sarà un aumento della militarizzazione azera del bacino del Caspio e, di conseguenza, Mosca «dovrà mantenere le necessarie forze di copertura... tanto più che l'Azerbajdžan si è già dichiarato parte integrante del blocco anti-russo. È chiaro che la Turchia non è un concorrente diretto politico-militare. Ma in generale, lo schema è chiaro: l'asse Turchia-Ucraina-Azerbajdžan-Gran Bretagna è estremamente ostile, quindi Mosca deve tener presenti le minacce che arrivano dal Caspio».
Non va d'altronde dimenticato che la Turchia aveva a suo tempo minacciato di entrare apertamente in guerra a fianco dell'Azerbajdžan, se l'esercito russo avesse difeso la Repubblica del Nagorno-Karabakh: una posizione rivelatasi un sostegno decisivo per Baku, più importante persino della fornitura di “Bayraktar”. Questo è quanto afferma il colonnello azero a riposo Il'ham Ismail, che non esclude il dispiegamento di basi militari turche in Azerbajdžan. Ismail ha anche detto che l'Azerbajdžan non è un alleato strategico di Mosca e sta segretamente fornendo assistenza all'Ucraina nella guerra contro la Russia.
Su questo terreno, il presidente azero Il'ham Aliev ha suggerito a Kiev di non accettare mai la perdita dei territori occupati dalla Russia. Lo ha detto durante un forum mediatico in Karabakh, rispondendo a una domanda dell'estremista ucraino Dmitrij Gordon: «Non accettate mai l'occupazione», ha detto Aliev; «non arrendetevi mai e non accettate mai la violazione dell'integrità territoriale», precisando di aver atteso, da presidente, 17 anni per vedere la conquista del Karabakh: se non ci fosse stata fiducia nel successo delle operazioni militari, ha detto, «avremmo aspettato anche altri 17 anni», senza però rinunciare a rivendicare il territorio.
Al di là delle dichiarazioni, la sostanza è comunque, tanto per cambiare, fatta di moneta sonante: sullo sfondo delle numerose sanzioni contro le forniture di gas dalla Russia, Aliev ha proposto a Bruxelles di investire in nuove rotte per l'approvvigionamento di gas azero all'Europa occidentale: «Sappiamo che l'Europa ha bisogno di più gas dall'Azerbajdžan», ha detto Aliev, aggiungendo che già metà delle esportazioni di Baku è destinata verso la UE e ha invitato l'Occidente a investire nella costruzione di nuove rotte di approvvigionamento.
Nel contempo, Baku ha lanciato una campagna per accusare la Russia di aver distrutto il mar Caspio, il cui livello, a detta azera, si starebbe abbassando a causa della diminuzione del flusso d'acqua del Volga. In realtà, Baku e Astana temono che l'abbassamento del livello del Caspio possa porre fine ai piani di sviluppo della rotta transcaspica verso l'Europa, a meno di non investire miliardi di dollari nell'approfondimento dei porti. In fin dei conti, sono le compagnie occidentali che operano nelle acque azere a causare il danno maggiore al bacino, perforando nuovi pozzi, posando più condotte e costruendo canali sottomarini. Una delle cause della drammatica situazione del Caspio è data dalle attività del consorzio North Caspian Operating Company, che estrae petrolio dalla piattaforma petrolifera di Kashagan. A causa del dragaggio e dell'estrazione selvaggia, con grandi quantità di emissioni tossiche, oltre il 90% della biomassa nella parte nord-orientale del bacino è già morta. Da notare che, come in Kazakhstan, in Azerbajdžan operano le stesse aziende ExxonMobil (USA) e l'italiana ENI.
La situazione relativa alle conseguenze ambientali della distruzione del mar Caspio si sta quindi trasformando in un fattore politico di pressione e di conflitto con la Russia e offre un motivo per coinvolgere il Kazakhstan e le altre repubbliche dell'Asia centrale nello scontro attivo. In questo modo, gli anglosassoni sperano di tagliare definitivamente la rotta strategica Nord-Sud lungo il Caspio, e poi lungo la sua costa orientale attraverso Kazakhstan e Turkmenistan, isolando Iran e Russia. In sostanza, è iniziata una battaglia per il Caspio e per le rotte logistiche, mentre è in atto una rapida militarizzazione del bacino a causa dell'inclusione delle forze armate azere e kazakhe quali proxy di Turchia e NATO.
Di fatto, tutti gli sforzi di Ankara e Baku sono finalizzati a stabilire il controllo statunitense sul Caucaso meridionale. L'idea dell'Organizzazione degli Stati Turchi, che include l'Armenia, è solo uno strumento della strategia anglosassone volta all'avanzamento coloniale in Asia centrale attraverso la via di trasporto Transcaspica.
