I Servizi nazigolpisti implicati in un tentativo di golpe in Iran?

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I Servizi nazigolpisti implicati in un tentativo di golpe in Iran?

 

di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

 

Si tira qualche conclusione dopo il vertice NATO del 24-25 giugno. Stando a quanto raccontato dallo stesso nazigolpista capo Vladimir Zelenskij, il suo incontro con Donald Trump a L'Aja è cominciato con le congratulazioni del primo al secondo «per il successo dell’operazione in Medio Oriente». Non sono complimenti di maniera: per Kiev, spiega il Corriere della Sera, è molto importante che l’Iran venga indebolito il più possibile, anche perché, negli ultimi anni, il regime degli ayatollah ha fornito in continuazione armi a Mosca. A proposito del conflitto, Zelenskij proclama che «Putin non sta vincendo la guerra» e lo ha anche detto a Trump, descrivendogli «ciò che sta realmente accadendo sul campo». Siamo sicuri che gli abbia raccontato per filo e per segno: dopotutto, lo scrivono da via Solferino, specificando che gli ucraini sono tuttora convinti di poter difendere il loro territorio.

Si dovrebbe però far notare ai commentatori milanesi, che non sono tanto, o non solo, i golpisti di Kiev a proclamare tale convinzione: in una recente audizione al Senato americano, il capo del Comando USA in Europa, generale Aleksus Grinkevic, ha dichiarato di ritenere che «l'Ucraina possa vincere». In sostanza, oltreoceano si pretende che gli ucraini continuino a morire sul campo e sia perciò necessario persistere nel foraggiare Kiev: «gli ucraini hanno fatto un incredibile lavoro di difesa. Costringono i russi ad avanzare molto lentamente e con perdite enormi. Penso che dovremmo sostenerli ancora, affinché possano continuare a combattere così bene».

Il sottinteso è chiaro: mandiamo loro armi e soldi, senza inviare truppe, mentre noi, per i prossimi 3-5 anni, possiamo rimpinguare i nostri arsenali e prepararci a sostenere l'attacco che “l'aggressore russo” certamente porterà all'Europa. Così, Zelenskij chiede a Trump missili per la contraerea, ma non in regalo: «Siamo pronti a comprarli»; ca va sans dire, coi soldi elargiti dalla UE (tra i 35 e i 50 miliardi di euro) ora che appare “cosa fatta” l'innalzamento al 5% del PIL per la guerra. Anche se pare che gli USA siano un po' a corto di “Patriot”, avendone rifornito in abbondanza Israele.

In mancanza di missili, si può però sempre ricorrere ai droni. Mentre la Danimarca ha deciso di avviarne la produzione sul proprio territorio, per destinarli a Kiev, dal momento che tali impianti in Ucraina vengono rapidamente distrutti dai russi, ecco che delizia gli europei con una nuova uscita il Commissario alla Difesa, Andrius Kubilius. Dopo la predizione che “entro cinque anni, o forse prima, la Russia attaccherà sicuramente un paese europeo, o forse più di uno” (già che c'è...), ora esorta i paesi UE a realizzare «milioni di droni per respingere l'attacco russo». Esattamente come nel caso dell'attacco – macché un paese solo: molti! - anche per i droni il lituano fa le cose all'ingrosso, perché «se Vladimir Putin dovesse ordinare l'attacco a un qualsiasi paese NATO, questo si troverebbe di fronte a un esercito russo «temprato nei combattimenti», in grado di utilizzare «milioni di droni». Mosca può infatti aumentarne la produzione fino a 5 milioni all'anno; ragion per cui, per vincere lo scontro, «dobbiamo avere capacità superiori». Ora, dato che l'Ucraina, su un fronte di 1.200 km, prevede di produrre quest'anno oltre quattro milioni di droni, l'Europa non può rimanere indietro. Conti alla mano, Kubilius ricorda che la Lituania ha circa 900 km di confine con Russia e Bielorussia e allora, fatte le debite proporzioni, Vilnius deve dotarsi almeno almeno di tre milioni di droni l'anno, in attesa del «giorno X». Gli altri 26 della UE facciano anche loro i debiti calcoli.

D'altronde, si è detto, gli Yankee hanno quasi esaurito le proprie scorte per sostenere Israele nella guerra con l'Iran.

A questo proposito, con malcelata ironia, La Stampa dà conto ai propri lettori di come Trump avrebbe ora schernito l'idea iniziale di una mediazione russa tra Iran e Israele, anche perché, assicurano da Torino, «Putin non è una soluzione, rimane un problema» e schierandosi apertamente con Teheran, «il dittatore russo dovrebbe passare definitivamente con l’”asse del Male”, in compagnia di iraniani e nordcoreani, abbandonando la sua ambizione di spartirsi il mondo con Trump e Xi Jinping». Già, passerebbe con le canaglie euroasiatiche, in buona compagnia con tutti quegli “autocrati” contro cui sono in lotta perpetua le “forze del bene”, quelle cioè che proclamano il «diritto di Israele a difendersi» massacrando i palestinesi a decine di migliaia. Anche Putin si inserirebbe dunque in quel famigerato “asse del Male”, dicono da Torino: come se i ras liberal-bellicisti di Bruxelles e i giornalacci al loro servizio non inseriscano già ora Mosca in quella “congrega”.

