L'intrinseca debolezza dell'Impero americano

La dialettica dei conflitti e la sudditanza ad Israele mettono a nudo l'impero Usa e l'immagine è inequivocabile

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L'intrinseca debolezza dell'Impero americano


di Paolo Desogus*

Sprofondiamo in un abisso di morte. Sempre più giù, sempre più in basso. Ora gli Stati Uniti sono in tutto e per tutto complici di Israele. Hanno affondato la lama del coltello di loro pugno, senza intermediazioni. Non che prima il genocidio di Gaza, la guerra e l'occupazione in Libano, i massacri in Cisgiordania e l'annessione di un pezzo di territorio siriano fossero stati compiuti senza l'aiuto americano. Gli Usa hanno sempre appoggiato Israele, ma fino ai bombardamenti di ieri avevano anche mantenuto vivo un certo margine critico, che lasciava aperta un'alternativa al precipizio di morte e distruzione di cui ora sono coautori con il governo israeliano.

Una cosa però va detta. Sul piano strategico il bombardamento di ieri e la distruzione dei tre siti nucleari iraniani non hanno alcun valore. Zero. L'Iran del resto non aveva l'arma atomica e che fosse prossima alla sua realizzazione è un fatto privo di evidenze. Il bombardamento ha avuto prevalentemente un significato simbolico. È il segnale che Trump ha voluto dare per ribadire la propria supremazia militare nel mondo.

La dialettica dei conflitti è però perversa e proprio questa esibizione di forza mostra esattamente il suo opposto, e cioè l'intrinseca debolezza dell'Impero americano insieme all'impossibilità di agire per via diplomatica e alla sudditanza verso Israele. La potenza americana è viva e forte in Europa dove Trump riesce a ottenere quello che vuole con un'alzata di telefono, dove la stampa si limita al massimo a critiche d'ufficio e dove i governi tremano all'ipotesi di essere abbandonati. La vera forza imperiale è del resto proprio quella che consente di comandare senza la necessità di fare la guerra.
 
Salvo che in Europa gli Usa hanno perso questa capacità perché la logica che ha garantito gli equilibri internazionali non riesce più a garantire la prosperità economica, sociale e culturale americana. Gli Usa non sanno più chi sono, non sanno più interpretare la loro funzione nel mondo, non hanno più un apparato frutto di un mix di ideologia e religione che aveva giustificato il loro primato e la loro espansione economica. Mentre in passato il sogno americano, il mito della frontiera, l'aspirazione liberal per i diritti civili, il quinto emendamento, il diritto alla proprietà privata e alla felicità... tutti questi emblemi sono crollati.

Se ci pensate lo ammette lo stesso Trump nel suo slogan: "make America great again", che evidentemente implica che gli Usa non siano più grandi. Ed è così, non lo sono più. La loro stessa ricchezza esagerata (peraltro gonfiata dal debito) galleggia in un mare nichilistico che la rende insoddisfacente, priva di un significato e dunque di reale valore. Tenete del resto conto che la crescita americana ha conosciuto negli ultimi anni un'importantissima impennata che, però, non ha affatto alleviato la crisi del simbolico che questo paese vive e diffonde anche da noi in Europa. Persino il così detto woke, su cui si è tanto polemizzato e che cito perché c'è chi dice che la guerra va fatta per liberare le donne iraniane, non è in fondo altro il tentativo delle classi liberal di dare copertura morale alla falsa coscienza di un paese che, mentre a voce dice di stare dalla parte dei diritti, dall'altra li calpesta sistematicamente attraverso guerre, colonialismo, sottrazione di ricchezza ai paesi più poveri. Gli Usa hanno disperso il senso della loro missione del mondo.

E ora si dimenano aizzati dall'alleato israeliano.

Per carità, i crimini americani non si contano. E che quelli di Israele sono innumerevoli e tra i più atroci. Anche l'ossessione per l'atomica lascia alquanto a desiderare dato che in termini di potenza distruttiva Israele ha gettato su Gaza una quantità di bombe pari a sei ordigni nucleari come quelli usati a Hiroshima. Se per gli Usa le guerre precedenti potevano essere ancora coperte dal mito americano, oggi la complicità con il genocidio e con il crudo desiderio di dominio sul prossimo escono del tutto allo scoperto. Nessuno a parte qualche fanatico svitato lettore del Riformista o del Foglio in Italia potrebbe mai ammettere che la totale saldatura tra Usa e Israele abbia una qualche giustificazione ideale. Chi dice il contrario mente sapendo di mentire. Lo fa per servilismo, per vigliaccheria o anche solo per non fare lo sforzo mentale di dover pensare a un'alternativa, ovvero a un mondo realmente multipolare.


*Post Facebook del 22 giugno 2025

Paolo Desogus

Paolo Desogus

Professore associato di letteratura italiana contemporanea alla Sorbonne Université, autore di Laboratorio Pasolini. Teoria del segno e del cinema per Quodlibet.

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