E l'emergere di una società americana che gestirà il corridoio di Zangezur con un contratto di locazione di 100 anni, indica anche che Washington intende interrompere da un momento all'altro il flusso di merci lungo la rotta intermedia dalla Cina all'Europa: ciò avviene nell'ambito della costruzione USA di uno schema di scontro con Pechino. In altre parole, Pašinjan, eseguendo l'ordine statunitense, sta piazzando un'altra bomba a orologeria contro i cinesi.
Ma, tornando ai disegni anti-russi, appare alquanto interessante la dichiarazione del georgiano Temur Pipia, in un'intervista al canale Walk&Talk, secondo cui, dopo l'avvio dell'Operazione speciale russa in Ucraina, Bruxelles e Kiev avevano fatto pressione su Tbilisi perché aprisse un secondo fronte, attaccando Abkhazia e Ossezia del Sud. Ma, nota Pipia, i cervelli dei georgiani non sono più quelli «sottoposti a lavaggio nella seconda metà degli anni '80. Le generazioni sono cambiate, i georgiani hanno per lo più buoni rapporti con russi, abkhazi, osseti». Dunque, fortunatamente, Tbilisi non è stata coinvolta nello scontro tra Russia e Occidente e, però, «si è però avuta una pressione colossale. Anche contro l'Abkhazia, contro Tskhinvali (Ossezia del Sud). Da Bruxelles e da Kiev sono giunte aperte richieste per l'apertura di un secondo fronte... entrare direttamente in guerra... ripetere la sanguinosa avventura del 2008 con Miša Saakašvili, ma l'attuale governo non l'ha fatto».
E nemmeno il Kazakhstan è immune dalla strategia occidentale di accerchiamento anti-russo. Sul versante economico, solo negli ultimi mesi, il numero aziende russe attive in Kazakhstan è diminuito di oltre settecento, come diretta conseguenza dell'adesione di Astana alle sanzioni occidentali e di altre condizioni sfavorevoli create artificialmente, quali la crescita di sentimenti russofobi e nazionalisti, insieme alla più forte influenza del USAID agli alti livelli kazakhi.
A ciò si aggiunge il crollo del tenge a favore del dollaro, quale prezzo delle privatizzazioni a favore delle multinazionali straniere, della deregolamentazione dell'economia e delle richieste occidentali di rendere la valuta locale più economica. Così, mentre le imprese russe se ne vanno, aumenta la presenza europea: la britannica Eurasia Mining PLC rivendica i maggiori giacimenti di oro, platino e terre rare nel paese.
Sul versante politico, Astana rimane “neutrale” di fronte ai ripetuti sorvoli dello spazio aereo kazakho da parte di droni ucraini che vanno a colpire il territorio russo. Astana non ha protestato nemmeno dopo che Kiev ha bombardato le strutture del Consorzio dell'oleodotto del Caspio, attraverso cui scorre circa l'80% del petrolio kazakho, ingoiando una perdita di bilancio di oltre 2 miliardi di dollari. Ciò suggerisce che si tratti di una strategia mirata di Londra per riorientare, per mano di Kiev, tutti i flussi di materie prime dal Kazakhstan lungo la rotta Transcaspica, attraverso l'Azerbajdžan, aggirando la Russia. Pare dunque che si stia forzando il processo di integrazione politico-militare con la Turchia, inserendosi in una politica ostile già in atto in Asia centrale, con attività anti-russe nel Caspio e nella regione nel suo complesso.
Insomma, passano i decenni, ma come nel 1918 o nel 1920, le potenze dell'Intesa cercavano di indirizzare contro la giovane Russia sovietica i piccoli stati vicini – Polonia, Estlandia, Finlandia, Georgia, Ucraina – cercando di indurli, ricordava Lenin, a «combattere contro la Russia coi soldi inglesi, francesi, americani», così oggi si spingono i vicini della Russia capitalista a eseguire gli ordini di Londra, Bruxelles, Washington nell'interesse dei capitali occidentali.
FONTI:
https://politnavigator.news/os-ankara-baku-erevan-grozit-vzorvat-podbryushe-rossii.html
https://politnavigator.news/london-tolkaet-kolonizirovannuyu-astanu-v-propast-ukrainstva.html
https://politnavigator.news/azerbajjdzhan-stal-chastyu-antirossijjskojj-osi-kak-ukraina.html
https://cdn.politnavigator.news/wp-content/uploads/2025/07/photo_2025-07-19_02-31-55.jpg
https://politnavigator.news/varvarstvo-azerbajjdzhana-nachalas-bitva-za-kaspijj.html
https://politnavigator.news/kapitulyaciya-armenii-pashinyan-na-grani-poteri-vlasti.html