La Grande marcia del ritorno (cioè del rispetto della Risoluzione Onu 194) continua nonostante tutto.

I feriti di oggi NON torneranno all'ovile come Israele forse spera, ma appena rimessi torneranno al border come hanno fatto centinaia di altri feriti in questi mesi, perché il diritto alla resistenza ormai è un punto irrinunciabile e Israele prima o poi sarà costretto a capirlo.

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La Grande marcia del ritorno (cioè del rispetto della Risoluzione Onu 194) continua nonostante tutto.


Una resistenza che si fa sempre più eroica, nel senso corretto del termine, perché migliaia di manifestanti di tutte le età seguitano, nonostante la presenza dei killer, ad andare lungo la linea dell'infame e illegale assedio israeliano a gridare i loro diritti. Quegli stessi diritti riconosciuti e riaffermati ripetutamente dall'ONU con numerose Risoluzioni che Israele, al pari di tristi personaggi del passato mitteleuropeo considera semplicemente "pezzi di carta".



Anche oggi i cecchini si sono "esercitati" nel loro tiro al bersaglio. Anche oggi vittime di gas tossici e di proiettili sono stati giornalisti, infermieri, bambini. Ben sette sono stati i paramedici feriti mentre prestavano soccorso, mentre ad un fotoreporter è stato sparato un tear-gas in faccia.



Se Israele non godesse dell'ignobile scudo di complicità che lo rende impunito sarebbe accusato, ai sensi del Diritto internazionale, di crimini di guerra. E non solo per quel che ha fatto e che sta facendo lungo la Striscia.

Anche oggi, infatti, in Cisgiordania l'IDF sparava su un'ambulanza. E non è certo la prima volta!



La Mezzaluna Rossa denuncia e chiede sanzioni, ma i complici di Israele sono potenti e come tutti i potenti, finché non vengono defenestrati, rispondono con un ghigno.
 
Feriti e morti a Gaza. Feriti, arrestati ( o meglio sequestrati) e morti in Cisgiordania. Media occidentali generalmente distratti o conniventi. Istituzioni internazionali impotenti o conniventi… Tutto questo porta a uno stillicidio di vite e di diritti che sembra non aver fine. Sembra una resistenza suicida, ma non è così. I palestinesi non si votano alla morte, i palestinesi - e chi li conosce lo sa - amano la vita e anche se molti di loro seguiteranno ad essere uccisi non saranno mai povere vittime, ma dignitosi martiri, cioè testimoni che seguiteranno a dar energia a nuovi resistenti.



Questo Israele sembra non averlo ancora capito. O li stermina tutti, ma la cosa è difficile da realizzarsi, o non ci sarà repressione né crimine contro l'umanità capace di fermare quelle migliaia di resistenti con i quali dovrà seguitare a fare i conti.
Non avrà mai la "sicurezza" di cui ha fatto un mistificante problema infettandone il mondo, non l'avrà perché un popolo occupato, per quanto sia schiacciato dalla violenza dell'occupante, finché godrà di un sostegno anche soltanto morale da parte del mondo civile che ne conosce ragioni e sofferenze, seguiterà a resistere, e quella resistenza sarà l'ombra sempre presente che costringerà Israele a guardarsi continuamente alle spalle, nonostante le altissime tecnologie e le importanti complicità mondiali su cui può contare.
 


I feriti di oggi NON torneranno all'ovile come Israele forse spera, ma appena rimessi torneranno al border come hanno fatto centinaia di altri feriti in questi mesi, perché il diritto alla resistenza ormai è un punto irrinunciabile e Israele prima o poi sarà costretto a capirlo.
 
Patrizia Cecconi
14 dicembre 2018
 

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