Un tranquillo weekend di paura
di Luca Busca
Alla vigilia si prospettava come un meraviglioso weekend di democrazia. Il sole era destinato a splendere sulle verdi montagne, sulle accoglienti spiagge e sulle ridenti colline dell’italico suolo. Le due massime espressioni della democrazia, la piazza e il referendum, avrebbero irradiato bagliori di speranza sul popolo italiano perennemente impaurito. Il sabato si era presentato sotto i migliori auspici, con ben trecentomila persone pronte a invadere pacificamente Piazza San Giovanni a Roma per dimostrare solidarietà al popolo palestinese, massacrato da Israele con la connivenza degli alleati europei.
Già Domenica a mezzogiorno l’entusiasmo, indotto dalla partecipazione all’unico strumento di democrazia diretta sopravvissuto allo scempio della delega post-democratica, veniva spento da un mesto 7,4% di affluenza alle urne. La sera, alle 23,00, la legnata ha assunto proporzioni ciclopiche con solo il 22,73% di votanti, il quorum non superato e il referendum definitivamente bocciato. Alzando il “velo di ignoranza” con cui la classe politica nasconde le proprie contraddizioni, questo fine settimana appare ormai come un “tranquillo weekend di paura”.
Già da sabato guardando meglio qualche dubbio poteva sorgere in merito alla solarità della giornata. La manifestazione era ufficialmente promossa dal PD con l’adesione di Alleanza Verdi e Sinistra e il Partito di Conte. Non pochi però sono stati i dirigenti del PD che, invece di scendere in piazza, hanno preferito aderire alla manifestazione sionista che si è svolta al Teatro Parenti di Milano il 6 giugno.
Organizzata da Calenda e Renzi, la performance ha visto sfilare i protagonisti della propaganda israeliana in Italia, con l’inossidabile Enrico Mentana a guidare i cavalieri del sionismo nostrano: Benedetto Della Vedova (Più Europa), Graziano Delrio (PD), l’eurodeputata Pina Picierno, Piero Fassino e Lele Fiano. E sì perché l’enclave israeliana in Italia è rappresentata da “Sinistra per Israele”. L’Associazione che da sessant’anni viene ampiamente finanziata per promuovere gli interessi israeliani nel nostro paese. Nel 2005, quando i crimini sionisti erano già molto evidenti, il Manifesto della Sinistra per Israele è stato lanciato, fra gli altri, da Giorgio Napolitano, Giuliano Amato, Furio Colombo, Umberto Eco, Piero Fassino, Emanuele Fiano, Walter Veltroni, Gustavo Zagrebelsky.
A Roma, invece, è stato piacevole vedere sul palco esponenti di spicco della comunità ebraica, come Gad Lerner e Modi Ovadia. Ha colpito, però, l’assenza di oratori palestinesi, nonostante la comunità italiana, e romana in particolare, siano piuttosto cospicue. In realtà non ci si dovrebbe sorprendere più di tanto poiché il PD, più che Propal, è preoccupato di non sembrare troppo antisemita. Va ricordato, a semplice titolo di esempio, che Elly Schlein il 25 gennaio del 2024 lanciava una mozione che iniziava così:
“Premesso che: il 7 ottobre 2023, Hamas ha perpetrato una serie di attacchi terroristici in territorio israeliano uccidendo oltre 1.200 civili, stuprando e torturando persone innocenti e portando via con la forza più di 200 cittadini israeliani e stranieri, anche europei, che sono stati condotti a Gaza come ostaggi, provocando non solo morte ma anche uno shock collettivo nella società israeliana ... il 9 ottobre 2023 il premier israeliano Netanyahu ha annunciato un assedio totale della Striscia di Gaza, autorizzando la più grande mobilitazione militare del Paese dalla guerra dello Yom Kippur del 1973 e chiedendo l'evacuazione verso Sud dei palestinesi che vivevano nella città di Gaza e nel nord della Striscia di Gaza: da allora, secondo le Nazioni Unite, sono morti oltre 25 mila palestinesi, più del 70 per cento dei quali donne e minori, con una stima di Save the Children di oltre 10 mila bambini uccisi; a più di cento giorni dall’inizio del conflitto, ...” Tradotto: Hamas è il vero criminale, quella di Israele è una guerra, non un genocidio però chiediamo un po’ più di diplomazia.
Il 25 maggio 2025 Giorgio Cremaschi su Il Fatto scriveva: “Il senatore Graziano Delrio è andato in Israele a trovare il ministro degli Esteri, quel Gideon Saar che ha appena confermato il no del suo regime alla Stato palestinese. Sarebbe governato da Hamas, ha detto. Delrio, ... è anche esponente di quel gruppo lobbista sionista che con totale sprezzo del ridicolo si definisce “Sinistra per Israele”. Gruppo di cui fanno parte anche quel Piero Fassino che in un convegno ha giustificato la rappresaglia israeliana a Gaza e quella Pina Picierno che, come vicepresidente del Parlamento europeo, ha felicemente incontrato un gruppo di coloni fascisti israeliani.” Nessuno di questi benefattori di Israele è stato espulso dal partito o semplicemente ammonito.
In sostanza il PD ha partecipato sin da subito alla disumanizzazione e alla condanna di Hamas sostenendo di fatto il “diritto all’autodifesa di Israele”. Strumento questo utilizzato da Netanyahu e dai suoi complici internazionali per giustificare il genocidio del popolo palestinese.
