I pensierini di Salvini e le letterine di Bruxelles

I pensierini di Salvini e le letterine di Bruxelles

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di Giorgio Cremaschi


Il tema Unione Europea, scomparso dal confronto elettorale delle principali forze politiche, torna subito in campo con l’annuncio di una lettera della Commissione UE che chiederebbe all’Italia di rispettare le regole del Fiscal Compact, che sono anche più rigide del 3 % di deficit massimo previsto dal Trattato di Maastricht. Di questo avrebbe dovuto parlar una seria campagna elettorale per il Parlamento UE, invece tutte le principali forze politiche si sono scontrate sulle polemiche di casa, tutte poi aggiungendo che avrebbero voluto“ andare in Europa per cambiarla”. Che voleva dire? Nulla.

Ora Salvini, dopo il successo elettorale, prevedendo la “letterina” di Bruxelles, esprime pensierini non conformisti sui vincoli di bilancio imposti dai trattati UE. Lui che nel solo bilancio ufficiale sinora stilato assieme a Di Maio, non solo non è riuscito a sforare il 3, ma si è impegnato con la UE non superare neppure il 2. Lui che ha firmato di nuovo ed ampliato le cambiali sottoscritte dai suoi predecessori, impegnandosi ad aumentare l’IVA di 50 miliardi in due anni. Lui che con i suoi alleati del fronte sovranista reazionario ha esaltato l’Europa bianca e cristiana, ma si è ben guardato dal mettere in discussione l’Europa di Maastricht. Perché i suoi alleati, felici quando chiude i porti, sono indisponibili ad aprire i cordoni della borsa per sostenere le spese pubbliche degli italiani.

I pensierini anti austerità di Salvini sono pura propaganda, la realtà è che la Lega, soprattutto quando governa le regioni del Nord, è un partito perfettamente aderente ai vincoli liberisti di Bruxelles, anzi l’autonomia differenziata che essa rivendica è proprio un modo per renderli permanenti, per dividere l’Italia tra regioni “virtuose”e ricche, compatibili con la UE , e regioni povere destinate a subire permanentemente il massacro sociale dell’austerità.

Ma se Salvini finge anche la UE recita. E non solo perché la letterina di una Commissione dimissionaria rinvia per ogni decisione a quella successiva. Ma perché dopo la devastazione della Grecia usata come cavia, e non avremo mai parole sufficienti per definire il cedimento e le complicità di Tsipras, tutta la UE e in particolare proprio le forze che la governano, hanno deciso di agire con più prudenza. Una volta riaffermati i principi di fondo delle politiche liberiste, qualche margine in più la UE se lo è dato. Anche perché sempre più forte è il conflitto della grande borghesia e del potere economico europei con la Russia e soprattutto con la Cina, mentre l’alleanza con gli USA, seppure competitiva, resta strategica in tutto il mondo, dal Venezuela, all’Africa, al Medio Oriente.

Per questo penso che vivono in un perenne inganno coloro che in questa campagna elettorale hanno davvero creduto alla contrapposizione frontale tra europeisti e sovranisti, frontalmente contrapposti sui destini dell’Europa.

Intanto il solo uso della parola Europa è già fuorviante e strumentale. L’Europa è un continente che arriva fino agli Urali, l’Unione Europea è una costruzione politica che comprende solo metà del continente e anzi è sempre più aggressiva verso il più grande stato europeo, la Russia. Ma l’uso della parola Europa al posto di Unione Europea è già una scelta politica e di campo. Esso vuole indicare una appartenenza ideologica, etnica, religiosa. Il PD vanta il patriottismo europeo al posto di quello nazionale. Ma sempre di patriottismo si tratta, cioè dell’ultimo rifugio dei mascalzoni secondo Samuel Johnson. Del resto questo patriottismo europeo è sempre tanto più guerrafondaio e aggressivo verso il mondo, quanto liberista al proprio interno: competitività, produttività, flessibilità. Naturalmente questo patriottismo si ammanta di principi liberali, ma sono gli stessi principi liberali che hanno portato nell’ottocento a fare dell’Europa la prima patria dello sfruttamento capitalistico e dell’imperialismo coloniale. Così oggi il patriottismo europeista si identifica con la cosiddetta civiltà occidentale, e il M5S ha rispolverato una parola degli anni 50 per affermare la propria collocazione euroliberale: Euroatalantismo. E infatti la NATO è sempre più avvinghiata all’Unione Europea.

Questo “patriottismo” europeista ha vinto le elezioni europee contro i cosiddetti sovranisti. Ma davvero costoro, seppure a destra, volevano una rottura della UE? Manco per sogno. Non è vero che i sovranisti volessero ristabilire i confini TRA gli stati europei, questo semmai lo ha fatto Macron. No, essi vogliono rafforzare e rendere invalicabili ai poveri I CONFINI ESTERNI della UE. I sovranisti vogliono una fortezza europea di stampo medioevale, che innalzi ovunque il vessillo Dio Patria Famiglia. Contro di essi gli europeisti hanno innalzato la bandiera della modernità: mercato, impresa, individualismo. Siamo sicuri della incompatibilità tra queste due diverse trinità?
Il potere economico nella UE si sta ristrutturando, e il patto di Aquisgrana tra Francia e Germania lancia la necessità che il potere pubblico difenda gli interessi dei “campioni europei. Guarda caso subito dopo è stata lanciata la fusione tra Renault e FCA. Non è vero che il liberismo dell’ Unione Europea sia un al laissez faire settecentesco fondato sullo stato minimo. Al contrario questo liberismo usa il potere pubblico per sostenere in ogni modo il potere economico e l’impresa. È l’Europa dei grandi monopoli.

Su questo piano c’è sempre più convergenza tra europeisti e sovranisti. Entrambi infatti quando parlano di intervento pubblico nell’economia pensano a Grandi Opere e finanziamenti alle imprese. È l’impresa che crea il lavoro, questo è lo slogan comune di europeisti e sovranisti. Avete mai sentito Salvini parlare di rilancio dello stato sociale, della scuola e della sanità e dei servizi pubblici? No l’obiettivo fondamentale della Lega è la riduzione delle tasse ai ricchi e alle aziende private, naturalmente un poco mascherato come aiuto al ceto medio. È la scuola di Reagan e Thatcher che continua e si trasforma, e ai principi di questa scuola nella UE ubbidiscono sia gli europeisti che i sovranisti. Il 9 maggio in Romania tutti i capi di governo europeo, da Tsipras a Orban, da Macron a Conte a Merkel, hanno sottoscritto un appello comune nel quale si esalta la UE, ci si impegna a rafforzarne i confini esterni e a continuare con le politiche liberiste. Sta nascendo l’EUROSOVRANISMO.

Per questo penso che lo scontro tra i pensierini di Salvini e le letterine della UE sia un altro capitolo di un teatrino politico di attori che perseguono gli stessi interessi e che alla fine troveranno un accordo. E chi vuol cambiare le cose nel nome dell’eguaglianza sociale, dei diritti del lavoro e dell’ambiente deve considerare europeismo e sovranismo, nei loro accordi e disaccordi, due facce dello stesso avversario.

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