Camila Vallejo, giravolte cilene

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di Geraldina Colotti

Sono lontani i tempi in cui Camila Antonia Amaranta Vallejo conquistava le prime pagine dei quotidiani, in quanto giovane “pasionaria” cilena. Si era nel 2011. Camila, militante della Juventudes Comunistas (ala giovanile del PC cileno), era una delle principali dirigenti del movimento studentesco che mise alla corda per mesi il primo governo del presidente-imprenditore Sebastián Piñera.

Alle elezioni parlamentari del 2013, venne eletta deputata nelle fila del Pcc, all’interno della coalizione di Bachelet, Nueva Mayoria. L’anno prima, la rivista statunitense Newsweek l’aveva inclusa tra le “150 Fearless Women”, ovvero “senza paura”.

E di coraggio, Camila, sembrava averne davvero, al punto da sfidare moderati e conformisti della sua stessa coalizione, dichiarando, in numerose interviste, il suo appoggio al socialismo bolivariano in Venezuela e allo schieramento dei paesi dell’Alba, nell’ottica della Patria Grande per l’America Latina.

Ne concesse una a chi scrive nel giorno in cui Michelle Bachelet assunse la presidenza, nel 2014. Denunciava la violenza fascista contro Maduro, da parte di quelli che, sia nel suo paese che in Europa, venivano presentati come “pacifici manifestanti”, e che accusavano il governo socialista di aver violato i diritti umani.

Oggi, invece, la compagna Vallejo sembra aver cambiato opinione, com’è apparso sempre più chiaro dalle dichiarazioni rilasciate negli ultimi anni contro Nicolas Maduro. Un suo messaggio twitter a proposito del rapporto di una cosiddetta commissione Onu indipendente contro il Venezuela, oggi, ha suscitato molte reazioni nelle reti sociali. Vallejo si era già espressa al riguardo quando l’ex presidenta Michelle Bachelet, oggi Alta Rappresentante per i diritti umani all’ONU aveva presentato il risultato del suo rapporto.

Un rapporto già assai squilibrato, in quanto ometteva completamente le testimonianze raccolte da parte delle vittime delle violenze fasciste, addirittura quelle di intere comunità indigene, aggredite con le armi durante il tentativo di invasione del Venezuela, organizzato da Guaidó e dagli USA con il pretesto di far entrare “aiuti umanitari”.

Tuttavia, quel rapporto riconosceva almeno gli effetti devastanti delle misure coercitive unilaterali imposte dagli USA, dall’Europa e dai paesi del cosiddetto Gruppo di Lima, di cui il Cile di Piñera fa parte. “L’uso di sanzioni da parte di poteri esterni per far cadere un governo eletto, viola tutte le norme del diritto internazionale” aveva d’altronde scritto l’esperto ONU indipendente, Idriss Jazairy, consegnando il suo rapporto a Bachelet, a fine gennaio 2019.

Il punto è che, nella logica delle “autoproclamazioni” che mirano a creare istituzioni artificiali all’interno stesso di quelle ufficiali, per imporre “de facto” le decisioni di quei “poteri esterni” citati da Jazairy, le cose dovevano prendere una piega ancora più bieca, ancora più “schierata”. E, dunque, ecco che il fantomatico Gruppo di Lima, a sua volta frutto di un’autoproclamazione, ha cercato di tutelare gli interessi dell’”autoproclamato” venezuelano, Juan Guaidó, e ha nomina una commissione “indipendente” di tre “esperti”, per indagare sui fatti del 2014, quelli su cui Vallejo aveva espresso un’altra opinione.

Di più. Uno dei tre esperti è il cileno Francisco Cox. Un noto penalista già scelto dall’ex presidente messicano Enrique Peña Nieto per far parte della commissione di indagine internazionale sulla scomparsa dei 43 studenti di Ayotzinapa. Un nome contestatissimo, in Cile, dalla sinistra, per la sua difesa di Piñera dalle accuse di aver violato gravemente i diritti umani, rivolte anche dall’Ufficio dell’Alta Commissaria Onu.

Tanto che, nel 2019, un gruppo di autorevoli giuristi aveva indirizzato una lettera pubblica a Bachelet, esprimendosi in questi termini: “Francisco Cox, difensore di Jovino Novoa, sottosegretario generale del governo durante la dittatura civico-militare di Augusto Pinochet, accusato di delitti tributari, difensore degli interessi della ministra Cubillos e socio dell’ex ministro della Giustizia del presidente Sebastian Piñera, manca di ogni obiettività nelle sue analisi quando esercita il ruolo di difensore politico del governo attuale, quando nega semplicemente le gravi violazioni ai diritti umani e una possibile responsabilità del presidente”. Affermazioni che – proseguono i giuristi – “negano la gravità e le dimensioni delle violazioni ai diritti umani perpetrati da agenti dello Stato di organismi gerarchizzati, che in quanto crimini di Stato sono stati concretamente evidenziati da chi lavora quotidianamente alla difesa dei diritti umani dei gruppi vulnerabili, e così pure dagli organismi e dalle istituzioni internazionali che hanno verificato i crimini denunciati, confermati anche dai continui rapporti e dalle cifre pubblicate da Pubblico Ministero cileno e dall’Istituto Nazionale dei diritti umani.”

La Corte Penale Internazionale – aveva dichiarato Cox – non deve “mettere il naso” in Cile, perché il presidente non dev’essere accusato. Con un metro ben diverso si è espresso, invece, il penalista nei confronti del presidente Maduro e dei dirigenti bolivariani, producendo un rapporto privo di fonti dirette, in quanto la commissione non è stata riconosciuta dal governo bolivariano, e non ha potuto – a differenza di quella di Bachelet – visitare i luoghi sotto accusa.
Le descrizioni fornite sono perciò assolutamente di parte, provenienti dalla destra venezuelana e da quelle ong che devono giustificare ai loro finanziatori la propria esistenza in loco. E fin qui, niente da dire: fa parte del gioco politico, a ognuno il suo ruolo. La storia è storia di lotta di classe.

All’imperialismo e ai suoi tirapiedi, quello di sottrarre con ogni mezzo le risorse dei popoli oppressi, come stanno cercando di fare in Venezuela. Alle democrazie borghesi, il compito di intorpidire le acque, cambiando i termini del problema, e cercando di disattivare le istituzioni elette dal popolo, come stanno facendo l’Europa e il “Gruppo di contatto” con il Venezuela.

Alle comuniste come Camila, però, non dovrebbe spettare un altro ruolo? In fondo, il Venezuela non è lontano. Ci sono stati tanti inviti ai partiti progressisti dell’America Latina, l’anno scorso: prima di avallare le menzogne di quei “poteri esterni” di cui parlava l’esperto Onu, si sarebbe potuto andare a vedere.

Dov’è finito il coraggio di un tempo, compagna Vallejo?
 

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