Metodi nazisti e bombe contro la popolazione civile... nel cuore dell'Europa!

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di Fabrizio Poggi
 

Ancora una notte di intensi bombardamenti ucraini su vari quartieri di Donetsk e Jasinovataja e aree circostanti a Gorlovka e Doku?aevsk. I tiri delle artiglierie ucraine, intensificatisi negli ultimi giorni, si sono fatti ancora più forti nella serata di ieri e sono proseguiti nella nottata. I colpi di mortai pesanti da 120 mm e dei carri armati hanno causato vittime civili e distruzione di abitazioni, oltre a danneggiamenti di linee elettriche e condutture del gas. L'inasprirsi dei bombardamenti ucraini coincide con l'apertura a Minsk dell'ennesima tornata di colloqui del cosiddetto Gruppo di contatto ed ha il chiaro scopo di portare a un nulla di fatto ogni tentativo di soluzione pacifica del conflitto.

Tanto più che, ancora una volta, il famoso arretramento di mezzi e artiglierie pesanti dalla linea del fronte, “sancito” ai colloqui di Minsk oltre un anno fa e mai osservato dalle truppe ucraine, non sembra assolutamente dare risultati. Lo scorso 26 marzo, gli osservatori dell'Osce – famosi per non vedere i carri ucraini schierati in mezzo ai quartieri popolari delle città del Donbass controllate da Kiev – hanno dichiarato che 23 tank T-64 e 41 T-72 sono “scomparsi” dalla base di dislocazione lontana dalla linea del fronte.

Non è difficile immaginare la loro attuale posizione. Inoltre, negli ultimi tempi, i comunicati emessi dai portavoce delle Repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk segnalano l'accrescersi delle azioni di gruppi di sabotatori ucraini sul territorio del Donbass. Ricorrendo a metodi adottati sin dall'inizio dell'aggressione di Kiev, piccoli gruppi diversivi ucraini, infiltrati nelle periferie del Donbass, aprono il fuoco contro le loro stesse posizioni, in modo da “dimostrare” che i bombardamenti sui quartieri civili delle città delle Repubbliche popolari non sarebbero altro che la risposta ucraina ai tiri delle milizie. Insieme allo smascheramento di tali provocazioni, giungono anche notizie sulla “vendita”, ai familiari, dei corpi di soldati ucraini uccisi in battaglia. Reparti speciali dell'esercito ucraino che, in accordo con le milizie di DNR e LNR, si occupano dell'esumazione dei resti di propri commilitoni caduti, si sarebbero macchiati di numerosi casi di “commercio” dei cadaveri. Rusvesna.su parla di almeno un centinaio di casi accertati. Nei giorni scorsi, un reparto speciale ucraino sarebbe giunto nell'area di Artemovsk (nella parte occupata da Kiev) per esumare le centinaia di corpi di soldati ucraini caduti nel febbraio 2015 nella sacca di Debaltsevo: forse non con lo stesso obiettivo di cui sopra.

In questa situazione, prende corpo il caso dei numerosissimi alti funzionari ucraini in possesso, contro la stessa Costituzione, di doppia nazionalità: per lo più, di un paese UE. La Rada ha per ora accantonato il progetto di legge presidenziale volto a togliere il passaporto ucraino a chi risulti cittadino di un altro paese e che avrebbe dovuto andare in discussione all'assemblea plenaria della Rada entro il 28 marzo. Secondo rusvesna.su, almeno cinque milioni di cittadini ucraini, per la maggior parte residenti in prossimità delle frontiere con Ungheria, Slovacchia e Polonia, sarebbero in possesso di almeno due passaporti. Una categoria a sé sarebbe costituita da funzionari e ministri con passaporto statunitense, canadese, UE o britannico, oppure di diversi paesi: molti di essi, guarda caso, pare siano sotto inchiesta per scandali finanziari.

E non sembra districarsi tanto presto nemmeno l'intrigo attorno all'uccisione, la settima a scorsa a Kiev, dell'ex deputato russo Denis Voronenkov, freddato da un ex membro della Guardia nazionale ucraina, la formazione creata due anni fa dal Ministro della difesa Stepan Poltorak, per assorbire parte dei volontari arruolati nei battaglioni neonazisti e dar loro una veste di “legittimità”.

E' il caso di lasciare da parte la tesi del presidente Petro Porošenko su un “atto di terrorismo di stato da parte della Russia”: scontata e provocatoria. Non diversa, anche quella del consigliere del Ministero degli interni Anton Gerašenko, secondo cui Voronenkov avrebbe rappresentato un pericolo per i servizi segreti russi, data la sua esperienza di ex agente: abbastanza inconsistente, dato il passato della vittima, impegnato non nell'intelligence, ma nella lotta al traffico di stupefacenti.

Poco da dire anche sulla versione del Procuratore generale, l'elettrotecnico Jurij Lutskov: nella testimonianza (tra l'altro già resa) nella causa per “tradimento della patria” intentata dai golpisti contro l'ex presidente Viktor Janukovi?, Voronenkov avrebbe confermato l'esistenza di un messaggio indirizzato da Janukovi? a Putin, il 1 marzo 2014, con la richiesta di inviare truppe in Ucraina per il ristabilimento dell'ordine costituzionale. In un'intervista a RIA Novosti di inizio marzo, lo stesso Janukovi? aveva già confermato l'esistenza di quel messaggio: quindi, Voronenkov non aveva detto nulla di nuovo. Ma qui il caso si fa interessante: per accusare l'ex presidente di “tradimento della patria”, Kiev dovrebbe ammettere che, al 1 marzo 2014, egli fosse ancora in carica; ma i golpisti hanno sempre sostenuto che, dal 23 febbraio, facente funzioni di presidente era l'attuale segretario del Consiglio di sicurezza, Aleksandr Tur?inov e, dunque, il messaggio di Janukovi? a Putin non era quello di un capo di stato, ma di un semplice cittadino.

Quindi, delle due l'una: o non era più presidente e allora non ci sarebbe nessun “alto tradimento”, o invece lo era e allora questa è l'ammissione della illegittimità di ogni potere ucraino succedutosi dalla fuga di Janukovi? in poi. Ma ci sarebbe un'altra versione: Zakhar Vinogradov scrive su risvesna.su che si sarebbe trattato di un'operazione dell'intelligence ucraina per dichiarare chiuso il “processo in contumacia” in corso contro Janukovi?; come? Semplicemente eliminando il cosiddetto “principale testimone dell'accusa”.

Vale a dire, un ennesimo omicidio confezionato dai servizi segreti ucraini, ma la cui esecuzione è stata affidata a un appartenente a qualche formazione nazionalista o neonazista. E' stato così per il giornalista e conduttore televisivo Oles Buzina, o per il redattore della Ukrainskaja Pravda, Pavel Šeremet: succede così quando posti di comando vengono affidati a membri delle formazioni neonaziste, come è stato per l'ex capo ideologico del battaglione “Azov”, Vadim Trojan, nominato poche settimane fa vice Ministro degli interni.

E' questa la “politica” militare e interna del regime banderista di Kiev: metodi nazisti, con carri armati e artiglierie, contro la popolazione civile e sistemi da camice brune contro gli adepti divenuti scomodi.

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