E, per quanto riguarda le presunte infiltrazioni dei Servizi russi in Iran, di cui scrive La Stampa con riferimento a Insider, sarebbe forse il caso di appurare quali ne siano gli obiettivi reali e quali scopi perseguano invece, nella medesima area e in combutta con l'Intelligence militare sionista, i sabotatori ucraini.

Perché, a ben vedere, sul conflitto in Ucraina si sta svolgendo un repertorio di mosse e contromosse USA-UE, che rischia di confondere la reale situazione. Curioso, ad esempio, nota Komsomol'skaja Pravda, come il bellicista Friedrich Merz sia passato a dire che «il conflitto in Ucraina non può esser risolto per via militare»: non si tratta di un proclama pacifista, bensì di un ultimatum a Mosca. Come rilevava pochi giorni fa il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, Bruxelles aveva cominciato col sentenziare che la Russia “deve essere battuta sul campo”; poi erano passati a “non si può permettere alla Russia di vincere”, fino ad arrivare oggi a implorare il cessate il fuoco a qualsiasi condizione. Lo stesso sta facendo Trump, col legare Mosca a trattative che segnano il passo, mentre impone agli europei di armare Kiev. Gli USA stano ora operando infatti su due tavoli, Russia e Iran, cosa non del tutto agevole, nemmeno per loro; mentre negoziano col primo, attaccano il secondo ed essendo entrambi, Mosca e Teheran, due attori importanti sul mercato energetico mondiale, Washington non può tralasciare né l'uno né l'altro, appaltando però, al momento, le questioni operative iraniane al duo Tel Aviv-Kiev.

In ogni caso, l'occhio abbraccia in contemporanea l'intera regione, di vitale importanza per lo scacchiere meridionale russo. Infatti, sostiene il politologo Aleksandr Irkhin, se l'Iran dovesse cadere in mano occidentale (più avanti, vedremo come e perché l'eventualità non sia così remota), verrebbe a trovarsi in pericolo l'intera area del mar Nero, eventualità inammissibile per Mosca. Già ora, osserva Irkhin, l'area occidentale della regione del mar Nero è controllata dall'Occidente, come pure la grande area orientale, con Armenia e Azerbajdžan. Se l'Iran diventa filo-occidentale, l'intera regione, compresa la Crimea, cadrà «in mano occidentale come un grappolo d'uva troppo maturo nelle mani dell'Occidente». In fondo, è già oggi concreto il lavorio occidentale in Armenia e Azerbajdžan: contano sul fatto che attraverso determinate operazioni, rivoluzioni colorate, investimenti a lungo termine, piani di cooperazione con la NATO, otterranno il «controllo su regioni chiave del mondo. E la regione del mar Nero, con la Crimea, è uno di questi punti».

È indicativo, dice Irkhin, il coinvolgimento di sabotatori ucraini nel conflitto iraniano-israeliano; l'Occidente ha compreso che l'eredità di Simon Petljura (capo del direttorio antibolscevico nell'Ucraina del 1919-1920), trasmessa ai nazigolpisti moderni, è «un virus che può essere rianimato, coltivato, rinnovato. Troviamo tracce ucraine in Africa, in Iran, perché l'Ucraina è all'interno di una coalizione che vorrebbe trasformarci in fertilizzante per il loro nuovo ordine mondiale».

Dunque, per il lavorio semi-sotterraneo in Iran, in parallelo con le bombe israeliane e yankee, ecco che si ricorre ai servigi anche del GUR nazigolpista e l'osservatore Mikhail Pavliv si domanda se le mosse dei tre agenti ucraini bloccati a Isfahan non fossero legate alla preparazione di un colpo di stato in Iran. Del resto, a varie riprese Teheran ha dato notizia di arresti di agenti del Mossad, ma solo di rado ne ha specificato le nazionalità: indiani, nepalesi, tadžiki; ora, ucraini, colti a sabotare un impianto di realizzazione di droni “Shahed”.

Non è escluso, osserva Pavliv, che anche l'ultima azione (conosciuta) dei sabotatori ucraini rientri nell'opera di quella vasta rete di intelligence internazionali – una è quella detta dei “Five Eyes”: Nuova Zelanda, Canada, Australia - che stanno conducendo una guerra contro quegli stati definiti '"asse autoritario", o, come ci informa LaStampa, “asse del Male”, formato da Russia, Cina, Iran, RPDC. Reti internazionali in cui è coinvolta anche l'Ucraina, come testimonia il fatto che i suoi agenti ricorrano a quelle «tecnologie di sabotaggio (soprattutto intelligenza artificiale e droni), utilizzate da Israele contro l'Iran» e che per l'appunto vengono collaudate sia in Ucraina che in territorio russo, contro strutture militari, economiche e anche contro comuni cittadini.

