La guerra in Ucraina appesa a questo dilemma delle elites Usa

La guerra in Ucraina appesa a questo dilemma delle elites Usa

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Una guerra sorda si sta consumando tra le élite americane sulle priorità della politica estera. E da essa dipende il destino della guerra ucraina. Ne scrive Alastair Crooke in un articolo ripreso dal Ron Paul Institute nel quale spiega che i circoli americani sono divisi: da una parte i neocon più ossessionati dalla Russia, dall’altra i falchi che spingono per un contrasto più aperto con la Cina.

Il pallone spia-meteo della Cina abbattuto in questi giorni ha fatto segnare un punto a quest’ultima “potente fazione”, letteralmente “estasiata” per l’accaduto perché, “in un istante, ha elevato la Cina a ‘minaccia principale’. È stata l’occasione per questi falchi di ‘riorientare’ la politica estera [Usa] da Ucraina e Russia, per concentrarla completamente sulla Cina”.

“Essi sostengono che l’Ucraina stava ‘consumando’ eccessivamente gli arsenali di armi americane, lasciando l’America vulnerabile; già, perché ci vorranno anni perché gli Stati Uniti compensino questa perdita di equipaggiamento ripristinando le linee di produzione di armi. E non c’è ‘tempo da perdere’. Il ‘recinto di deterrenza’ militare intorno alla Cina deve essere alzato al più presto”.

“Naturalmente, la ristretta cerchia neo-con attorno a Biden – alcuni dei quali hanno investito per decenni nel progetto ‘Destroy Russia‘ – non è pronta a ‘lasciare andare’ il progetto Ucraina, per la Cina”, così stanno cercando in tutti i modi di rilanciare il conflitto ucraino.

Tuttavia, prosegue Crooke, “la ‘bolla’ narrativa ucraina è stata perforata e da tempo perde elio. La Beltway – e persino la narrativa mainstream – è passata da ‘la Russia che perde’ a dire che ‘la sconfitta dell’Ucraina è inevitabile’. In effetti, Kiev è sconfitta, ed è appesa al più sottile dei fili”.

Il consigliere di Zelensky e l’abbandono dell’Occidente

A tale proposito il cronista cita una recente intervista del Consigliere di Zelensky Oleksiy Arestovich, ora caduto in disgrazia, ma che andava per la maggiore all’inizio del conflitto.

Così Arestovich: “Se tutti pensano che abbiamo la garanzia di vincere questa guerra, allora ciò diventa molto improbabile. Dal 14 gennaio non è più così. Cosa ne pensi, della valutazione del presidente della Polonia, Duda, il quale ha detto che questi sono mesi decisivi, aggiungendo che “non sappiamo se l’Ucraina sopravviverà?”.

“La guerra potrebbe non finire come si aspettano gli ucraini e, di conseguenza, l’Ucraina potrebbe non vedersi restituita tutti i suoi territori; e l’Occidente è pronto per uno scenario del genere”.

“[…] La società [ucraina] non è pronta per un simile risultato. Ho deciso di dirlo anche se è l’aspettativa dei russi. Ma la cosa più spiacevole è che in Occidente la pensano allo stesso modo e noi dipendiamo totalmente da loro. Cosa dovrebbe fare l’Occidente? Lo scenario delle due Coree, creare la Corea del Sud con garanzie”, ha concluso Arestovich, aggiungendo che con tale opzione l’Ucraina può ottenere diversi benefici.

Indicativo, in tal senso, il fatto che si stia pensando alla ricostruzione del Paese, come da articolo del New York Times dal titolo: “Il cantiere più grande del mondo”: è iniziata la corsa per ricostruire l’Ucraina”. E non si ricostruisce con una guerra in corso…

A tale proposito Crooke cita anche la visita segreta di William Burns a Kiev di gennaio, nella quale il Capo della Cia ha detto a Zelensky di prepararsi a un disimpegno Usa. Ciò perché, a quanto pare, l’amministrazione Biden ha iniziato a pensare in questa prospettiva, come riferisce un recente articolo del Washington Post che abbiamo riportato in una nota pregressa e come spiega un articolo di Responsible Statecraft.

Il rilancio della guerra ucraina non porterà alla vittoria

Ma c’è uno scontro in corso, appunto, su tale ipotesi, e c’è la possibilità che i circoli che stanno cercando un maggiore coinvolgimento Usa nel conflitto ucraino possano riuscire a rilanciare.

