Le misurette Governative della Legge di Bilancio destinate alla Pubblica Amministrazione
A cura della CUB Pubblico Impiego di Pisa
Mesi fa una Sentenza aveva chiesto al Governo di predisporre gli stessi tempi di attesa per il TFR tanto per i lavoratori pubblici quanto per i privati ma nulla è stato fatto per porre fine a situazioni discriminatorie ai danni del personale della PA. La ragione è semplice: i diritti dei lavoratori sono una variabile dipendente dalla Finanza. Potranno anche accorciare i tempi di pagamento per il TFR al personale pubblico ma la differenza di trattamento resterà tale e al danno seguirà la ennesima beffa (da anni esiste una Sentenza della Corte Costituzionale che imporrebbe interventi rapidi e risolutivi alla Pubblica amministrazione).
Nella prossima Legge di Bilancio ci sono poche risorse per il rinnovo dei contratti nella PA, le cifre restano di sotto del costo della vita e perderemo ulteriore potere di acquisto. Ma invece di aumentare gli stipendi e portare i buoni pasto da 7 a 12 euro cosa fa il Governo?
Non incrementa la parte fissa dei fondi della produttività, approva il decreto PA che in teoria permetterebbe agli Enti locali (ma solo a quelli con i conti a posto) di accrescere la parte fissa del Fondo ma gli stessi non vogliono avvalersene perché non vogliono pregiudicarsi nuove assunzioni. Il decreto PA è l’ennesima norma che non risolve i problemi, del resto tutte le regole che limitano assunzioni e spesa di personale restano invariate, solo dalla loro eliminazione potremmo trarre vantaggi aumentando le buste paga e sostituendo il personale mancante.
Ora la scommessa del Governo è quella di applicare una Flat Tax del 5% per il salario accessorio come già accade nel privato per i premi fino a 3mila euro annui con redditi fino a 80mila euro.
Il Governo intende equiparare le condizioni tra pubblico e privato nell’ottica di mantenere i salari nettamente al di sotto del costo della vita ma solo abbattendo le tasse, quei tagli poi faranno mancare risorse al welfare. Aran e aziende scaricano quindi l’onere di portare qualche soldo nelle buste paga allo Stato e a mero discapito di sanità ed istruzione.
Il Governo promette «una misura di agevolazione fiscale sul trattamento accessorio» dei dipendenti pubblici. Ma invece aumenti contrattuali per arrestare la erosione del potere di acquisto iniziato 40 anni or sono? Ovviamente per gli aumenti reali dei salari i soldi non ci sono.
La «produttività» andrebbe trasformata in quattordicesima per sottrarre il salario dalla valutazione della performance, avere certezza di una distribuzione salariale in base ai profili professionali (attenuando le differenze di trattamento economico tra gli stessi) stabilire delle progressioni di carriera, differenziali economici, in maniera automatica nell’arco della vita lavorativa. Ma i sindacati sarebbero d’accordo? Fino ad oggi sono stati i primi a contrastare ogni forma di progressione di carriera automatica, l’impianto della performance fa comodo anche a loro, la valutazione è servita a dividere i lavoratori e non ha accresciuto il livello dei servizi a cittadini e imprese, ha fatto passare la idea che per ricevere il salario bisogna sempre accrescere le nostre prestazioni, la performance è stata prima di tutto un’arma ideologica che ha trasformato la quattordicesima mensilità erogata nel privato in una cifretta erogata, in estate, in base al voto dei dirigenti.
La manovra deve fare i conti poi con il «fondo di perequazione» per gli enti locali, ossia i soldi indispensabili per i Comuni in grave difficoltà economica senza mai riconoscere che da anni lo Stato è in debito con gli stessi Enti locali. Non sarebbe arrivato il momento di pareggiare i conti? Manco per sogno sarebbe un aggravio di spesa.
E quindi?
Nella legge di bilancio potrebbe farsi largo anche un meccanismo per anticipare i tempi di pagamento della buonuscita per i dipendenti pubblici ma saremmo davanti all’ennesimo finanziamento, questa volta attraverso i prestiti erogati dalla Cdp salvo copertura economica.
Dall’ultimo giorno di lavoro in una Pa trascorrono 12 mesi per ricevere i primi euro, e altre, eventuali, rate annuali con altri mesi di attesa
Il Governo non ha affrontato il problema e si muove solo ora per evitare l’ennesima condanna dalla Corte Costituzionale che porterebbe a cifre di risarcimento di gran lunga superiori. Non si muovono per caso ma solo per loro vantaggio, dei diritti della forza lavoro se ne infischiano, del resto stanno già parlando di gabbie salariali, di salari differenziati in base alle Regioni come se un insegnante o un infermiere in Basilicata debba essere pagato meno di un collega della Liguria. Dove sta la logica di queste scelte? Nel risparmio di risorse sulla pelle della forza lavoro e trasformando i diritti acquisiti in carta straccia