Venezuela, chi è il legittimo presidente per la Costituzione. Articolo per articolo

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di Clara Statello


Nella polemica che ha coinvolto l'Italia sul riconoscimento di Guaidò come Presidente del Venezuela, sono intervenuti alcuni "eminenti costituzionalisti" del rango del viceministro Salvini e dell'Ammiraglio Giuseppe de Giorgi, già comandante Unifil in Libano, nominato Capo di Stato Maggiore dal governo di Mario Monti. Secondo questi improvvisati esperti, l'autoproclamazione di Guaidò troverebbe fondamento nell'articolo 233 della carta costituzionale, eventualità che declasserebbe il colpo di stato in corso a "crisi politica nazionale".


La comunità internazionale avrebbe diritto di intervenire per ripristinare l'ordinamento democratico nella repubblica bolivariana. In una parola, farla finita con un modello socialista che, grazie alle le nazionalizzazioni, ha sottratto alle multinazionali i ricchi giacimenti di petrolio e oro del paese e che ha creato un'area economica – l'ALBA -  indipendente dall'influenza degli USA sul continente.
 

Poiché esternare le proprie idee sulla costituzione venezuelana sembra essere diventato lo sport nazionale, noi non ci esimeremo dal dire la nostra. Ma, a differenza degli altri, lo faremo con la Costituzione della Repubblica Bolivariana in mano.


Partiamo dall'abc: il Venezuela è una repubblica presidenziale. Il presidente, è direttamente eletto dal popolo, non dall' Assemblea Nazionale, quindi non può essere sfiduciato dal parlamento, come avviene in Italia.


E' il popolo che gli consegna direttamente il potere di governare, con l'esercizio del suffraggio universale, e nel popolo questo potere trova fondamento e legittimità. Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e dell'Esecutivo (art.225), è il garante dell'indipendenza dello stato, dell'integrità del territorio e della sovranità della Repubblica e lo stato d'eccezione non deroga le sue funzioni (art. 232) che sono relative all'adempimento della Costituzione, alla direzione dell'attività del Governo, delle relazioni internazionali, al comando supremo forze armate, etc (art. 236). Queste funzioni non possono essere assunte da un altro organo.


Nel Venezuela vige una stretta separazione dei poteri. Il potere non è distrubuito in tre organi, come nella maggioranza degli stati, ma in cinque. Alla tradizionale triade di potere giudiziario, legislativo ed esecutivo, si aggiunge il potere elettorale e il potere cittadino. Se uno di questi poteri tenta di interferire nelle funzioni di competenza di un altro potere, incorre nel crimine di usurpazione o abuso. Viola il principio di separazione su cui regge la legittimità democratica. Spetta alla Corte Suprema di Giustizia risolvere i contenziosi di competenza tra gli organi dello stato, vigilare sulla costituzionalità degli atti. Altresì compete la funzione interpretativa degli atti, di cui può dichiarare la nullità parziale o totale, in caso di violazione delle norme costituzionali o di incompetenza dell'organo che li ha emessi. Solo la Corte Suprema di Giustizia (TSJ)  ha la facoltà di sottoporre a precedimento giudiziario il Capo dello Stato, il Vice presidente, l'Assemblea Nazionale, gli organismi militari, amministrativi e civili, nel caso in cui incorrano in violazioni (art.266).


L'AN quindi, come tutti gli altri poteri dello stato, è sottoposta al controllo costituzionale e alla vigilanza giuridica del TSJ . Diversamente da quanto afferma la pluralista e libera stampa internazionale, non sono né l'OEA, né il Gruppo Lima, né le ONG,
né gli Usa o la UE a poter vigilare sugli atti dell' AN, stabilirne la validità,  né a poter dirimere un eventuale conflitto istituzionale.
 


 

Con quali motivazioni si giustifica il riconoscimento di Guaidò?

