Con le tecnologie duali tutto è possibile anche la militarizzazione delle ferrovie
di Federico Giusti
Stiamo parlando della base Usa di Camp Darby, il più grande arsenale fuori dal territorio americano. Pochi giorni or sono è stato diramato un comunicato dei Ferrovieri contro la guerra subito ripreso dal Comitato antimilitarista livornese, dalla Cub e da Una Città in Comune, la coraggiosa lista di minoranza nel consiglio comunale di Pisa.
Nel corso di una conferenza stampa alla stazione di Livorno, i Ferrovieri hanno parlato di dieci giorni, tra il 10 e il 20 giugno, in cui la circolazione ferroviaria che collega le città di Pisa e Livorno sarà interrotta per alcune ore del giorno concentrate nella mattina. Dagli altoparlanti delle stazioni di Pisa e di Livorno viene diramata una breve nota per i passeggeri: “Lavori di completamento del rinnovo degli scambi e dei binari a Tombolo”. Fino ad oggi i lavori sono andati avanti in silenzio, anzi sarebbe corretto parlare di silenzio assenso anche di settori pacifisti che preferiscono prendersela contro una base non ancora costruita, quella del Tuscania, piuttosto che con i processi da tempo in atto contro la militarizzazione del territorio tra Pisa e Livorno.
Questa è la critica avanzata dal Sindacato di base Cub di Pisa che evidenzia come da anni i processi in atto abbiano di fatto militarizzato tutte le aree infrastrutturali, dai porti agli aeroporti fino alle ferrovie.
E’ forse indispensabile domandarsi la ragione di questo doppio registro e non troviamo risposta se non in quella sorta di tacita accettazione della sovranità limitata che porta a considerare le basi Usa e Nato in Italia come una sorta di necessità o di imposizione che un paese vinto come il nostro dovette accordare (ai nostri, ieri liberatori e oggi occupanti) all’indomani della Seconda guerra mondiale.
Alcuni storici, tra i quali Davide Conti, hanno evidenziato la grande contraddizione di un paese mai uscito dal periodo fascista, tra servizi segreti, codice penale, dirigenti statali che passano ricoprendo i loro ruoli direttamente dal ventennio alla Repubblica. La stessa Resistenza Italiana venne tradita due volte, la prima da chi doveva difenderne i valori e le pratiche unitarie. Questo excursus storico per domandarci se non esista una sorta di parallelismo tra fatti avvenuti a distanza di tanti anni. Allora non era possibile una svolta socialista del nostro paese per il veto esplicito di Usa e GB, i militari collusi con il fascismo costituirono le basi dell’esercito di un paese che anni dopo sarebbe entrato nella Nato, esponenti del fascismo responsabili di eccidi coloniali li ritroveremo a capo dell’ordine pubblico e con qualche responsabilità nella copertura dei mafiosi autori della strage di contadini a Portella delle Ginestre. Se allora qualunque protesta contro la mancata epurazione dei fascisti venne decisamente arginata e soppressa oggi contestare la presenza di una base Usa o Nato sul territorio italiano è diventato un arduo esercizio destinato a pochi militanti. Se si è più sicuri, per dirla alla Berlinguer, sotto l’ombrello della Nato, anche i pacifisti odierni hanno introiettato questa idea e alla fine la loro opposizione alla guerra sarà solo parziale ed episodica?
Ma quanto avviene con Camp Darby non è poi strettamente connesso con la costruzione della base del Tuscania che non a caso sorge vicino a una grande Base Usa da cui partono i rifornimenti di logistica militare per mezza Europa? E il fatto che a pochi chilometri ci sia anche un aeroporto militare con un hub pensato per il rapido trasporto di militari negli scenari di guerra non dovrebbe indurre a una visione complessiva e a una critica globale ai processi di militarizzazione del territorio Pisano e livornese? Occuparsi di una sola parte di questi processi invece a chi giova? A nessuno, senza dubbio non favorisce il sorgere di sensibilità diffuse contro il Riarmo e l’economia di guerra.
Rispetto ai nostri giorni, almeno per decenni i movimenti contro la guerra non hanno lesinato critiche e proteste contro le basi Usa e Nato in Italia manifestando davanti a Camp Darby che ospitò anche gli addestramenti di Gladio.
Camp Darby, il convitato di pietra che nessuno vede – Scienza & Pace Magazine
Ma in questi anni che cosa è cambiato? Trovare delle risposte, convincenti e obiettive, e senza polemica di sorta, dovrebbe essere di comune interesse alle realtà contro la guerra e i processi di militarizzazione.
Il potenziamento della base di Camp Darby parte oltre 30 anni fa da una richiesta del Pentagono al Governo italiano ma entra nel vivo con il Governo Renzi prima e Gentiloni poi; quindi, meno di 10 anni or sono, viene annunciata una nuova linea ferroviaria per collegare stabilmente Camp Darby alla rete ferroviaria italiana, si riesuma a tale scopo la stazione di Tombolo con un nuovo terminal dentro la base Usa di Camp Darby.
L’obiettivo del progetto è ambizioso e rivolto al futuro, a quelle che un tempo definivamo guerre permanente, consentire il trasporto di armi e logistica militare sia via acqua verso il porto di Livorno attraverso il canale e sia via ferrovia verso altre basi militari sul territorio nazionale e non, per questo viene ampliato e dragato il Navicelli e iniziano operazioni di disboscamento (1000 alberi abbattuti) per rimettere in piedi la linea ferroviaria e la stazione di Tombolo di cui da decenni si era perso traccia.
Un doppio trasporto, via acqua e via ferrovia, una grande opera di militarizzazione rispetto alla quale ci sono state poche proteste in questi anni, anzi settori del movimento pacifista si sono letteralmente girati dall’altra parte o hanno limitato la critica al disboscamento della macchia mediterranea, del resto non sono certo i primi a scambiare l’ecologismo con il giardinaggio.
Velocizzare il trasporto di armi e sottoporlo alla massima segretezza tanto che la richiesta, in consiglio comunale a Pisa, di conoscere l’entità del trasporto di armi sul territorio tra Pisa e Livorno, avanzata dalla Lista Una città in Comune è stata respinta in nome della sicurezza nazionale.
Ad oggi non esiste alcun piano di sicurezza relativo a Camp Darby e al trasporto di armi come non esiste rispetto alla presenza di sommergibili a propulsione nucleare nel porto di Livorno stando ad una denuncia pubblica avanzata anni or sono da alcuni comitati labronici.
In questi anni le amministrazioni locali si sono letteralmente messe a disposizione dei processi di militarizzazione dei territori pisano e livornese e a prescindere dalla collocazione politica delle varie Giunte. E se da una parte l’opera è finanziata dal Pentagono, il supporto locale, di strutture pubbliche e private, è stato indispensabile per la realizzazione. E poi non abbiamo contezza dei costi finali delle opere realizzate e della spesa a carico dei contribuenti italiani.
E non ci sfugge intanto l’accordo tra RFI e Leonardo che risale a oltre un anno fa di cui troviamo notizia anche in rete Leonardo e Rete Ferroviaria Italiana sottoscrivono un accordo sulla Military Mobility
L’ accordo sulla “Military Mobility” sancisce una verità scomoda: il territorio italiano è la piattaforma di guerra della NATO e in tempi nei quali in alcune aree del paese esiste ancora il binario unico, in tratte che hanno di fatto eliminato i treni dei pendolari per favorire solo l’alta velocità e a caro costo, sospendere i collegamenti ferroviari per destinare una infrastruttura a fini militari non provoca sdegno ma solo silenzio.