L'inchino a Trump
Il Vertice dell'Aja segna un momento spartiacque per la storia della NATO: il 5% è realtà.... e avvicina la guerra alla Russia
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Uno scorno clamoroso, per chi ha sempre creduto che, a nord dell'arco alpino, l'umanità non fosse in grado di mostrare altro che freddezza, impassibilità, controllo delle emozioni. Se non dovesse darci altro, l'apertura del vertice NATO a L'Aja, il 24 giugno, ha regalato al mondo la smentita di tale infondata credenza sul distacco spirituale, sul semi-robotico autocontrollo degli esseri viventi che popolano, per dire, i Paesi Bassi. Come è il caso, per l'appunto, dell'olandese signor Mark Rutte, a oggi segretario generale dell'Alleanza atlantica.
Guardate invece con che impeto, che afflato, con quanta passione il novello Sigismondo goldoniano ha accolto a L'Aja il suo Signore; con quali versetti il moderno Alessio Interminelli dantesco ha onorato, prostrandoglisi, il grazioso Supremo ospite d'oltreoceano, come nemmeno madame de Pompadour avrebbe saputo fare col suo Luigi “Il Beneamato”.
Non gli toccherà forse la seconda bolgia dell'ottavo cerchio, al signor Rutte, pur se rimane comunque difficile dire se «parea laico o cherco», non tanto per il «capo sì di merda lordo», quanto per lo spregevole suo ruolo di segretario di un blocco bellicista che, nella corsa alle armi, affama le masse e toglie loro gli ultimi residui di cosiddetto “stato sociale”, per quanto difficile decifrare questa stessa definizione che ovviamente evita, come d'uopo, ogni riferimento classista.
Ma, ascoltiamolo, l'olandese delle malebolge, nella versione che, per comodità, riprendiamo da Il Fatto del 24 giugno: «Donald, ci hai portati a un momento davvero, davvero importante per l’America, per l’Europa e per il mondo. Riuscirai in qualcosa che nessun presidente americano è riuscito a ottenere in decenni. L’Europa pagherà in grande misura, come è giusto che sia, e sarà una tua vittoria... Signor Presidente, caro Donald, congratulazioni e grazie per la tua azione decisiva in Iran, davvero straordinaria, che nessun altro avrebbe osato compiere. Ci rende tutti più sicuri. Stasera volerai verso un altro grande successo all’Aja. Non è stato facile, ma siamo riusciti a far firmare a tutti il 5%!».
Avete capito?! «far firmare»; del tipo: li abbiamo tirati per le orecchie uno a uno in una stanza insonorizzata e li abbiamo fatti firmare. Anche se, per la verità, in pochi dubitavano che qualcuno di costoro non fosse già di per sé oltremodo ansioso di mostrarsi primo della classe, sfoggiando un maccheronico “si vis pace para bellum” d'oltretevere!
In definitiva, comunque, si andrà al 5% entro il 2035; ma, dicono a La Stampa, la data da tenere presente non è il 2035, anno entro il quale, secondo il compromesso finale dell’Aja, si dovrà raggiungere quella percentuale, ma il 2029. Tra quattro anni, infatti, è stata stabilita una “review”, un tagliando sulle capacità dei singoli Stati. Quattro anni: il precedente intervallo per la revisione dell'automobile, rapportato ora a quanto sia possibile far tirare ulteriormente la cinghia ai lavoratori. Non è una data a caso, dicono quelli de La Stampa: per quell’anno potrebbe non esserci più Trump alla Casa Bianca, e quindi potrebbe venir meno la pretesa imposta dal socio di maggioranza dell’Alleanza. Sono furbi, questi europei, diranno a Washington!
Intanto, però, è il 5%. Non si scappa. E si arriva a quella abominevole cifra, dice Nathalie Tocci ancora su La Stampa del 25 giugno, «col ricorso a un espediente, includendo l’1,5% del Pil dedicato a spese per la “sicurezza”, categoria all’interno della quale potrà essere incluso un po’ di tutto: dalla cybersicurezza al contrasto alla disinformazione, fino alla protezione delle infrastrutture critiche. Non che queste spese non servano. Anzi, in alcuni Paesi come il nostro, più lontani dal fronte e dove la minaccia russa è più ibrida che strettamente militare, per certi versi sono spese ancora più utili». Primarie, vorremmo suggerire! Eravamo tutti ansiosi di sentirci “cyberassicurati” dalle mosse degli agenti del Mossad che indirizzano le linee governative; non si vedeva l'ora che si contrastasse la disinformazione di giornalacci e TV al servizio dei tagliagole sionisti e dei guerrafondai di Bruxelles; ci sembrava proprio il caso che le “infrastrutture critiche”, per dire, dell'alta velocità, ricevessero qualche miliardo in più, lasciando alle nostre linee periferiche, stracolme di pendolari, il romanticismo di qualche sosta di due o tre ore, in mezzo a una campagna toscana, per un passaggio a livello alzato. E non ci eravamo nemmeno accorti – diosialodato che lo ricorda la signora Tocci – che «il vero “merito” per una maggiore spesa per la difesa, se così lo si può definire, va a Vladimir Putin. Senza la minaccia russa, tutto questo non sarebbe accaduto». Gloria te nell'alto dei cieli, Nathalie.
