La disattenzione del Governo Meloni verso la Pubblica amministrazione

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La disattenzione del Governo Meloni verso la Pubblica amministrazione

 

di Federico Giusti

Se non fosse stato per il PNRR, i margini di crescita del PIL nazionale sarebbero assai più contenuti di quelli, per altro non esaltanti, certificati. Lo spazio riservato alla Pubblica Amministrazione è veramente ridotto, poche righe all'interno di una valutazione complessiva approssimativa frutto di una diffusa miopia che porta il Governo a non analizzare quanto avviene oggi nella sua macchina amministrativa.

Dovremmo aprire una seria valutazione sul completamento della riforma della Pubblica Amministrazione di cui si parla ma con scarso costrutto visti i ritardi sui processi di digitalizzazione, il reclutamento ancora in alto mare, il mancato sviluppo dei servizi pubblici, quelle assunzioni ancorate ai tetti di spesa che limitano fortemente i nuovi ingressi.

E sono proprio i tetti di spesa a rappresentare una ferita aperta o se preferiamo il cavallo di Troia che rende impossibile il rilancio della Pubblica amministrazione, del Servizio Sanitario Nazionale o di percorsi atti a riqualificare il territorio combattendo le fin troppo numerose nocività.

Quando il Governo attesta il miglioramento della capacità amministrativa  possiamo concordare con questa asserzione? Francamente no, se prendiamo in esame gli esclusi dal SSN per lunghe liste di attesa, per impossibilità a pagare i ticket, se andiamo a quantificare gli autoctoni in visita ai musei o titolari di un abbonamento a teatro. Siamo il paese che legge meno in Europa, va poco a teatro e al cinema, spende poco se non nelle classi elevate per formazione e cultura e queste scelte. dettate anche e soprattutto da ragioni economiche, influenzano anche i processi di ammodernamento della PA:

Passi in avanti negli ultimi anni ci sono stati ma la PA italiana è ancora indietro al cospetto di tanti paesi UE.

Siamo convinti che tra i grandi limiti sia da annoverare la performance che invece era ritenuta in valore aggiunto, potremmo anche esigere una analisi tra costi e benefici dei numeri chiusi per l'accesso ad alcune facoltà universitarie o pretendere spiegazioni sul mancato rinnovo di incarichi universitari per corsi di laurea e insegnamenti vari, inclusi quelli richiesti dal Dio Mercato.

Si parla di potenziamento delle attività di formazione, con
l’erogazione sulla piattaforma Syllabus di oltre 1 milione di iniziative in favore dei dipendenti delle amministrazioni centrali e locali; eppure in tanti Enti il numero dei frequentanti è non solo decisamente basso ma assai inferiore alle attese. Un ragionamento a parte meriterebbe la formazione acquisita in ambito pubblico e poi spesa a beneficio del privato come avviene in ambito sanitario con una fuga verso il privato causata dai bassi stipendi del Pubblico e dalle scarse opportunità di carriera (ma anche di percorsi di studio e di ricerca da affiancare alle attività lavorative)

Scopriamo che sarebbe in corso di discussione parlamentare il disegno di legge135 sulla mobilità verticale (da realizzare entro fine 2026), se il riferimento va alle opportunità di carriera offerte al personale degli enti locali dovremmo guardare ai criteri e ai meccanismi selettivi, ai percorsi attuati che hanno creato molte, troppe, polemiche e malcontenti

Non ci sembra poi una gran conquista la quota del 30 per cento delle posizioni dirigenziali di II fascia che potrà essere assegnata, attraverso un incarico a tempo determinato, tramite un processo di selezione
interna rivolto a funzionari con almeno cinque anni di servizio e ai quadri
con due anni di esperienza; il numero dei precari non è stato abbattuto con la scoperta che la precarietà riguarda ora anche i ruoli apicali.

Aspettiamo allora l'imminente uscita della Legge di Bilancio, poi torneremo sull'argomento con maggiori elementi di critica.

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