 

L'Assemblea Nazionale non riconosce l'insediamento di Maduro, avvenuto il 10 gennaio, poiché  ha giurato come presidente non davanti al parlamento, secondo quanto recita l'art. 231, ma davanti al TSJ. Ciò determinerebbe, secondo l'AN, un vuoto di potere, a cui andrebbe applicato l'art. 233 che designerebbe il Presidente del parlamento come presidente temporaneo in attesa delle elezioni.

Quindi non ci sarebbe in atto nessun colpo di stato, nessuna ingerenza esterna, ma  sarebbe la stessa costituzione a disciplinare questa fattispecie. Solo una crisi politica tra parlamento e esecutivo. Una situazione confusionaria a cui si dovrebbe porre fine con una transizione, o con le buone (il dialogo e l'intermediazione) o con le cattive (la guerra).


 

Ma è davvero così? Cosa prevede l'articolo 233 della Costituzione Bolivariana?

 

L'art. 233 non riconosce nessuna situazione di "vuoto politico", ma disciplina 5 condizioni tassative di impedimento permanente:

1)      la morte o rinuncia del Capo dello Stato;

2)      la sopraggiunta incapacità fisica o mentale, dichiarata dal TSJ;

3)      la destituzione decretata con sentenza del TSJ;

4)      l'abbandono dell'incarico dichiarato dall'AN;

5)       volontà popolare attraverso referendum revocatorio.

 

L'AN può dichiarare la condizioni di abbandono al punto 4, previo il verificarsi dell'impedimento temporaneo (art. 234) che dura 90 giorni e che prevede la sostituzione del Presidente della Repubblica con il vice dell'esecutivo. Dopo i 90 giorni dal perdurare dell'impedimento temporaneo, l'AN potrà decidere a maggioranza dei suoi componenti, di dichiarare l'impedimento permanente.

Si vede facilmente che nessuna di queste condizioni sussiste. Su quale norma costituzionale dovrebbe poggiare la pretesa di Guaidò? Sul nulla.


 

E' legittimo l'insediamento di Nicolas Maduro come Presidente?
 

Nicolas Maduro ha  prestato giuramento il 10 gennaio 2019, davanti al TSJ. E' lo stesso art. 231 che fonda la costituzionalità di questo atto. E' previsto, infatti, che in caso di impossibilità a prestare giuramento dinnanzi al parlamento, la competenza spetta alla Corte Suprema.

Maduro era nell'impossibilità giuridica di giurare dinnanzi all'Assemblea Nazionale, in quanto la stessa si trova da tempo in una situazione di irregolarità,  per aver rifiutato di eseguire una sentenza di sospensione per  frode elettorale aggravata, relativa a tre membri del parlamento, disposta dal TSJ. L'AN quindi, secondo l'ordinamento giuridico venezuelano, è composta da alcuni membri privi dello stato di parlamentare, per cui ogni suo atto è viziato di nullità e la sua condizione è irregolare, fuori dalla legalità.

Dinnanzi ad una sentenza del TSJ che dichiara l'AN "en destacado", cioè in uno stato di trasgressione, la costituzione prevede che il giuramento avvenga dinnanzi all'organo che rappresenta il potere giuridico. Quindi il giuramento dinnanzi al TSJ è un atto regolare e coerente con il dettato costituzionale, con cui il Presidente della Repubblica prende possesso delle sue facoltà. Il suo disconoscimento non solo è infondato, ma è anche anticostituzionale.

 

Ma ammettiamo per assurdo di trovarci in una situazione di impedimento permanente. A chi spetterebbe di sostituire Maduro?


Se si dovesse verificare una condizione di impedimento permanente dopo l'insediamento del presidente – insediamento che è avvenuto in seno alle istituzioni e dinnanzi a innumerevoli capi di stato stranieri -  l'articolo 233 prevede che il presidente debba essere sostituito dal vice presidente dell'esecutivo e che debbano essere indette elezioni da svolgersi entro 30 giorni. Questa situazione è già avvenuta quando morì Chavez. Il Potere Elettorale non ha indetto nessuna elezione, dimostrando la non sussistenza di alcuna condizione di impedimento.
 

