Alessandra Ciattini - Gli Usa nel caos provocato da Trump

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Alessandra Ciattini - Gli Usa nel caos provocato da Trump

 

di Alessandra Ciattini - Futura Società

 

Negli ultimi giorni gli Usa sono stati teatro di ampie manifestazioni popolari contro le politiche di Trump – tariffe, austerità, supporto al genocidio, guerre, deportazione dei migranti, favori ai ricchi – ovviamente, violentemente represse. Tuttavia, da queste potrebbe nascere una vera e propria opposizione al partito unico di Wall Street.

Sabato passato, 14 giugno, si sono svolte numerose e partecipate proteste in varie città degli Usa contro la politica reazionaria e guerrafondaia di Trump che si è presentato come l’incaricato dal popolo di un programma antipopolare di tariffe, deportazioni, austerità, esenzioni fiscali per i ricchi, già decise durante il suo primo mandato e ribadite nel secondo. Quando dico guerrafondaio non mi riferisco solo alle guerre in atto, che si vorrebbero solo congelare, ma anche alla guerra di classe contro i lavoratori statunitensi che, però, hanno cominciato a manifestare in massa contro di lui e i suoi consiglieri miliardari.

Slogan delle proteste erano “No kings”, con riferimento al desiderio di Trump di stabilire una sorta di dittatura civile sul Paese, e “We are the power”, che implica la chiara rivendicazione dell’origine democratica del potere, in realtà assai discutibile nel sistema di potere statunitense.

Negli ultimi mesi, Trump e i suoi fedeli (in realtà non troppo), i suoi amici miliardari, i suoi alleati statali e locali hanno portato avanti violenti attacchi, spesso illegali, contro i sindacati, gli immigrati, i dipendenti federali con la falsa affermazione della lotta alla corruzione, contro chi protestava contro il genocidio dei palestinesi e contro il movimento studentesco, che insieme ai docenti intende difendere il sistema educativo dai tagli sistematici. La logica di questi interventi sta nella esplicita volontà di colpire l’opposizione alla politica reazionaria trumpiana, rafforzare il già forte potere esecutivo, dare dei contentini alla base populista, (i bianchi declassati), che ha votato questa amministrazione credendo al sogno illusorio dell’America sempre grande.

Contemporaneamente e contraddittoriamente, Trump ha cercato di mantenere legata a sé la parte più conservatrice dell’élite dirigente, ribadendo i tagli fiscali e avviando ulteriori misure di deregolamentazione che rendono più agevole lo sfruttamento del lavoro, riducendone il costo con la complicità dei sindacati.

Come abbiamo potuto constatare, questo programma economico-politico, propagandato con ridicola enfasi, ha prodotto vergognosi passi indietro (“le belle tariffe”), conflitti e crisi tra gli esponenti del governo, come lo scontro sceneggiato tra Elon Musk e Trump e, last but not least, una potente reazione popolare che ha visto migliaia di statunitensi scendere in strada. Prima, avevamo visto auto Tesla bruciate e danneggiate in varie parti del mondo, anche a Roma, contro la politica dei tagli affidata a Musk, sempre ben finanziato dai governi Usa, cui ora per ritorsione Trump ha tolto le sovvenzioni.

Inoltre, dopo il grottesco giorno della Liberazione, il 2 aprile, quando Trump ha annunciato le nuove tariffe ai Paesi esportatori, si sono registrate oltre un migliaio di manifestazioni all’insegna dell’“Hands Off”, nelle strade di New York, Los Angeles, Atlanta, Chicago, etc., organizzate da sindacati dissidenti, gruppi progressisti e no profit. L’obiettivo era mostrare il proprio malcontento per la distruzione dei programmi sociali, destinati ai più poveri, e per la messa in discussione delle libertà civili.

Il clou della rivolta si è avuto la settima scorsa a Los Angeles, città multietnica, e in altre città, dove milioni di persone hanno protestato contro gli agenti dell’Ice (Immigration and Customs Enforcement) che mettono in pratica il ??programma di espulsione degli immigrati indocumentati, (circa 12 milioni), che svolgono un ruolo importante nell’economia Usa, soprattutto nel settore delle costruzioni. Programma voluto da Trump che ha criminalizzato questo settore vulnerabile della classe operaia e che ha spinto milioni di persone a scendere in piazza per protestare contro il cosiddetto Agente Arancio.

Gli scontri tra gli agenti dell’Ice e i manifestanti sono cominciati giovedì della scorsa settimana, quando persone di diversa appartenenza sociale si sono schierati per difendere i migranti dalle violenze e dagli arresti. In breve tempo si sono radunati giovani disoccupati, bianchi e neri, studenti di varie etnie indossando kefiah e sventolando bandiere messicane e palestinesi, con coraggio si sono contrapposti agli agenti, che fermavano indiscriminatamente i supposti migranti. Da notare che le proteste hanno avuto un carattere multirazziale e sono state guidate da combattivi giovani messicani, centroamericani e neri che recavano con sé le bandiere dei loro Paesi; giovani pienamente consapevoli di essere sfruttati in quanto figli di migranti e che sanno benissimo che le loro patrie sono dissanguate dall’imperialismo statunitense. Avendo acquisito un sentimento antimperialista ed essendo maggiormente politicizzati, sanno anche che sono sottoposti alla stessa oppressione e allo stesso sfruttamento che operano in tutto il Sud globale, dalla Palestina al Messico.

