Solidarietà principio irrinunciabile

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Solidarietà principio irrinunciabile

 

di Michele Blanco*

Negli ultimi anni, a causa delle innumerevoli crisi globali, guerre e genocidio che stiamo subendo, la solidarietà viene spesso citata, ma molto poco praticata. Il cambiamento climatico con i relativi disastri ecologici, nuovi e vecchi conflitti, migrazioni di massa, le continue minacce del terrorismo internazionale, praticato anche da nazioni che si autodefiniscono democratiche, il rischio sempre maggiore di pandemie, tutto ci porta alla consapevolezza che viviamo in un mondo interconnesso, che sta diventando fuori controllo con gravi pericoli di disinformazione. È fondamentale riuscire a capire bene che cos’è veramente la solidarietà - uno dei principali “valori” a cui tornare ad appellarci - e come essa si rapporta con l’idea di giustizia, nelle sue varie declinazioni: giustizia sociale, giustizia nel diritto.
 
La grande “fortuna storica” del concetto di solidarietà avviene con l’avvento delle prime teorie socialiste, nelle quali un termine poco strutturato come fraternité viene appunto sostituito da solidarité. Durante la Rivoluzione industriale la solidarietà era un forte dispositivo di critica delle contraddizioni del mondo industriale e rappresentava molto bene l’aspirazione all’ emancipazione sociale da parte dei più deboli, che avevano un sentimento crescente di vicinanza solidale, per le loro tristi condizioni di vita e sfruttamento. Secondo Émile Durkheim la solidarietà è il legame sociale fra gli individui sempre più autonomi e divisi dallo stile di vita imposto dalla società industriale.
 
La solidarietà è stata associata al concetto di identità di gruppo che determina lo status di quella minoranza vittima di oppressione, ma che al contempo viene rivendicata, perché impiegata come terreno stesso di organizzazione e rivendicazione dei propri diritti. La tradizione socialista è quella che maggiormente ha fatto valere, in chiave politica, l’idea di solidarietà a partire dai moti del 1848. Di certo possiamo ritenere il concetto di solidarietà come complementare all’idea di giustizia nella pluralità dei contesti sociali possibili. L’esempio del caso di una violazione di diritti di tipo istituzionale, il richiamo alla solidarietà non è soltanto ciò che consentirebbe un recupero degli stessi, ma anche una misura difensiva che si attua nella denuncia preventiva di una possibile ingiustizia.
 
Della solidarietà nell’ambito del progetto europeo, ci basti ricordare le parole di Robert Schuman, pronunciate a Parigi nel corso della dichiarazione del 9 maggio 1950 che annunciava la creazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA): «L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto».
 
Questo è confermato anche sul piano giuridico, nei Trattati, nelle Carte e nelle politiche istitutive dell’Unione. La solidarietà è infatti al centro del Trattato sull’Unione Europea, del Trattato di Lisbona, così come tutto il capitolo IV della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea è dedicato a questo concetto. Oltre a questa fondamentale dichiarazione, anche specifiche politiche comunitarie vi fanno e vi hanno fatto esplicito riferimento come il Fondo solidarietà o il Corpo europeo di solidarietà. Purtroppo con l’attuale Unione Europea il rischio è quello che la solidarietà diventi un “significante vuoto”, utilizzabile a proprio piacimento dai vari schieramenti politici.
 
Senza il rispetto e l’ implementazione dei diritti sociali, come l’istruzione garantita a tutti, non si potranno avere mai dei buoni cittadini. I diritti sociali sono dichiarati nelle Costituzioni democratiche moderne, ma negli ultimi decenni sono stati messi seriamente in discussione.
 
Nell’ambito dell?Unione Europea le difficoltà politiche dell’affermazione effettiva della solidarietà sono state evidenti in particolare negli ultimi anni. Se nell’idea dei primi architetti europei, come Jean Monnet e Robert Schuman, si sarebbero dovuti attivare non solo degli strumenti tecnici, ma anche un ethos solidaristico, questo non sembra così scontato nella realtà odierna. A questo corrisponde anche una gravissima insufficienza normativa, dovuta al Trattato di Maastricht, che ancora vieta ogni forma di aiuto verso Stati in difficoltà. Invece le pratiche di solidarietà informale tra i cittadini, nonché la loro volontà di rafforzare misure solidaristiche a livello comunitario, devono potersi integrare, sempre più, con il livello giuridico-istituzionale.
 
Senza il ritorno ad una democrazia partecipativa, come affermatasi specialmente nei Paesi dell’Europa occidentale fino agli inizi degli anni ottanta del secolo scorso non è possibile parlare di solidarietà. Oggi le istituzioni europee oltre a togliere la “sovranità democratica”, impongono, sovente, politiche neoliberiste e austerità, in particolare sulla questione del lavoro, favorendo la precarizzazione e imponendo processi che hanno ridotto il ruolo dei lavoratori.
 
Oggi solidarietà richiama l’importanza del reddito di base universale a fronte della riduzione strutturale del “lavoro socialmente necessario”. Il reddito universale potrebbe remunerare forme nuove di lavoro, contrastando il capitale finanziario speculatore, porterebbe a una effettiva redistribuzione dei redditi permettendo di recuperare tempo di vita contro la ratio strumentale (e iper-produttivistica) del capitalismo.
 
Nel presente siamo abituati a convivere con crisi di ogni genere e tutte interconnesse fra loro, allora un concetto come quello di solidarietà non deve soltanto esser fatto riemergere, ma deve poter fornire un orizzonte di senso critico nei confronti della realtà, non in senso negativo ma semmai propositivo. L’universalismo dei diritti umani rappresenta, da sempre, l’affermazione pacifica della libertà e dignità umana, quindi di ciascun individuo in tutto il mondo. Lottare per la giustizia, la dignità e i diritti delle persone diventa essenziale per permettere un futuro in cui vivere una vita dignitosa per tutti gli esseri umani.
 
Dobbiamo tornare a pensare ad una società solidale, libera, democratica, partecipativa, con al primo posto una istruzione adeguata per tutti, con diritti sociali garantiti, dove le persone siano veramente uguali, e ognuno possa sviluppare le proprie capacità per potere vivere con dignità.
*Articolo pubblicato su "La Fonte. Periodico dei terremotati o di resistenza umana", novembre 2025, ANNO 22, N. 10, p. 21.

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