Trump e il "corollario Monroe"
di Diego Angelo Bertozzi
Il National Security Strategy of the United States of America da una parte ribadisce come la dottrina Monroe (1823) sia considerata pietra miliare della diplomazia statunitense in quanto riadattabile in base alle condizioni storiche, dall'altra la si afferma in concomitanza di una postura nazionalista e isolazionista, poco incline all'irretimento in alleanze e impegni.
La dura realtà
In Europa il documento National Security Strategy of the United States of America, varato a novembre 2025 dall'amministrazione Trump, viene valutato soprattutto in funzione delle conseguenze dei prossimi rapporti con l'Unione Europa. Da una parte non può che essere così, visto che proprio a causa del supino rapporto con Washington, Bruxelles, pur trovandosi di fronte alla sconfitta sul campo ucraino, è ancora in preda ai giovanili furori bellici e alla narrazione fantasmagorica di una vittoria su Mosca. Ma in mezzo ai tanti deliri del documento trumpiano – molti dei quali rivolti più all'interno – l'Ue dovrebbe invece concentrarsi su altro e prendere coscienza di quanto vi è contenuto di razionale: la presa di coscienza che i rapporti a livello internazionale sono cambiati e che la comprensione della propria marginalità potrebbe essere seguita da una politica estera più dialogante – con Pechino in primis - che verbalmente bellicosa. A una classe dirigente non si chiede altro che una presa di consapevolezza del dato di realtà. Anche perché prima o poi quest'ultima si farà sentire tanto più dolorosamente quanto più è stata ignorata.
Due passi nella storia
Fatta questa premessa, conviene concentrarsi su di altro, vale a dire il richiamo diretto, formale e sostanziale da parte dell'amministrazione in carica alla Dottrina Monroe, con l'introduzione di un nuovo “corollario”. Nulla di nuovo per quanto riguarda una dichiarazione di politica estera pronunciata nel 1823 in riferimento all'America Latina[1] e arricchita, appunto, nei decenni e secoli successivi da nuovi pronunciamenti e interpretazioni. Il “corollario Trump” segue, quindi, a quelli legati ad altre presidenze; su tutti quello di T. Roosevelt del 1904 in base al quale gli Usa si riservavano il diritto di intervenire militarmente – e lo fecero in diverse occasioni – se necessario in tutto l'Emisfero occidentale. Anche allora l'attenzione – come oggi – era rivolta al Venezuela che, per questioni di debito, era stato vittima di un blocco navale da parte delle potenze europee creditrici. Nella sostanza la nazione più civilizzata e ordinata dell'emisfero (gli Usa) si riservava il diritto di intervento per ristabilire l'ordine, vale a dire quell'ordine ritenuto in armonia con i propri interessi. Un'iper-estesione della propria sovranità che con Bush jr sarebbe giunta a coprire l'intero globo grazie a una interpretazione planetaria della Dottrina.
Una specie di destino manifesto ben sottolineato da un editoriale del New York Times che nel 1923, in occasione del centenario, riportava: “Nessuno immagina che sarà mai abbandonata, anche se potrà essere di volta in volta reinterpretata. […] Nel 1823 gli Stati Uniti erano relativamente deboli, con un futuro problematico davanti. Ora questa nazione è alla guida del mondo, almeno potenzialmente, e tutti cercano il suo sostegno. Per l'America non è più necessario cercare alleanze per cautelarsi militarmente. Possiamo affermare e ribadire la Dottrina Monroe a nostro piacimento”[2].
Un bicentenario ritardato
Conviene soffermarsi su questa citazione per due aspetti: da una parte viene ribadito come la dottrina del 1823 sia considerata pietra miliare della diplomazia statunitense in quanto riadattabile in base alle condizioni storiche, dall'altra la si afferma in concomitanza di una postura nazionalista e isolazionista, poco incline all'irretimento in alleanze e impegni. Pur in ritardo di due anni, l'amministrazione Trump ne celebra il bicentenario sulla scia di questa interpretazione: il suo corollario è, infatti, l'abito adatto a una potenza militare che si trova di fronte a sfide serie alla sua storica egemonia e che, proprio per questo, deve agire libera da impegni prederterminati.
