Godot Quorum e la lotta di classe

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Godot Quorum e la lotta di classe



di Agata Iacono 


L'astensionismo è un fenomeno ancora da analizzare in Italia. Il quasi certo non raggiungimento del quorum al referendum non si può liquidare solo con reciproche accuse che alimentano il già gravissimo conflitto orizzontale che divide, sin dai tempi della gestione della pandemia, le classi lavoratrici, gli studenti, le famiglie.
 
Dividerci e trasformarci in tifoseria vuota, da derby di calcio, è una strategia ben studiata e riuscitissima.

In una società sempre più liquida, neoliberista, competitiva e priva di collante solidale, di lotta collettiva, abbiamo perso la capacità di analisi critica e di confronto.

Con il beneficio dei padroni che gongolano.

Abbiamo perso la lotta di classe e siamo sempre più soli e indifesi.
 
La disaffezione, anzi la diffidenza, per il voto è conseguenza del gap sempre più ampio tra cittadino e istituzioni.

Il Movimento 5 Stelle, con il suo risultato eccezionale e velocissimo, era riuscito a colmare il vuoto lasciato dalle false opposizioni del bipolarismo di facciata.

Aveva ridato fiducia al cittadino di poter contare, essere protagonista, saper decidere attraverso la democrazia diretta partecipata e i suoi temporanei "porta-voce".
 
Ma non si può giocare allo stesso tavolo accettando le regole del gioco stabilite dal nemico.

Non si può rovesciare un sistema consolidato facendosi sistema, infiltrarsi nel palazzo per fare gentilmente accomodare fuori il sistema stesso.
 
In quel periodo, Beppe Grillo diceva che avrebbero avviato una rivoluzione gentile, che il Movimento 5 Stelle avrebbe (letteralmente) "calmierato la protesta", per convogliarla in un programma, una visione, un lungo percorso di riappropriazione della politica con la P maiuscola.
 
Così non è stato.

Non è questa la sede per approfondire perché.
 
Di fatto, il governo Conte è entrato nel regime Draghi, espellendo i parlamentari che si opponevano alla fiducia e che non volevano votare a favore dell'invio di armi all'Ucraina.

E, nel frattempo, l'Italia era divisa, il lasciapassare verde creava ulteriori scissioni e conflitti, i lavoratori senza green pass venivano sospesi e senza stipendio, gli studenti non potevano frequentare, i bambini non potevano muoversi dai banchi e neppure giocare.

Non abbiamo potuto assistere i nostri anziani nelle case di riposo e in ospedale, restituiti in un sacco di plastica nero.
 
Abbiamo perso l'umanità.

E abbiamo perso la fiducia nei partiti e nei sindacati, che non ci hanno protetti.
 
È fisiologico che si sia creato un vuoto, un divario, tra cittadino e istituzioni.

E nessuno ha pensato di fare autocritica, di analizzarlo seriamente, di chiedere quantomeno scusa.
 
Sono andati avanti con operazioni di cancellazione della memoria, non hanno tentato di ricucire il conflitto ma lo hanno semplicemente rimosso.

Hanno trattato l'elettore come ormai manipolabile, debole e solo, frazionato in mille rigagnoli di piccoli soggetti politici dominati da ego ipertrofici.
 
E hanno sbagliato.
 
Il controllo e la manipolazione hanno piuttosto creato uno scudo di diffidenza e una percezione di impotenza che sarà difficile scalfire con le capriole distopiche del rovesciamento della narrazione.

Parafrasando al contrario una frase falsamente attribuita a Goebbels, se dici troppe volte una bugia qualche sospetto viene persino alla mitica casalinga di Voghera.
 
Ed è successo proprio questo, per un referendum che riguarda quattro quesiti che indubbiamente migliorano il mercato del lavoro (e sottolineo mercato, perché il lavoratore resta comunque merce).

Non avrebbero certamente scatenato la rivoluzione, ma  scalfivano leggermente l'impianto del Jobs Act e avrebbero potuto limitare il numero degli omicidi (perché tali sono) sul lavoro.
 
E invece, per fare dispetto alla moglie, il marito si è evirato.

Ma non è colpa sua.
 
La perduta credibilità dei proponenti ha fatto sì che il voto al referendum non riguardasse più nel merito i quesiti, ma il giudizio storico su una "sinistra" che ha totalmente tradito il suo ruolo storico.
 
I lavoratori non hanno votato per la propria tutela.

È gravissimo.
 
Landini o chi per lui, la sinistra di opposizione che alla manifestazione del 7 giugno ha annunciato una nuova e prolifica unione in campo largo, definendo  il referendum "un banco di prova" a chiusura dei comizi a piazza San Giovanni, si chiedano perché e dove hanno clamorosamente sbagliato.
 
Piccolo consiglio da sociologa: si facciano aiutare da uno bravo.

Agata Iacono

Agata Iacono

Sociologa e antropologa

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