Kemal Okuyan (TKP): una pace duratura è impossibile senza la lotta dei popoli
Intervista al Segretario Generale del Partito Comunista di Turchia
di Natalya Vinkler
In un'intervista esclusiva a l'AntiDiplomatico, Kemal Okuyan, Segretario Generale del Comitato Centrale del Partito Comunista di Turchia, ha esposto la sua strategia della lotta per un futuro migliore e costruire la cooperazione internazionale in un regime di capitalismo.
Compagno Okuyan, la Turchia, i Balcani, l'Asia centrale - il mondo turco, che è indissolubilmente legato al mondo dei popoli slavi, ha attualmente l'opportunità di uscire dal paradigma stabilito di subordinazione agli Stati Uniti e di sottomissione alle élite compradores?
L'egemonia statunitense nel sistema imperialista è diventata oggetto di dibattito indipendentemente dalle decisioni di politica estera della Turchia. Francamente, qualora gli Stati Uniti avessero avuto lo stesso peso specifico nel sistema di 20-25 anni fa, a quest’ora la Turchia probabilmente non sarebbe andata soggetta alle tensioni con gli Stati Uniti e non avrebbe intessuto relazioni con la Russia con il rischio di suscitare una reazione da parte di Washington. Ciò non significa necessariamente che la Turchia sia stata meramente un fantoccio degli Stati Uniti in passato. Le relazioni di dipendenza sono sempre complesse e non per niente univoche. Tuttavia, gli Stati Uniti, in quanto potenza capitalistica molto più forte, erano indubbiamente la parte dominante - come lo sono oggi. Ma dobbiamo essere chiari: proprio come negli Stati Uniti o in altri Paesi imperialisti d'Europa, dove i grandi monopoli dettano l’agenda estera, lo stesso vale per la Turchia. Non direi che la politica non abbia alcuna influenza, ma se la Turchia dovesse allentare i suoi legami con gli Stati Uniti o sviluppare relazioni più strette con altri Paesi, ciò rifletterebbe esigenze dell’alta borghesia turca. Purtroppo, la classe operaia ha ancora poca voce in capitolo della politica estera turca. C'è anche una realtà storica: vi sono state guerre sanguinose tra l'Impero russo e quello ottomano. Inoltre, i movimenti nazionalisti emersi nei Balcani, alcuni dei quali sostenuti dalla Russia, hanno contribuito al ridimensionamento dell'Impero ottomano. Nonostante l'alleanza bolscevico-kemalista, transitoria sì ma pur sempre storicamente significativa, formatasi dopo la Grande Rivoluzione d'Ottobre del 1917, nella struttura della società turca è sempre esistito uno strisciante sentimento antirusso.
Dico tutto questo per il seguente motivo: l'attuale ordine politico turco adopera la Russia come asset di negoziazione nel contesto della competizione e delle contraddizioni del sistema globale. Di tanto in tanto la Turchia compie passi audaci al fine di ampliare il proprio spazio di manovra, ma non si separerà dal sistema di alleanze guidato dagli Stati Uniti a meno che non si verifichi un grande cambiamento nell'equilibrio del potere globale. E questo è esattamente ciò che sta accadendo oggi. Ankara ha sfruttato il suo riavvicinamento alla Russia per aumentare il suo potere contrattuale con gli Stati Uniti e nell'ultimo anno e mezzo ha rapidamente rafforzato le sue iniziative atlantiste in campo economico, militare e politico. Come ho già detto, è la scelta della borghesia turca. Ed è naturalmente la scelta dell'AKP, il partito di governo della Turchia, i cui quadri dirigenti sono quasi interamente costituiti da “uomini d'affari”.
È necessario e possibile accettare le iniziative di pace avanzate dalla Russia, cooperare con varie forze politiche e sociali, prendere parte agli eventi, attivare un'interazione con le diverse classi sociali e i loro rappresentanti?
Una pace duratura è impossibile senza l'affermarsi della lotta dei popoli, senza mettere in discussione - ed infine sopprimere - il sistema sociale che ingenera la guerra. A un certo punto, discutere se la posizione di uno Stato sia più morale o quale parte sia più giustificabile diventa inutile. Non possiamo considerare la politica estera separatamente dalla politica interna. Certo, ci sono casi in cui l’agire non tiene assolutamente conto degli accordi e delle norme internazionali vigenti, e lì diventa relativamente facile prendere una posizione netta. Tuttavia, appena iniziamo a valutare un sistema sociale o il governo di un Paese solo sulla base della posizione (che sia vera o falsa, temporanea o permanente) di quel governo nei confronti, ad esempio, degli Stati Uniti, siamo nei guai. In questo caso, avremmo potuto passare un terzo degli ultimi 20 anni a sostenere Erdogan. Fortunatamente, abbiamo dei principi che ci proteggono da questi errori. D'altra parte, almeno per noi, combattere la NATO e gli Stati Uniti sulla scena internazionale rimane oggi la priorità assoluta. Non siamo impegnati in nessuna missione che possa mettere in ombra questo obiettivo e modelliamo la nostra retorica di conseguenza. Allo stesso tempo, però, non ci consideriamo alleati dell'attuale Stato russo. La nostra posizione sulle questioni di guerra e di pace - e persino sulla NATO - è fondamentalmente diversa da quella delle autorità al potere a Mosca. Fin dall'inizio abbiamo espresso valutazioni chiare e decise sulle cause della guerra in Ucraina. La NATO non è l'unica responsabile della guerra che ha tolto la vita ai figli di due popoli strettamente legati che un tempo costruivano insieme fratellanza e uguaglianza nell'Unione Sovietica. Le radici dell'odierno regime nazista in Ucraina vanno ricercate nella controrivoluzione del 1991. Questa controrivoluzione è stata un evento di classe - il trionfo della borghesia in Russia, Ucraina, Paesi Baltici, Caucaso e Asia Centrale. La vera origine delle guerre risiede in questo dominio di classe - nella natura competitiva, contraddittoria e soggetta a crisi del capitalismo. Senza una messa in discussione di questo sistema socio-economico, non può esserci una vera lotta per la pace.
