Sproloqui referendari
di Alessandro Mariani
“Almeno Maurizio Landini ha avuto l’onestà di riconoscere la sconfitta!”
Sentendo certi commenti si è veramente tentati di fuggire su Marte, magari elemosinando un passaggio dallo spiritato d’oltreoceano. Ma cos’altro avrebbe potuto fare il segretario della CGIL, dopo aver percorso in lungo e largo l’Italia ed essersi sgolato nel ripetere che il raggiungimento del quorum era un obbiettivo possibile? Dichiarare logica e matematica fuoricorso forse? Neanche fosse un giudice della Corte costituzionale!
Dai fronti più disparati sono già in troppi a mettere il dito nella piaga e del resto la reazione della sinistra sinistrata era prevedibile quanto il flop referendario. Attardarsi a commentare la debacle di CGIL, PD e compagnia cantante, sarebbe come sparare sulla Croce Rossa. Ed oltre che scontato sarebbe del tutto inutile, tanto il persiste et signe ed il diabolicum perseverare vanno ormai a braccetto da quelle parti!
Altrettanto prolissi e banali ci sentiremmo nel commentare i gongolanti interventi dei vari esponenti di destra, un’orchestra di bimbi minchia tenuti insieme dalla direttrice che è una vera fuoriclasse in fatto di opportunismo, minacciata più dalla pochezza dei suoi che dalle fughe pindariche dell’opposizione. Ma forse è persino esagerato definire opposizione quella calca riottosa e squinternata che la stessa presidente del consiglio sembra in grado di orientare e manovrare con minori difficoltà rispetto alla maggioranza che la sostiene. La sorella d’Italia si trova alle corde tra i prezzi che aumentano, la povertà che avanza e l’ irrilevanza del suo governo a livello europeo ed internazionale; e i nostri fessi volonterosi che cosa fanno? Le corrono in soccorso caricando di significato politico i referendum dall’esito scontato.
Anni or sono un politico di lungo corso disse che lasciare i giornali nelle edicole avrebbe dovuto essere considerato un gesto di civiltà. Un coro di critiche proveniente da tutte le direzioni lo trafisse come un San Sebastiano delle sette frecce. Naturalmente fu costretto a rettificare quella che invece era stata una delle cose più sensate dette nella sua lunga e finalmente terminata carriera.
Una rapida lettura delle prime pagine dei quotidiani all’indomani dell’ultima chiamata alle armi non fa altro che confermare la persistente validità di quell’assunto; Giornaloni, Giornalacci e Giornaletti riportano la notizia del mancato raggiungimento del quorum tutti, com’è ovvio che sia, cercando di portare acqua al mulino di riferimento, ed ognuno con una serie di fesserie diversamente argomentate.
Non fa eccezione (e lo diciamo con rammarico) neppure il Fatto Quotidiano, la cui analisi è, almeno in parte, tra le più sballate di quelle in circolazione. Ritenere come fa il suo direttore che la ragione del flop referendario risieda nella inammissibilità (dichiarata a suo tempo dalla Consulta) del referendum sulla legge Calderoli (autonomia differenziata) può stare a significare solo due cose: a) mancata cognizione dei processi reali, b) la classica pezza cucita a protezione del buco.
Ora essendo M. Travaglio una tra le poche voci degne di considerazione, la prima ipotesi va decisamente scartata. Ma resta il problema, non di poco conto di quel che i suoi occhi non vedono o che fan finta di non vedere. Tanto per parlar chiaro mi riferisco all’ormai acclarata impresentabilità di un personaggio che alla politica di questo disastrato paese ha già dato fin troppo. Parlo di Giuseppe Conte, quello (non dimentichiamolo) che un tempo per poter parlare doveva chiedere il permesso a Giggino Di Maio e che nel fù movimento dell’ “uno vale uno”, vale ora da solo più di tutti gli altri messi insieme.
Una volta diventato grande, l’uomo dei dpcm e delle “libertà autorizzate” non ha più freni inibitori. Se ne frega altamente (e da questo punto di vista ha tutta la nostra comprensione) dell’antico padre padrone che, come il Mazzarò di Giovanni Verga, in punto di morte va colpendo a destra e a manca sbraitando “Roba mia vientene con me!”
Si propone, rilascia interviste, memorabile l’ultima al Corriere della Sera dove commentando la bocciatura del referendum ha detto “dobbiamo abbattere il quorum a un terzo, portandolo al 33%. Così anche chi è contrario, sarà motivato ad andare a votare (sic!)”. Che è poi come dire che se il termometro sale a 39 si può sempre sostenere che fino a quando non si arriva a 40 non si deve parlare di febbre.