Arriviamo al testo di questi giorni nel quale il riferimento è esplicito: “Vogliamo garantire che l'emisfero occidentale rimanga ragionevolmente stabile e sufficientemente ben governato da prevenire e scoraggiare la migrazione di massa verso gli Stati Uniti; vogliamo un emisfero i cui governi cooperino con noi contro narcoterroristi, cartelli e altre organizzazioni criminali transnazionali; vogliamo un emisfero che rimanga libero da incursioni straniere ostili
o dalla proprietà di risorse chiave, e che supporti catene di approvvigionamento essenziali; e vogliamo garantire il nostro continuo accesso a posizioni strategiche chiave. In altre parole, affermeremo e applicheremo un Corollario Trump alla Dottrina Monroe”.
Ovviamente l'introduzione di un nuovo corollario non è più giustificata in primis dalla possibile interferenze di potenze straniere, ma dalla mancata collaborazione dei governi nelle principali emergenze individuate nel narcotraffico e nelle migrazioni di massa. Tuttavia, se proseguiamo nella lettura del documento, quasi a sottolineare come le due emergenze sopra indicate siano in gran parte rivolte a esigenze di consenso interno, vediamo che la tendenza interventista e di regime change, per quanto meno marcata, rimanga, consentendo un ampio ventaglio interpretativo del corollario stesso.
Gli obiettivi vengono riassunto sotto l'espressione “Arruale ed Espandere”, vale a dire stringere legami stretti con gli “amici consolidati” e allacciare rapporti con nuovi governi “rafforzando al contempo l'attrattiva della nostra nazione come partner economico e di sicurezza di riferimento dell'emisfero”. Tale rinnovata offensiva di soft power prevede ricompense e incoraggiamenti a “governi, partiti politici e movimenti della regione ampiamente allineati con i nostri principi e la nostra strategia” (senza comunque trascurare quelli guidati da movimenti non così affini). Certo è che il convitato di pietra in queste riflessioni è la Cina popolare, con la sua ramificata rete di collaborazione economica. La presa d'atto di tale ormai consolidata presenza rappresenta certo il riconoscimento di un processo per molti aspetti irreversibile, tuttavia leggiamo che “i termini delle nostre alleanze, e le condizioni in base alle quali forniamo qualsiasi tipo di aiuto, devono essere subordinati all'eliminazione dell'influenza esterna avversaria, dal controllo di installazioni militari, porti e infrastrutture chiave all'acquisto di asset strategici in senso lato”. A questo fine, mentre si spinge per compiere ogni sforzo per estromettere aziende straniere impegnate a costruire infrastrutture nella regione, si invita ogni funzionario a “essere aggiornato sul quadro completo delle influenze esterne dannose, esercitando al contempo pressione e offrendo incentivi ai paesi partner per proteggere il nostro emisfero”.
Concludendo possiamo il motto Arruolare ed Espandere non prevede esplicitamente alcun tipo di intervento militare diretto per sovvertire un governo non amico, tuttavia – ed è il caso del Venezuela socialista – la priorità data alla lotta contro i cartelli del narcotraffico, lascia ampio spazio intepretativo, tanto da non escludere proprio operazioni volte a cambio di regime.
[1] Il messaggio di James Monroe intendeva ribadire che il giovane ordinamento repubblicano statunitense avrebbe considerato un’offesa alla sua sicurezza e alla sua stabilità che l’Europa – leggasi la Santa Alleanza con a capo la Spagna - interferisse nell’emisfero occidentale o intendesse colonizzare in esso nuovi territori.
[2] Per l'articolo si rimanda a Mariano M., L'America nell' “Occidente”, Carocci, Roma, 2013, p. 169.

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