Douglas MacGregor: "Washington sminuisce le perdite dell’Ucraina e incrementa quelle russe"

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PICCOLE NOTE


“Washington sminuisce le perdite dell’Ucraina e incrementa quelle russe. Ufficiali presenti alle riunioni al Pentagono mi dicono che i piccoli successi ucraini sul campo di battaglia (che vengono quasi istantaneamente annullati) riecheggiano nelle riunioni dei generali a quattro stelle, alla Casa Bianca e a Foggy Bottom [Dipartimento di Stato ndr]”.

Ucraina: la realtà, un inutile optional

“Questi rapporti sono trattati come prove incontrovertibili dell’inevitabile vittoria ucraina. In questo clima, gli ufficiali di Stato maggiore sono riluttanti a riferire l’effettiva prestazione militare dei russi o l’impatto della sua potenza militare”. Così Douglas MacGregor su American conservative, il quale aggiunge che tale dissociazione dalla realtà è dilata dai media, per cui la “scommessa” sulla vittoria ucraina resta, nel loro mondo surreale, una prospettiva reale.

Solo di tanto in tanto la realtà emerge, per sbaglio sui media mainstream, peraltro soffocata da informazioni distorsive. È il caso di un cenno sfuggito alla penna di due cronisti del New York Times che hanno visitato gli ospedali da campo ucraini – invece di scrivere dagli alberghi, come tanti altri – nei giorni in cui gli ucraini avevano lanciato la seconda ondata della controffensiva, decisa a causa della pressione dell’Occidente che aveva espresso “frustrazione” per la pausa di riflessione decisa da Kiev dopo gli insuccessi pregressi.

Spingere gli ucraini a un attacco in forze era un suicidio, avevamo osservato in altra nota, una crudele, inutile, macelleria. Lo ha rivelato, di sfuggita appunto, anche il NYT succitato, nonostante l’articolo fosse ingolfato dalle usate fumisterie: “Posizionati vicino alle linee del fronte […] gli ospedali da campo temporanei, che hanno il compito di stabilizzare i pazienti prima di trasportarli altrove, hanno ricevuto un costante afflusso di soldati feriti negli scontri. I numeri sono stati ‘colossali’, ci ha detto un medico”.

L’ennesima, tragica, ingerenza nefasta dell’Occidente, ormai consegnato al verbo dei falchi liberal e neocon. Così chiosa MacGregor: “La guerra per procura dell’America contro la Russia ha trasformato l’Ucraina in un cimitero”.

C’è un altro fattore, secondo MacGregor, che alimenta la prosecuzione della guerra: il fatto che la Russia ha deciso di attestarsi in difesa per minimizzare le perdite. Sembra paradossale, ed è certo un bene per l’Ucraina, ma ha una conseguenza: “le operazioni difensive non vincono le guerre e così Washington continua a credere che l’Ucraina possa vincere”.

Infine, altro fattore che spinge in tal senso è il lucro dell’apparato militar industriale. Inutile ripetersi sui guadagni stratosferici delle aziende Usa di tale settore, più interessante in questa sede ripetere che la guerra ucraina è vista dagli stessi ambiti come un “banco di prova ottimale” per lo sviluppo delle tecnologie belliche (vedi New York Times). Di due giorni fa il titolo di Defense.scoop, tratto dal commento di funzionario del Pentagono : “L’Ucraina è un ‘laboratorio straordinario’ per l’IA militare”. Armi più avanzate aprono nuovi mercati…

I costi della guerra di logoramento

Resta, però, che proseguire il conflitto perseverando in una guerra di logoramento ha i suoi imprevisti, il primo del quale è il degrado progressivo dell’esercito ucraino. Supplire a tale deficit con un mini intervento NATO guidato da Varsavia – ne accenna anche MacGregor – potrebbe scatenare una guerra su larga scala, ripetendo le dinamiche della Seconda guerra mondiale, iniziata anch’essa in Polonia. Così tale folle intervento, al momento, è solo un possibile orizzonte.

Inoltre, nel calcolo costi benefici, non è detto che il logoramento inflitto alla Russia sia maggiore di quello occidentale. Il progressivo deterioramento del comparto produttivo europeo causato dalla guerra potrebbe non dispiacere eccessivamente a Washington, anzi, ma lo stallo potrebbe egualmente costringere gli States a decidere ad abbandonare Kiev al suo destino.

La mancanza di qualche successo concreto, infatti, sta mettendo sotto pressione la narrativa trionfalistica che ha accompagnato il conflitto. Questa guerra si regge tutta su tale narrativa, come da incipit di questa nota. Se non potrà essere alimentata diventerà sempre meno sostenibile proseguire nello sforzo bellico.

Un po’ come accadde per le guerre del Vietnam e dell’Afghanistan, la cui fine fu anticipata rispettivamente dai Pentagon Papers e da una serie di articoli pubblicati sul Washington Post (vedi Piccolenote) che hanno demolito la stolida propaganda di guerra, rivelando la dura realtà.

Infine, a Washington sanno anche che esiste il rischio di perdere in maniera clamorosa questa guerra per procura, rischio che aumenta con il progressivo degrado delle forze di Kiev e l’altrettanto progressivo svuotamento degli arsenali NATO.

Per tornare agli esempi precedenti, tutto sembrava bloccato in Vietnam fino a quando l’offensiva del Tet non inflisse una ferita mortale alle forze statunitensi e del Vietnam del Sud, decretandone la sconfitta. E tutto sembrava bloccato in Afghanistan fino a quando tutto è crollato di schianto, con l’esercito afghano armato e addestrato dagli Stati Uniti messo in rotta in due giorni. Chiudiamo segnalando un articolo di Gianluca de Feo su Repubblica che scrive dei “timori per lo stallo dell’offensiva ucraina”, che potrebbero portare a un cessate il fuoco. Evidentemente anche nelle colonie iniziano ad arrivare gli spifferi che da tanto tempo soffiano nelle segrete stanze di Washington.

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