L'autoproclamazione di Guaidò, avvenuta per strada, non dinnanzi agli organi competenti come prevede la Costituzione, e le pretese dell'AN sono del tutto prive di fondamento. Così come gli atti dell'AN sono privi di forza di legge, finché non uscirà dalla situazione di regolarità stabilita dal TSJ.
 

Non è un atto giuridico, ma la simulazione di un atto giuridico, volta a creare confusione politica e legittimare un regime change, anche con l'ingerenza esterna e il ricorso alle armi. La stampa italiana, nella sua totalità, tende a trascurare questi aspetti tutt'altro che irrilevanti, fornendo unicamente le ragioni dell'opposizione, senza presentare la problematica nella sua complessità o punti di vista alternativi.
 

Juan Guaidò ha agito su mandato di Mike Pence, il vice presidente degli USA, non del popolo venezuelano. Pence, infatti, aveva comunicato il suo appoggio a Guaidò con un video diffuso sulle reti sociali il 22 gennaio, il giorno prima dell'autoproclamazione. IE' successivamente intervenuto più volte, assieme a John Bolton, per chiedere la fine di un governo sovrano, legittimato dal popolo venezuelano, e minacciare il Presidente Maduro di essere deportato a Guantanamo, la famigerata base militare degli USA, in cui i detenuti vengono torturati in sfregio alle convenzioni internazionali e dei diritti umani.  Un contegno di inaccettabile ingerenza, violazione del diritto internazionale, che tanto ricorda la diplomazia della pistola alla tempia di Donald Rumsfeld, usata dagli Usa contro l'Iraq.


Il conflitto istituzionale usato come testa di ponte per un cambio di governo, ha un precendente storico: il Cile di Salvador Allende. Il colpo di stato militare venne preceduto da una situazione di conflittualità  tra i poteri, provocata da un parlamento a maggioranza di centrodestra. L'asse parlamentare Udi – Democrazia Cristiana bloccava le leggi, rendeva inefficaci le riforme socialiste, arrivando al punto di disconoscere gli stessi ministri del governo Allende. Il malcontento sociale, generato da questa situazione politica di ingovernabilità, venne acuito dalla guerra economica, con l'abbassamento artificioso del prezzo del rame imposto dall'estero,  il desabastecimiento, cioè l'occultamento dei generi alimentari e di prima necessità, che venivano immagazzinati dai commercianti e poi venduti a prezzi più elevati rispetto a quelli stabiliti dallo stato. Le serrate della classe dominante, ovvero gli abitanti del "barrio alto" di Santiago, talmente ricchi da potersi permettere di manifestare in auto,  i blocchi stradali da parte dei camionisti, le manifestazioni degli studenti dell'università Cattolica, cioè i rampolli delle oligarchie, gli scioperi dei sindacati gialli che dopo, sotto la junta, servirono alla repressione e alla persecuzione dei dissidenti all'interno dei luoghi di lavoro: tutto ciò portò a una divisione insanabile tra il popolo, una guerra civile silente, che servì a giustificare non solo il bombardamento della Moneda, ma anche le disumane e inenarrabili torture perpetrate dalla Dina nelle prigioni segrete del regime sostenuto dagli USA.
 

Questo stesso copione è oggi in atto in Venezuela. Questi stessi blocchi sociali sono in gioco oggi: le destre sostenute dagli Usa e dalle oligarchie che tentano di prevalere  sulle forze progressiste e socialiste, per ricondurre il continente latino americano allo stato di patio trasero degli Usa, così come prevede la mai abbandonata dottrina Monroe. Lo scenario cileno di eclatante barbarie è quello che si delineerà se la legittimità costituzionale verrà rovesciata dal colpo di stato in atto.
 

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