Macron in Cina: tra deficit commerciale, guerra in Ucraina e rivalità globale

Il presidente francese cerca a Pechino un riequilibrio economico e un ruolo di mediazione sulla crisi ucraina

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Macron in Cina: tra deficit commerciale, guerra in Ucraina e rivalità globale

 Il presidente francese Emmanuel Macron è atterrato a Pechino per una visita di Stato di tre giorni destinata a rafforzare i legami bilaterali con la Cina, in un momento cruciale per la geopolitica globale. Accompagnato dalla moglie Brigitte e da una nutrita delegazione governativa e imprenditoriale - tra cui sei ministri e 35 rappresentanti di colossi come Airbus, EDF e Danone - Macron affronta un’agenda densa, che spazia dal commercio alla sicurezza internazionale, con il conflitto in Ucraina al centro delle discussioni.

La visita, la quarta di Macron in Cina e risposta simbolica alla storica visita di Xi Jinping in Francia nel 2024, si inserisce in un contesto di profondi riallineamenti mondiali. L’Eliseo ha definito l’incontro “strategico”, ben oltre la semplice dimensione commerciale: sul tavolo ci sono la ricostruzione dell’ordine internazionale, la questione taiwanese, le tensioni con il Giappone e, soprattutto, il ruolo della Cina nella crisi ucraina.

Parigi chiede esplicitamente a Pechino di “esercitare pressione” su Mosca affinché accetti un cessate il fuoco, in linea con la volontà francese di rilanciare il proprio ruolo di mediatore internazionale. L’appello arriva pochi giorni dopo l’incontro a Parigi con il presidente ucraino Zelensky, durante il quale Macron ha ribadito il sostegno all’Ucraina, pur sottolineando la necessità di evitare un’escalation globale. Da parte cinese, Pechino ribadisce la sua posizione di principio: “Il dialogo e la negoziazione sono l’unica via percorribile”, ha ricordato nei giorni scorsi la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning.

Tuttavia, le differenze di approccio rimangono evidenti. Come ha osservato Cui Hongjian, direttore del Centro per gli Studi sull’Unione Europea dell’Università degli Studi Esteri di Pechino, Europa e Cina vedono la questione ucraina in modo radicalmente diverso. “Se l’Europa continua a basarsi su una visione unilaterale o a cercare di esercitare pressioni, il risultato sarà controproducente”, ha ammonito. La Cina insiste sul rispetto della sovranità e sul rifiuto di ingerenze, sottolineando che il rapporto con la Russia è una relazione bilaterale normale tra Stati sovrani, non un’alleanza ideologica.

Parallelamente, la dimensione economica della visita non è da meno. Il deficit commerciale tra Cina e Francia - balzato a 47 miliardi di euro nel 2024, il doppio rispetto a dieci anni fa - preoccupa Parigi, che accusa Pechino di sfruttare la propria “eccessiva capacità industriale” per inondare i mercati esteri, con potenziali “rischi geopolitici”. Macron punta a riequilibrare i rapporti commerciali, non con barriere protezionistiche, bensì con più investimenti cinesi in settori strategici come la mobilità sostenibile, le batterie e l’energia fotovoltaica. Si prevede la firma di diversi accordi nei settori dell’energia, dell’agroalimentare e dell’aviazione.

La visita avviene anche in vista della presidenza francese del G7 nel 2026, un ruolo che Macron intende sfruttare per promuovere una visione multilaterale basata su cooperazione e equilibrio. “Sono convinto che insieme possiamo realizzare cambiamenti”, ha scritto il presidente su X al suo arrivo. E proprio questa idea di “autonomia strategica” - eredità della visione gollista - è invocata da Nathalie de Gaulle, pronipote del generale, che ha espresso la speranza che Parigi e Pechino tornino a incarnare “una grande partnership basata sull’amicizia e la lungimiranza”.

Intanto, l’atteggiamento francese fa da apripista per tutta l’Europa. I governanti di Germania e Regno Unito hanno già annunciato l’intenzione di recarsi in Cina nei prossimi mesi. Se la missione di Macron produrrà risultati concreti, potrebbe diventare un modello per le capitali europee ancora in bilico tra allineamento transatlantico e ricerca di relazioni più autonome con Pechino.

Ma, come ricorda Cui Hongjian, ogni svolta richiede “volontà politica” e la capacità di resistere alle pressioni interne all’Unione. 

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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