Il boom di armi che l'Italia vende ad Israele

Il boom di armi che l'Italia vende ad Israele

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Hanno fatto scalpore a livello di opinione pubblica le iniziative straordinarie dei lavoratori di Livorno, Napoli e da ultimo Ravenna che si sono rifiutati di caricare le armi che l’Italia invia ad Israele e che vengono utilizzate per massacrare la popolazione palestinese e perpetrare lo stato di apertheid in vigore.

Ma di quante armi stiamo parlando?

In un ottimo approfondimento di Giorgio Beretta, cui è altamente consigliata la lettura completa su Osservatorio Diritti, si sviscerano bene tutti i dati dell’export della morte e la vera e propria esplosione avvenuta dal 2012 (Governo Monti), sottolineando come nell’epoca precedente i numeri fossero irrisolti in ottemperanza della legge e di come prima i dati fossero molto limitati.

Parliamo di “armi automatiche, bombe, razzi e missili, veicoli terrestri, aeromobili e poi ancora munizioni, strumenti per la direzione del tiro, apparecchi specializzati per l’addestramento e per la simulazione di scenari militari” per un complessivo di 90 milioni di euro di forniture negli anni 2015-2020.

Quello che emerge, prosegue Beretta, è la cifra record di 17,5 milioni di euro di autorizzazioni rilasciate nel 2019 nella categoria militare ML2 che comprende «bocche da fuoco, obici, cannoni, mortai, armi anticarro, lanciaproiettili e lanciafiamme militari». Come sottolinea giustamente nell’approfondimento dell’Osservatorio si tratta di una dicitura molto generica da cui è difficile comprendere quello che rientri esattamente per il vuoto normativo esistente.

Particolare importante è stata la visita del ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, nel dicembre scorso in Israele. Negli incontri tenuti con il suo collega israeliano, Benny Gantz, e il primo ministro Benjamin Netanyahu, Guerini ha auspicato «l’ulteriore rafforzamento» delle relazioni per (ci sarebbe da sorridere se non fosse così tragico) le profonde radici storiche “che caratterizzano i rapporti bilaterali tra Italia e Israele sono un riferimento costante della politica internazionale nell’ambito del nostro contributo alla stabilità nel Medioriente”.

In realtà quello che grazie all’analisi dell’Osservatorio emerge è che fino al 2011 “l’interscambio di materiali d’armamento tra Italia e Israele è stato pressoché irrisorio: le relazioni governative documentano che le esportazioni di materiali militari a Israele si attestano su una media annua di qualche decina di migliaia di euro. Per vent’anni, dunque, i governi italiani, pur mantenendo buoni rapporti diplomatici e commerciali con Tel Aviv, hanno messo in pratica una politica rigorosa e restrittiva sulle forniture militari allo Stato di Israele: tutto cambia a partire dal 2012.”

In particolare dalla visita di Monti in Israele dell’aprile 2012 quanto l’Italia firma un contratto per l’invio di 30 velivoli d’addestramento M-346 prodotti dalla Alenia-Aermacchi e relativi simulatori di volo. Sono gli aerei e i simulatori, prosegue l’Osservatorio, su cui si sono esercitati i piloti dei caccia F-16 e F-35 che hanno bombardato Gaza.

E si arriva al febbraio 2019 con l’acquisto di sette di elicotteri AW119Kx d’addestramento avanzato della Agusta-Westland (gruppo Leonardo) per le forze aeree israeliane, del valore di 350 milioni di dollari, ancora una volta in cambio dell’acquisto da parte dell’Italia di un valore equivalente di tecnologia militare israeliana. Nel settembre del 2020 ne sono stati aggiunti altri cinque, per un totale di dodici elicotteri e due simulatori.

Insomma l'Italia è molto più responsabile delle morti dei bambini di Gaza di quello che un'opinione pubblica confusa dalle orde di fake news quotidiane possa pensare.

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