Tuttavia, secondo Crooke, “il rilancio non porterà la sperata ‘vittoria’, perché la sua logica si basa su un’analisi profondamente errata”. Infatti, la guerra non è andata e non andrà come vogliono loro, spiega.

A tale proposito va analizzato come è iniziata questa guerra. A raccontarla, al netto della retorica, è sempre Arestovich: i russi “hanno cercato di fare una guerra intelligente… un’operazione speciale elegante, appariscente, fulminea, nella quale persone educate, senza causare danni né a un gattino né a un bambino, avrebbero eliminato quei pochi che avrebbero provato a resistere. Non volevano uccidere nessuno: sarebbe bastato firmare la rinuncia” alla Nato.

Tale strategia “non ha funzionato”, scrive Crooke, dal momento che non si è aperta nessuna trattativa. Ma si è trattato di “un errore di calcolo politico da parte di Mosca, non un fallimento militare”, aggiunge.

Ciò, però ha portato la Nato a enfatizzare il successo e a parlare di una Russia “debole sul piano militare, arretrata e in difficoltà. Questa lettura errata è stata alla base della modalità con cui la NATO ha immaginato il modo con cui la Russia avrebbe proseguito la guerra”.

“Era del tutto errato. La Russia è forte e ha il predominio militare. Sulla base della presunzione di debolezza, tuttavia, la NATO ha cambiato i piani: dalla pianificata guerriglia a una guerra convenzionale lungo le ‘linee di difesa di Zelensky’, aprendo così la strada al dominio dell’artiglieria russa che hanno attirato le forze ucraine in trappola per portarle fino al punto dell’entropia. È un errore che non può essere corretto. Provarci può portare alla terza guerra mondiale“.

Il pallone Nato è scoppiato

“Allora, come va a finire tutto questo?”, si chiede. “Bene, la lotta è iniziata – a Washington. I falchi anti-Cina cercheranno di riportare tutta l’attenzione degli Stati Uniti” su Pechino, gli altri proveranno a resistere.

“Tuttavia, la realtà è che il ‘palloncino’ ucraino è scoppiato. Lo sanno gli ambienti militari e civili di Washington. L”elefante nella stanza’ dell’inevitabile successo russo è ormai riconosciuto da tutti (sebbene, si ha l’obbligo di evitare di apparire “disfattisti”[…]). Sanno anche che il ‘pallone’ della NATO (come ‘forza formidabile’) è scoppiato. Sanno che è scoppiato anche il pallone della capacità industriale occidentale di fabbricare armi – in quantità sufficiente e per una guerra di lunga durata”.

Incombe il rischio di una figuraccia in stile ritirata dall’Afghanistan, scrive. “Più a lungo dura la guerra, più c’è il rischio di procurare gravi danni all’immagine degli Stati Uniti. Questi circoli non lo vogliono. Forse concluderanno che Biden non è l’uomo adatto a condurre gli Stati Uniti fuori da questo vicolo cieco, che lui è parte del problema e non la soluzione”.

Da cui, secondo Crooke, la spinta a estrometterlo (ma sul punto specifico potrebbero esserci altre e opposte spiegazioni, cioè che Biden sta cercando di chiudere questa guerra e la spinta di cui sopra è generata da quanti vogliono proseguirla…).

La resistenza di Zelensky 

Di certo, però, rischia anche Zelensky, che fa resistenza. Lo dice il fatto che il ministro della Difesa Oleksii Reznikov ha dichiarato che il presidente lo vuole ancora al suo posto. Infatti, in altra nota avevamo scritto che la sua estromissione tramite dimissioni “volontarie”, più che una conseguenza di uno scandalo, che pure era scoppiato, discendeva dalla spinta Usa a chiudere la guerra.

Non fidandosi più dell’attuale gestore della Difesa, gli Usa avevano scelto un successore fidato (e probabilmente legato a Burns), commissariando di fatto Zelensky (vedi Piccolenote).

Ma il presidente ucraino, che subito dopo il commissariamento ha cercato la sponda britannica, il Paese più ingaggiato in questa guerra, non cede. Così rischia di fare la fine del presidente del Vietnam del Sud Ngo ?ình Diem, destituito e ucciso dopo un golpe favorito suoi stessi sponsor (gli Stati Uniti) perché ritenuto ormai inaffidabile.

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