In Venezuela la rivoluzione si difende

In Venezuela la rivoluzione si difende

Un articolo del giurista internazionale Fabio Marcelli sulla condanna inflitta a Lopez per le proteste violente del 2014 costate la vita a 40 innocenti

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Come sovente accade quando si parla di Venezuela, la mistificazione regna sovrana nel panorama informativo mainstream italiano. Lo schema è sempre il solito: mischiare le carte, celare la realtà in maniera tale da poter fare ogni tipo di affermazione, anche la più strampalata senza fondamento alcuno per colpire la parte che si vuole screditare. In questo caso la Repubblica Bolivariana del Venezuela, uno stato sovrano, che ha condannato un esponente politico dell'opposizione per il suo ruolo durante le violente proteste del 2014 - che hanno insanguinato le piazze della patria di Bolivar - secondo le leggi vigenti, dopo un giusto e doveroso processo. Come ha ricordato il giurista internazionale Fabio Marcelli attraverso il suo blog ospitato sul Fatto Quotidiano.

Dal blog di Fabio Marcelli:

Grande strepito e scandalo di “democratici” e presunti tali per la pesante condanna inflitta all’aspirante Pinochet venezuelano, Leopoldo Lopez. 

In realtà si è trattato di una condanna inflitta in base al codice penale venezuelano per specifici reati (incendio doloso, istigazione a delinquere, danneggiamento della proprietà collettiva) e per associazione a delinquere.

Ma chi è Leopoldo Lopez? Si tratta del capo della fazione più estrema dell’opposizione venezuelana, quella che ha tentato, senza ovviamente riuscirci, la carta dell’insurrezione armata contro il legittimo governo di Maduro.

 

La parola d’ordine era la cacciata con la forza di tale governo. Provocare incidenti e caos per dare modo a qualche attore, interno o esterno, di intervenire.

Come ho già avuto occasione di scrivere, non credo che nessun governo al mondo sarebbe disposto a tollerare un’opposizione del genere senza reagire che trascende di gran lunga il piano del legittimo confronto democratico delle idee per porsi su quello dello scontro violento. Lopez ha tentato questa carta, senza riuscirci. Si aspettava forse che l’ordinamento giuridico del Venezuela avrebbe lasciato correre? Se lo avesse fatto, si sarebbe certamente coperto di ridicolo. Uno Stato di diritto è tale anche perché è in grado di rispondere con l’arma della giustizia penale alla sovversione politica aperta, come a qualsiasi altro crimine.
 

In Venezuela non è stata una buffonata, ci sono stati oltre quaranta morti. Tutti sulla coscienza di Lopez, compresi i giovani che ha mandato allo sbaraglio.

Il Venezuela affronta oggi importanti sfide. Dalla lotta alla corruzione, a quella al contrabbando, a quella ai grossi commercianti e industriali che imboscano la loro produzione provocando gravi problemi nella distribuzione dei beni, a quella alla criminalità, ai tentativi di sottrarre alla sovranità nazionale importanti giacimenti petroliferi come l’Esequibo, ai costanti tentativi di boicottaggio da parte della destra statunitense.
 

C’è poi l’impegno del governo Maduro, in perfetta linea di continuità con la rivoluzione bolivariana e l’eredità di Chavez, di attuare misure redistributive che beneficino finalmente i settori sociali sempre trascurati e umiliati.Questa politica provoca i malumori delle classi medie. Non solo in Venezuela ma anche in altri paesi dell’America Latina. Vi sono anche proteste legittime, come quelle contro la corruzione, che va combattuta con forza chiunque ne sia l’autore. Tutti i governi latinoamericani, compreso ovviamente quello venezuelano devono sapere colpire con forza i corrotti, anche e soprattutto quelli che si celano al loro interno. Al tempo stesso va rilanciata e portata a nuovi avanzamenti la politica di redistribuzione del reddito e quella di promozione della partecipazione democratica. In tal modo le destre saranno battute politicamente.

Ma una cosa, ripeto, è la battaglia politica, un’altra la sovversione violenta. In essa Lopez ha avuto come alleati, oltre che i settori estremi dell’amministrazione statunitense, anche un figuro come l’ex presidente colombiano Álvaro Uribe, che da tempo avrebbe dovuto comparire davanti alla Corte penale internazionale, per i crimini commessi e quelli che continua a commettere. 
 

Sul piano dei principi ogni Stato ha diritto di difendersi. Tanto più se si tratta di uno Stato che sta promuovendo cambiamenti rivoluzionari come quello bolivariano. Che del resto gli aspiranti Pinochet, a oltre quarant’anni dal golpe cileno, finiscano dietro le sbarre, è certamente una buona notizia. Come lo è l’evidente flop della manifestazione promossa per protestare contro la condanna a Lopez. Quanto a quest’ultimo, faccio un appello umanitario al governo venezuelano, che sia liberato e mandato in esilio a Miami o a Disneyland. Tanto come leader dell’opposizione mi pare abbia fallito prima ancora di cominciare e non rappresenta per nulla un grosso pericolo per la stabilità delle istituzioni. Lo ha costituito, invece, per la pace e la sicurezza dei cittadini venezolani e per questo è stato giustamente condannato.

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