Cosa è più utile per il popolo turco: seguire le istruzioni delle sanzioni statunitensi? O sviluppare l'economia violando le istruzioni statunitensi?
La riluttanza dei vertici dell'AKP a imporre sanzioni alla Russia (seppur guidata dalla propria agenda) è stata, di fatto, la giusta linea d'azione. Questa posizione merita di essere riconosciuta, soprattutto se confrontata con le richieste dell'opposizione socialdemocratica che chiede alla Turchia non solo di partecipare alle sanzioni, ma anche di andare oltre. È vantaggioso per la Turchia sviluppare relazioni con tutti i Paesi vicini. Naturalmente, ciò non deve avvenire in una prospettiva espansionistica. Purtroppo, il capitalismo implica intrinsecamente la competizione e le guerre. Tuttavia, dobbiamo favorire una forma di interazione che ponga l'accento sulla non ingerenza negli affari interni e sul rispetto degli accordi e dei confini. In questo contesto, cerchiamo di creare un ambiente favorevole a una Turchia socialista. Ciò richiede l'instaurazione di buoni rapporti con tutti i Paesi della regione, in particolare con la Russia. In particolare, sosteniamo lo sviluppo dei legami economici della Turchia con la Russia. L’adesione alle sanzioni non solo avvicina la Turchia ai piani militari della NATO e degli Stati Uniti, ma danneggia anche il nostro popolo. D'altra parte, è fondamentale che la Turchia eviti di creare nuovi rapporti di dipendenza, ad esempio nel settore energetico, e si astenga dalla dipendenza unilaterale da qualsiasi Paese in settori vitali.
I processi di dedollarizzazione sono in atto ovunque. Quale posizione, tenendo conto degli interessi dei lavoratori, è auspicabile che i Paesi assumano nel commercio estero: adottare il dollaro? Eseguire le transazioni in valuta nazionale? Cercare di creare una nuova moneta?
Non versiamo certo lacrime per l'indebolimento del dominio del dollaro nel sistema internazionale! Abbiamo portato avanti tutta la vita nello slogan “Abbasso l'imperialismo statunitense” e non ci smuoviamo dalle nostre posizioni. Tuttavia, questo cambiamento dovrebbe comportare altri eventi. La classe operaia sta diventando una nuova forza solo perché il dominio del dollaro sta diminuendo? La dedollarizzazione è un prodotto delle dinamiche e della competizione all'interno del sistema imperialista. Il declino del dollaro non riesce a contenere lo sfruttamento spietato da parte delle imprese multinazionali in tutto il mondo. Portare avanti il commercio mondiale in valute locali contraddice la logica del sistema. Il capitalismo è costruito sulla disuguaglianza. Possono nascere – e infatti stanno nascendo - nuove valute di riferimento forti o alternative digitali, ma un ordine internazionale egualitario che sostituisca l'attuale sistema dominato da potenti Paesi imperialisti è possibile soltanto nella forma del socialismo. In un mondo dominato da enormi monopoli e oligarchi, sarebbe ingenuo aspettarsi che il commercio e tutti i movimenti di capitale aderiscano al principio di “equità”.
Tornando alla cooperazione con i partiti russi, le associazioni pubbliche, i politici, le imprese e partendo dagli interessi della classe operaia nazionale, come dovrebbe essere strutturata la cooperazione internazionale?
Potrei rispondere a questa domanda portando ad esempio alcune delle nostre iniziative in Turchia. Il Partito Comunista di Turchia (TKP) fa appello ai segmenti repubblicani del Paese, invitandoli a rompere con la classe capitalista e con tutte le sue estensioni politiche. Possiamo discutere di tutto: si tratta di una questione fondamentale. Non esiste un capitalismo “buono” o una forma preferenziale di capitale. Anche un compromesso temporaneo con il capitale significherebbe un atto di suicidio per i lavoratori. Il capitale non ha una forma progressista o reazionaria, giusta o ingiusta. Il TKP ha quindi dichiarato che non si assoggetterà alla classe capitalista nel proprio Paese, non ubbidirà al suo apparato di dominio, alle sue politiche o alla sua politica estera. Questa è la nostra promessa al nostro popolo e al Paese che amiamo. Questi sono i reclami del rivoluzionarismo e del patriottismo della classe operaia. Ci aspettiamo la stessa posizione dai rivoluzionari di altri Paesi. La cooperazione deve essere costruita su questa base. Il fatto che non consideriamo amico nessun gruppo capitalista o politico borghese nel mondo non è conseguenza di settarismo. La realtà della vita è dura e non vogliamo perdere tempo a ricercare alleati all'interno della classe barbara.