Ma “Sigismondo”-Mark si è frantumato in ringraziamenti di fronte a Donald: «Voglio ringraziare il presidente Trump per averci tirato fuori dallo stallo. Quando si è insediato, ha avviato un dialogo con il Presidente Putin. E ho sempre pensato che questo fosse molto importante. C'era solo un leader che potesse portarci fuori dal vicolo cieco. E doveva essere il Presidente americano, perché è il leader più potente del mondo. Detiene il 25% del PIL mondiale e l'esercito più potente del mondo».
Il “lordo lucchese” delle terre basse ha comunque tenuto a precisare che, Trump o non Trump, la NATO intende far di tutto perché l'Ucraina continui nella guerra: accordo o meno Trump-Putin, ciò «non significa che arriveremo subito a un accordo. Ci vorrà tempo. Ma aiuteremo l'Ucraina affinché riceva tutto ciò di cui ha bisogno per continuare a combattere. In modo che l'Ucraina sia nella posizione più forte possibile quando inizieranno i veri negoziati. Non sto parlando di negoziati in cui uno storico russo torna indietro di mille anni e dice due volte di chi è la colpa di ciò che è successo a Istanbul», ha detto Rutte, insultando così il capo-delegazione russo ai colloqui, Vladimir Medinskij.
In fin dei conti, osserva il politologo Sergej Markov, «tutti questi Rutte sono prostitute politiche e delle nullità. Sono sicuro che Trump disprezza questo Rutte e Trump è sicuro che Rutte sparerebbe volentieri a Trump se ne avesse la possibilità. Quasi tutti i partecipanti al vertice NATO odiano Trump, ma gli si prostrano davanti», come tante Taide, vorremmo dire, che di fronte al «drudo suo», gli chiedono se «Ho io grazie grandi apo te?», ma invece della risposta «Anzi maravigliose», si sentono rispondere che «dovrò darci un'occhiata», prima di decidere se inserire o meno, nella dichiarazione finale del vertice NATO, l'espressione di “aggressione russa”.
Ma, “Rutte kak Rutte”, direbbe un russo qualsiasi con un'alzata di spalle. Sentiamo invece cosa abbia da dire un erede di chi, ottant'anni fa, ha fatto davvero l'esperienza della “aggressione” russa: a parti inverse, ovviamente.
I paesi europei della NATO hanno deciso di aumentare le spese per la difesa non perché siano stati messi sotto pressione da Donald Trump, ha detto al Bundestag il cancelliere Friedrich Merz. «E non lo facciamo per fare un favore agli Stati Uniti e al loro presidente, come alcuni sostengono. Siamo fermamente convinti di doverlo fare perché la Russia sta attivamente e aggressivamente minacciando la sicurezza e la libertà dell'intera regione euro-atlantica. Dobbiamo temere che la Russia continui la guerra al di fuori dell'Ucraina. Ecco perché lo stiamo facendo!», ha dichiarato Merz, accennando anche al dislocamento di un contingente tedesco in Lituania e all'impegno a rendere l'esercito tedesco «il più forte d'Europa». La Dieta federale, raccontano le cronache, ha reagito con un applauso; lo facciamo «perché siamo convinti che dobbiamo essere così forti che nessuno osi attaccarci... Anche la Germania deve assumersi le proprie responsabilità. E lo faremo». Si dice anche che Merz si sia incollerito per alcune dichiarazioni di Putin: con «la nuova ondata di attacchi alla popolazione civile dell'Ucraina, la Russia ha barbaramente dimostrato di non volere una risoluzione pacifica del conflitto. Al contrario, il Presidente russo ha detto solo pochi giorni fa che russi e ucraini sono un unico popolo e che l'intera Ucraina “ci appartiene”. In una situazione del genere, non è questa la strada che porterà alla pace. Rinunciare a un intero Paese non è il tipo di pace che vogliamo», ha detto Merz, affermando di esser pronto a parlare con Putin «nel linguaggio della forza, che lui capisce, spalla a spalla con l'Ucraina». E infatti, si è detto fiero che la Germania si faccia carico della sicurezza della Lituania: «Sosterremo direttamente i nostri partner sul fianco orientale della NATO. Quando in aprile abbiamo visitato la nuova brigata di stanza in Lituania, a Vilnius ho detto: in Germania abbiamo ignorato per troppo tempo gli avvertimenti dei paesi baltici a proposito della politica imperiale della Russia. Ci siamo resi conto di aver commesso un errore! E ora che abbiamo capito i suoi obiettivi, la sicurezza della Lituania è anche la nostra sicurezza».