Ma pensare che nello stato pietoso in cui versa il cosiddetto campo progressista, il M5s capitanato dall’avvocato del popolo, possa ancora svolgere una funzione di rilievo o addirittura trainante, è un’ingenuità che stentiamo ad attribuire ad un giornalista rodato e capace come il direttore del Fatto Quotidiano. La realtà è che il partito che non voleva esser tale si è ormai avviato a seguire lo stesso iter comune a molti dei partiti e movimenti italiani: nato al nord, dopo aver raggiunto l’acme, è destinato ad un inarrestabile fase di declino per poi spegnersi definitivamente al sud.
A dire il vero una forte critica si era invece udita da quelle parti, per bocca di A. Padellaro, presidente e fondatore della testata: “ma ci rendiamo conto del rischio di un quorum non solo non realizzato, ma magari lontano dal quorum stesso…ci rendiamo conto di come quest’arma verrà usata per dire…vedete!? Gli italiani stanno con noi, queste fesserie non le calcolano […] Ecco! In quei ventisei milioni di persone che non vanno a votare, e non so quante andranno a votare per i referendum, quanto disamore c’è per colpa di politiche che la gente non capisce?” [1]
Bene dunque, “L’onore della testata è salvo”, vi direte. E Dio solo sa quanto ci sia bisogno di una voce critica e libera[2] in tempi in cui gli scemi di guerra imperversano a 360° da destra a sinistra per non dire di un centro che è ormai, da qualsiasi parte lo si guardi, l’ombelico di se stesso.
Al contrario invece, tutto male nel caso di specie per uno dei pochi giornali che non andrebbe lasciata nelle edicole, anche perché all’indomani del flop referendario lo stesso Padellaro, invece che rivendicare la bontà delle considerazioni ante-referendum, si accoderà al coro di chi invoca rispetto per i quattordici milioni di elettori che alle urne ci sono andati (come un Bersani qualsiasi).
Ma lì dove vi chiederete? Sugli scranni di la Sette naturalmente! Gli stessi dove Travaglio è ospite fisso a giorni alterni. La TV di sistema che vezzeggia gli antisistema o, a seconda della prospettiva la tv anti-Sistema che corteggia il Sistema. In tal senso un network realmente completo, pluralista a 360 gradi, alfiere (in teoria) dei valori del mondo libero, nella pratica la rete regina in quel genere di spettacolo intellettualmente così ripugnante che sono i talk. Laddove l’abilità del conduttore sta tutta nel sapersi trasformare in un buttafuori senza darlo a vedere.
Ora, concesso che allo stato degli atti ha poco senso pretendere dai leader politici rigore e coerenza, c’è però da chiedersi fino a che punto possa continuare a reggere la finzione democratica su cui si reggono (Italia in primis) le nostre oligarchie liberali,. La maggior parte del circo mediatico ormai non si fa più problemi nel giustificare il velo di menzogna e spaccia la sua compiuta accettazione per maturità politica. Così è normale che quando si è all’opposizione si gridi di voler diminuire le accise ed altrettanto normale è aumentarle in silenzio quando si è al governo.
Detto in questi termini parafrasando Moritz Steinschneider verrebbe da dire che l’unica cosa che si possa fare per la democrazia rappresentativa sia assicurarle un funerale decente. Resta il rilevantissimo problema del come, perché è inutile nascondersi che ci troviamo nel momento più difficile dal dopoguerra in qua.
A questo punto mi viene da dire che si potrebbe trarre spunto proprio da Giuseppe Conte. Si proprio lui, non è una boutade: quello dalle ottime intenzioni e delle azioni sbagliate, l’azzeccacarbugli che in politica non ne ha azzeccata una, l’uomo dei monopattini e del 110%, dei lockdown e del sostegno al governo Draghi. Solo che bisognerebbe avere il coraggio di proporre l’esatto opposto di quel che da lui è sostenuto, altro che abbassare il quorum per i referendum abrogativi! Bisognerebbe avere il coraggio di proporlo anche per le elezioni politiche! Al di sotto di una certa soglia i rappresentanti del popolo realmente sovrano andrebbero estratti a sorte da appositi elenchi di cittadini in possesso di determinati requisiti, più o meno come avviene per la designazioni dei giudici popolari presso le corti d’appello. Cosa ci sarebbe di così sconvolgente da un punto di vista concettuale, rispetto al reciproco rinfacciarsi dei due poli contrapposti di essere minoranze nel paese?
P.s.1 Ci perdonino l’eccessiva verve polemica direttore e presidente del Fatto Quotidiano ma per certi versi, la nostra è anche farina di quel sacco.
Ps. 2 Le astuzie della ragione sono sempre in agguato, come sa bene la sorella d’Italia che opportunisticamente tace mentre compagni di coalizione e di partito contribuiscono a segare, giorno dopo giorno il ramo su cui son seduti.
[1] Intervento ai margini della presentazione del suo libro Antifascisti immaginari, al Salone del libro di Torino
[2] Il Fatto è l’unico tra i quotidiani di maggior tiratura a rifiutare i finanziamenti pubblici