Mes, sul voto del MoVimento 5 Stelle
di Thomas Fazi
Il voto di ieri del MoVimento 5 Stelle a favore della relazione sulla riforma del MES è francamente irricevibile. In difesa della decisione, si fa riferimento al fatto che la risoluzione vincola il governo a consultare il Parlamento prima della definizione della posizione del governo (e ci mancherebbe: è previsto dalla legge). In particolare, viene respinta qualunque proposta (e ci mancherebbe) che mirasse introdurre il concetto di rischiosità dei titoli di Stato - cioè ad assegnare un valore diverso ai titoli di Stato a seconda del "rischio di default" del paese emittente -, che farebbe immediatamente implodere il sistema bancario italiano, giacché il valore dei titoli di Stato in pancia alle banche subirebbe un'improvvisa svalutazione. Ma si tratta, nella migliore delle ipotesi, di una supercazzola.
La riforma del MES in discussione, infatti, non prevede l'introduzione del suddetto concetto di rischiosità dei titoli di Stato. Non è questo il punto che ha provocato l'alzata di scudi da parte di innumerevoli economisti - inclusi molti esponenti dell'establishment -, quanto il fatto che la riforma prevede che i prestiti senza condizionalità siano concessi solo a quei paesi che rispettano i parametri di Maastricht; nel caso, invece, in cui lo Stato richiedente non rispetti i suddetti parametri - come è ovviamente il caso dell'Italia -, sarà il MES a decidere in maniera del tutto discrezionale a quali condizioni concedere il prestito (leggasi: austerità e riforme strutturali).
Eventualmente, il MES potrà anche richiedere allo Stato in questione una ristrutturazione del debito. Molto si è detto di quest'ultimo punto in questi mesi. I difensori del MES si appellano al fatto che non è prevista alcuna ristrutturazione automatica del debito - ed è vero - e che dunque possiamo stare tranquilli. Ma si tratta di un sofismo: nel momento in cui il prestito viene vincolato alla ristrutturazione del debito, pena il default, è evidente che allo Stato in questione non rimane altra scelta (ad eccezione del default e, conseguentemente, dell'uscita dall'eurozona) che accettare la ristrutturazione. Insomma, lo Stato è "libero" di non ristrutturare nella stessa misura in cui qualcuno a cui viene puntata una pistola alla tempia può "scegliere" di non dar via i propri soldi. Come nota un appello sottoscritto da 32 economisti: «Si dice che non ci sono automatismi che prevedano la ristrutturazione, ed è vero; ma il solo fatto che ve ne sia la possibilità costituisce agli occhi dei mercati un fattore di rischio, a fronte del quale gli investitori chiederanno interessi più elevati. La recente risalita dello spread costituisce già un segnale di inquietudine dei mercati che non sembra opportuno alimentare».
Rispetto a questi punti, i più controversi di tutti - cioè le condizioni alle quali saranno concessi i prestiti - la risoluzione del Parlamento non dice nulla a quanto mi risulta. Ricordiamo che contro l'introduzione di un meccanismo di ristrutturazione del debito, anche se non automatico, si sono espressi personaggi del calibro di Ignazio Visco, governatore della Banca d'Italia, secondo il quale l'introduzione di un meccanismo di questo tipo rappresenterebbe un «rischio enorme» perché «il semplice annuncio di una tale misura potrebbe innescare una spirale perversa di aspettative di insolvenza, suscettibili di autoavverarsi»; di Antonio Patuelli, presidente dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana); di Giampaolo Galli, ex economista della Banca d’Italia ed ex deputato del PD; e di Carlo Cottarelli. Persino lo stesso Giuseppe Conte, solo sei mesi fa, si era espresso contro la riforma del MES sostenendo che i «nuovi vincoli al processo di ristrutturazione del debito potrebbero contribuire, proprio essi, all’instabilità finanziaria anziché prevenirla».
La mia impressione, dunque, è che la strategia del M5S sia quella di porre un veto preventivo su delle misure che comunque non sono previste nella riforma per poi poter "vendere" come una conquista una riforma sostanzialmente invariata nella forma. Anche perché, più in generale, se anche venisse esclusa dalla riforma qualunque proposta di ristrutturazione del debito, la sostanza non cambierebbe: ossia il fatto che l'Italia si vedrebbe comunque commissariata, de facto, in caso di crisi del debito sovrano - un'eventualità che, lo ricordiamo, non sorgerebbe neanche se la BCE fosse una normale banca centrale che garantisse senza condizionalità i titoli di debito dei paesi dell'eurozona esattamente come fanno tutte le altre banche centrali.
Come già detto in precedenza, insomma, il problema non è il MES ma l'architettura dell'eurozona. Se si accetta quest'ultima, bisogna accettare anche il MES, che ne rappresenta la normale evoluzione. In questo senso, il voto del MoVimento 5 Stelle è coerente con la sua impostazione ormai saldamente europeista, ma ancora più grave nella sostanza, poiché riflette il definitivo assorbimento del MoVimento nel campo dell'establishment.