La Bundeswehr ha in effetti iniziato a schierare a Rudninkai, una trentina di km da Vilnius, la 45ª Brigata carri; entro fine anno il numero di effettivi sarà portato a 500 e poi a 5.000 da qui al 2027. Per la realizzazione della base dove verrà dislocata la Brigata, la Lituania ha ricevuto un prestito di 540 milioni di euro dalla Banca europea per gli investimenti (BEI), a fronte di un costo totale del progetto stimato in 1,2 miliardi di euro.
In ogni caso, è netto e sferzante il giudizio espresso dal Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, rispetto alla politica occidentale nei confronti della Russia e del conflitto in Ucraina. Il cambiamento nella retorica dei leader occidentali dimostra che le loro tattiche in Ucraina sono completamente fallite rispetto ai loro piani iniziali, ha detto Lavrov. «All'inizio urlavano fino all'isteria che “Bisogna assestare una sconfitta strategica alla Russia sul campo di battaglia”. Dopo poco erano passati a “Russia non deve vincere in Ucraina"; oggi, sono arrivati a implorare un “cessate il fuoco immediato senza precondizioni”. Questo» ha detto il Ministro, è esattamente ciò che «Zelenskij ha categoricamente rifiutato un paio di anni fa, al tempo dello slogan della sconfitta strategica sul campo di battaglia. Il fiasco della strategia e della tattica occidentale è evidente».
Quanto allo stesso Zelenskij, dichiara al NATO Public Forum Rachel Rizzo, Senior Fellow dell'Atlantic Council's European Centre, è fortunato perché non sarà seduto allo stesso tavolo con il presidente statunitense Donald Trump al vertice NATO de L'Aja, Comprendo che «Zelenskij e gli europei possano essere delusi dal fatto che egli non sia più formalmente parte delle discussioni. Ma credo che sia addirittura un bene per lui. Perché non vedo uno scenario in cui potrebbe esser seduto al tavolo accanto a Trump». Rizzo ritiene che il futuro dell'Ucraina dipenda da come l'Europa deciderà di agire: «Non credo che gli Stati Uniti si tireranno completamente indietro, ma la questione non è più in mano nostra. Non è come con Biden. Ecco perché ero rimasta così delusa dall'esito del vertice dell'anno scorso. Il comunicato diceva che l'Ucraina è un ponte verso la NATO. Ma non credo che sia vero. È una strada lunga e oscura. Il futuro dell'Ucraina dipende da ciò che l'Europa deciderà ora. E penso che i negoziati senza gli Stati Uniti siano l'opzione migliore per il futuro dell'Ucraina».
E se “Crudelia”-der Leyen si allarga in uno azzardo dicendo che la sua banda sta «integrando la nostra industria della difesa come se l'Ucraina fosse nella UE. Questo è un bene per l'Ucraina. E anche per l'Europa, perché l'Ucraina è ora la patria di straordinarie innovazioni», avendo forse in mente la messa al bando di una decina di partiti, o il mandato presidenziale continuativo a oltranza, ecco che il solito arrogante MAGA, in procinto ieri di partire per L'Aja, aveva ammesso una lontana possibilità di incontrare Vladimir Zelenskij: «Sì, forse lo vedrò», o forse no, aveva bisbigliato Trump, del tipo “dovrò darci un'occhiata prima di decidere”, e se lo vedrò gli «chiederò come sta. È in una situazione molto difficile in cui non avrebbe dovuto trovarsi». Già. Ma forse non avrebbe dovuto trovarsi a quel posto fin dal 2019...
FONTE:
https://politnavigator.news/sudba-zelenskogo-v-rukakh-umirayushhejj-evropy.html
https://politnavigator.news/merc-grozit-moskve-dat-pervoe-srazhenie-s-bundesverom-v-litve.html
https://politnavigator.news/zapadnaya-strategiya-na-ukraine-polnostyu-provalilas-lavrov.html