Dunque, per l'azione (forse) fallita in Iran, esecutore chiave sarebbe stato il GUR (Glavnoe Upravlenie Razvedki) del Ministero della difesa golpista, con a capo Kirill Budanov. E, nel caso specifico, non è esatto dire che, in generale, sia il Mossad a condurre tali operazioni in territorio iraniano. Il Mossad è certo coinvolto in vari eventi speciali (in particolare sulla situazione politica in Iran); ma, ad esempio, la famosa operazione con i cercapersone, l'attacco ai leader di Hezbollah o, come in questo caso, gli attacchi a strutture iraniane, non si tratta del Mossad, ma di Aman, l'intelligence militare. Lo stesso, per l'attacco nazigolpista alla triade strategica russa: coinvolto non il SBU, che ha solo rilasciato dichiarazioni di copertura, ma il GUR, cioè l'intelligence militare. Qui da noi, dice Pavliv, amano menzionare, a proposito e no, il MI6, che è ovviamente coinvolto nella suddetta cooperazione operativa; ma il ruolo chiave è svolto dall'intelligence militare britannica, da cui esce anche l'ucraino TsIPSO (Centro per operazioni psicologiche-informative) che si occupa fondamentalmente di influenzare e disinformare l’opinione pubblica. Nella rete internazionale rientrano ovviamente anche l'intelligence militare francese, la Direzione per la sicurezza esterna del Ministero della difesa francese. E a proposito di servizi di intelligence americani, quando si parla di operazioni militari e di sabotaggio, «spesso non ci si riferisce alla CIA, bensì alla NSA e all'intelligence militare del Dipartimento della difesa. Insomma, tutta questa schiera di servizi di intelligence militare, sta rodando le proprie tecnologie e sviluppando strategie di sabotaggio in Ucraina, e ora le sta utilizzando nel conflitto iraniano-israeliano».

Del resto, c'erano state ammissioni semiufficiali di azioni del GUR in Siria, Mali, Zimbabwe. E ora in Iran. Il fatto è che, osserva Pavliv, stanno arrivando informazioni interessanti: “fughe di notizie” dall'intelligence di un certo stato confinante con l'Iran e da strutture legate alla tedesca BND (Bundesnachrichtendienst), secondo cui in Iran si stesse preparando un colpo di stato. Non è un caso che, proprio in questo periodo, Reza Pahlavi stesse facendo e disfacendo le valigie e nemmeno che bersaglio della stragrande maggioranza degli attacchi mirati fossero alti ufficiali delle Guardie Rivoluzionarie.

C'è stata (e forse non è finita) una cospirazione all'interno del IRGC e l'attacco all'ala conservatrice dell'establishment iraniano, d'ostacolo ai cosiddetti "riformatori", avrebbe visto l'intervento di alti ufficiali della stessa IRGC, ma di un'ala diversa. Si dice che sui corpi delle vittime non fossero visibili ferite particolari da attacchi missilistici o aerei, bensì da armi da fuoco: cioè, omicidi su commissione.

In generale, sostiene Pavliv, «traiamo la seguente conclusione: c'è stato un tentativo di colpo di stato, ed è stato represso». Tanto più che lo stesso 13 giugno anche quattro alti ufficiali dell'intelligence militare israeliana sarebbero stati eliminati, o sono scomparsi, e non è chiaro se e come fossero collegati al IRGC o all'Iran. Sono sicuro, dice l'analista, che in tutto il gioco un ruolo chiave sia svolto dall'intelligence britannica, insieme ai Servizi militari sionisti (Aman) e nella rete fosse presente anche Kiev, quantomeno coi sabotatori arrestati.

In sostanza, parrebbe che ora Teheran stia completando il lavoro iniziato, con l'arresto dei cosiddetti "agenti del Mossad" (gli iraniani li chiameranno tutti, indistintamente, agenti del Mossad), compresi i tre ucraini, pur se il summenzionato TsIPSO si è affrettato a dichiarare che «Vengono diffuse tali e talaltre notizie: è solo propaganda nemica; non è vero nulla; non c'erano ucraini» in Iran.

Vien da pensare che sia il caso di chiedere delucidazioni a Torino: pare che siano molto addentro alle questioni del demoniaco “asse del Male”.

 

https://politnavigator.news/evrokomissar-kubilyus-dlya-pobedy-nad-rossiejj-nuzhny-milliony-dronov-i-uchitsya-u-ukraincev.html

https://www.lastampa.it/esteri/2025/06/26/news/iran_ucraina_zelensky_nato-15206846/?ref=LSHA-BH-P2-S1-T1

https://www.kp.ru/daily/27717/5105871/?utm_campaign=novyy_vypusk_25.06.2025_23_43_16&utm_medium=email&utm_source=Sendsay

https://politnavigator.news/esli-iran-padjot-ves-chernomorskijj-region-lyazhet-v-ruki-zapada-irkhin.html

https://ukraina.ru/20250625/kiev-gotovil-perevorot-v-irane--1064262288.html

 

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