Naturalmente, si è subito animata una campagna volta a criminalizzare le proteste, accusate di violenza e di vandalismo, diffusa dal «Wall Street Journal» e dalla stessa Casa Bianca, mostrando così il grande timore che ha la classe dirigente Usa che i settori più colpiti dalle politiche liberistiche e belliciste prendano coscienza della loro miserabile condizione e combattano per rovesciarla.

In questo complesso contesto, in cui è scoppiato un altro conflitto (Iran/Israele), il cui scopo è accrescere il caos in Medio Oriente per meglio dominarlo, il presidente ha deciso la celebrazione di una buffonesca parata militare, in cui festeggiare il 250° anniversario dell’esercito e addirittura il suo compleanno, affermando che, senza la partecipazione degli Usa alla Seconda Guerra mondiale, oggi gli statunitensi parlerebbero tedesco o giapponese. Ferendo la megalomania di Trump, molti hanno disertato la parata, costata 45 milioni di dollari e a cui hanno partecipato paracadutisti e 130 carri armati M1 Abrams, e si sono diretti alle numerose marce di protesta, svoltesi sia nelle grandi città sia in quelle più piccole. I partecipanti non hanno una visione politica unitaria, ma in massa condannano l’autoritarismo di Trump, paragonato a Mussolini, e la sua politica verso i migranti, chiedendo la liberazione di Mahmoud Khalil, uno studente della Columbia University incarcerato per aver organizzato proteste contro lo Stato genocida sionista. Alcuni hanno addirittura esposto cartelli in cui era evocata l’insignificante Kamala Harris.

Svoltasi sotto una pioggia scrosciante, invece, la parata di Washington DC è stata dominata da un’enorme statua che rappresentava un presidente alto due metri e mezzo, vestito di blu con una sgargiante cravatta rossa, seduto su un grosso water. Nello spirito del “No kings day”, l’autore, un cinquantenne residente nel Maryland, ha dichiarato: “È l’unico trono adatto a questo re”, esprimendo a chiare lettere la considerazione in cui questi è tenuto dai suoi concittadini.

La manifestazione più rilevante ha avuto luogo a New York, dove quasi 100.000 manifestanti, tra cui numerosissimi giovani, hanno occupato la Quinta Strada, dirigendosi dalla Biblioteca pubblica a Madison Square Park, agitando slogan contro la deportazione dei migranti e con una più chiara posizione in favore del popolo palestinese. Naturalmente, è immediatamente scattata la repressione da parte della polizia.

A Los Angeles, dove si è palesato il rifiuto più forte dell’espulsione dei migranti, si sono mobilitate più di 40.000 persone che hanno inveito contro Trump e lo hanno chiamato fascista, portando rovesciata la bandiera Usa ed esigendo l’allontanamento della Guardia nazionale illegalmente chiamata in causa dall’aspirante monarca. Dopo una prima fase di calma, le proteste sono state violentemente represse dalla polizia a cavallo che ha calpestato e picchiato i manifestanti con i manganelli. Si è visto un dimostrante calpestato che veniva allontanato privo di sensi.

Certamente, queste manifestazioni sono state importanti, tuttavia, non hanno ancora un carattere politico chiaro, anche perché i democratici cercano di appropriarsene, canalizzando tutto il malcontento verso la figura di Trump e le sue contraddizioni, ma non criticando con forza le scelte politiche di quest’ultimo, come l’azione dell’Ice. La forza e le pressioni del movimento operaio e dei giovani hanno condotto alla liberazione di David Huerta, presidente del Service Employees International Union (Seiu), che ha lottato e continua a lottare contro le deportazioni e per questo è stato malmenato e arrestato.

I settori più combattivi dei dimostranti di questi giorni stanno lavorando perché gli scioperi, cui hanno partecipato alcuni sindacati di Los Angeles (il Seiu 721 e United Auto Workers 4811) a favore del popolo palestinese, costituiscano la base futura di uno sciopero generale che aggreghi i diversi gruppi fornendo loro rivendicazioni politiche più chiare, tra cui lo scioglimento dell’Ice.

Questa prospettiva, legata alla volontà di dare vita a un partito del lavoro, autonomo e indipendente, è considerata oggi una necessità politica, giacché democratici e repubblicani costituiscono il partito unico di Wall Street, le cui politiche hanno peggiorato le condizioni di vita dei lavoratori, che ricevono bassi salari e pagano affitti impagabili. Prospettiva che deve essere inclusiva e in grado di attrarre tutti i militanti della sinistra anticapitalista, e che deve crescere con forza, mostrandosi capace di difendere i suoi sostenitori dalla violenza e dalla repressione scatenate in pieno accordo dalla collusa classe dirigente.

Riferimenti:

https://www.google.com/imgres?imgurl=https%3A%2F%2Fi2-prod.irishstar.com%2Farticle35394389.ece%2FALTERNATES%2Fs1200b%2F0_donaldtrumptoiletstatue.jpg&tbnid=bLy-PpGOwouAhM&vet=10CAQQxiAoAWoXChMIgOaOnof5jQMVAAAAAB0AAAAAEAc..i&imgrefurl=https%3A%2F%2Fwww.irishstar.com%2Fnews%2Fus-news%2Fgiant-statue-trump-sitting-toilet-35394382&docid=s1caHJBGfAdECM&w=1200&h=900&itg=1&q=statue%20trump%20on%20toilet&hl=it&ved=0CAQQxiAoAWoXChMIgOaOnof5jQMVAAAAAB0AAAAAEAc

 

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