Solo quando ha visto buona parte del proprio elettorato residuo prendere le difese del popolo palestinese, ha accennato a proteste più vibranti fino a scendere in piazza, ma solo diciannove mesi dopo l’inizio del genocidio e dopo decenni di massacri e occupazioni di territori. La manifestazione è stata, quindi, solo una messa in scena per recuperare consensi facendo finta di essere dalla parte giusta. Nessun sionista è stato cacciato dal partito e ogni occasione è stata buona per mettere i cattivi di Hamas sullo stesso piano di Israele. Si spera che questa manifestazione almeno serva a smuovere le coscienze del popolo sopito dalla propaganda occidentale, anche se sembra più un’operazione di “normalizzazione”.
Il tranquillo weekend di paura è poi proseguito con la “festa” del referendum. Anche in questo caso va innanzitutto rilevato che i quattro quesiti sul lavoro sono stati proposti dalla CGIL e ampiamente sostenuti dal PD che ne ha fatto un proprio cavallo di battaglia. Il problema vero non è dato dall’ennesimo sganassone preso dal PD, quanto dalla fine del Referendum come strumento democratico. Questa volta a vincere non è stata la destra ma l’intera classe politica, che trae benefici enormi dalla distruzione della partecipazione del popolo a qualsivoglia iniziativa politica e la conseguente frammentazione del dissenso.
Il gioco è di azzerare la fiducia popolare nella rappresentanza per far sì che a votare vadano solo i “complici”. In questo modo si riduce il rischio di sorprese, come accaduto con l’esplosione del M5S, e la partita, peraltro palesemente truccata, viene giocata esclusivamente a livello di tornaconto personale e non più in ambito politico ed etico. Per ottenere gli alti livelli di sfiducia che caratterizzano tutto il mondo occidentale, il mezzo migliore è quello di azzerare la credibilità della politica da un punto di vista morale. Continui episodi di corruzione, contraddizioni sempre più insanabili tra le proposte elettorali e i provvedimenti di governo, la frequente adozione della logica dei “due pesi due misure”, sono tutte espressioni, rigorosamente bipartisan, della stessa strategia: lasciare a casa l’elettore dotato di spirito critico e promuovere in quello passivo la teoria del “tanto sono tutti uguali, scelgo il meno peggio”, che ovviamente non esiste!
Nel caso specifico del referendum la sua credibilità è stata inesorabilmente compromessa dal PD, reo di voler abolire una legge, il Job’s Act, promulgata da un proprio governo. Passi che Renzi ha fondato un suo partito portandosi dietro Elena Boschi, ma al tempo la legge la votarono tutti e solo Pippo Civati uscì dal partito per protesta. Gente come Cesare Damiano e Roberto Speranza (e sì proprio lui il peggior Ministro della Salute di tutti i tempi) che parteciparono addirittura alla loro stesura, sono ancora attivi nel PD. A gestire i passaggi procedurali e la campagna di acquisizione dei voti in parlamento fu niente poco di meno che il sionista Graziano Del Rio. Il quale si è dimostrato poi anche molto attivo nella campagna denigratoria del referendum. Non solo non è stato cacciato dal partito ma oggi fa parte della Direzione Nazionale ed è Consigliere politico.
In sostanza “tanto rumore per nulla”! Niente cambierà, l’Italia non riconoscerà lo Stato Palestinese, cosa che non ha mai fatto neanche sotto tutti i governi di centrosinistra che si sono avvicendati dalla svolta della Bolognina a oggi. Peraltro il provvedimento sarebbe comunque tardivo in quanto, essendo Gaza rasa al suolo e la Cisgiordania in mano ai coloni, di fatto lo Stato Palestinese non esiste più. Inoltre non si capisce secondo quale presupposto la soluzione a due stati dovrebbe funzionare, dopo un genocidio, se non ha mai funzionato in settantasette anni di massacri.
Nessuno imporrà sanzioni a Israele, perché il padre padrone statunitense non lo permetterà, né al PD tantomeno a FdI. Nessuno arresterà Netanyahu che continuerà ad annientare il popolo palestinese finché farà comodo agli Stati Uniti per destabilizzare il Medioriente. Quando gli verrà ordinato smetterà e andrà a godersi il “meritato” riposo in un lussuoso e sicuro isolamento, probabilmente negli Stati Uniti. Un moderato verrà “democraticamente” eletto e chiunque oserà dire qualcosa verrà tacciato di antisemitismo verrà zittito e ridotto all’impotenza. I moderati rientreranno nei loro gusci con la coscienza a posto per aver partecipato alla manifestazione del 7 giugno 2025, “in fondo quelli di Hamas sempre dei terroristi sono”.
Grazie al mancato raggiungimento del quorum sopprimere i diritti dei lavoratori sarà considerato legittimo. Il lavoro diventerà sempre più precario; l’alternanza scuola-lavoro, anch’essa figlia del Job’s Act continuerà a mietere vittime e fornire mano d’opera a basso costo; i dieci anni necessari a ottenere la cittadinanza, unitamente allo stimolo bipartisan all’immigrazione clandestina, garantiranno ampi spazi di sfruttamento del sommerso e andranno ad alimentare il “mercato” del lavoro e la strage dei lavoratori. La democrazia sarà sempre meno tale, meno partecipata e più delegata, ma quell’esiguo scampolo di votanti si sentirà a posto con la propria coscienza perché alle urne si sono recati. Poco importa se grazie a queste due nuove “imprese” del PD, i referendum hanno perso gli ultimi “stracci” di credibilità e il dissenso e stato definitivamente frantumato dalle “false flag” piddine.
A questo punto una domanda sorge spontanea: la strategia del PD e della sinistra è realmente frutto di profonda incompetenza? O forse è il risultato di una tattica scientemente adottata per evitare che il popolo partecipi a forme di lotta, che potrebbero nuocere al precario equilibrio che il neoliberismo, di cui il PD è il rappresentante più importante, è costretto a mantenere per perpetrare i propri interessi?