Diga foranea: Genova accoglierà le navi della NATO?
di Leonardo Sinigaglia
Stanno facendo discutere in questi giorni le parole pronunciate a Primocanale da Carlo de Simone, subcommissario per la realizzazione della diga foranea di Genova, il quale ha definito il progetto come “straordinario” in quanto permetterebbe in casi di crisi lo sbarco di “portaerei leggere, navi NATO e di strumenti e di truppe”. L’infrastruttura, pensata per aumentare il volume dei traffici del porto ligure permettendo l’ingresso sicuro di navi dal maggiore tonnellaggio, avrebbe così un “uso duale”, civile e militare. Con ogni probabilità, queste parole, come quelle analoghe pronunciate riguardo al progetto del ponte sullo stretto di Messina, sono ispirate anche dalla volontà da parte delle forze di governo di rendere le spese per grandi progetti infrastrutturali assimilabili a quelle militari, così da rendere più facile il raggiungimento degli obiettivi di finanziamento alla difesa imposti da Washington all’ultimo vertice NATO.
Non per questo si deve però dimenticare come, materialmente, ogni grande infrastruttura civile abbia potenzialmente un uso militare. A ricordarlo è il deputato genovese in quota Lega Edoardo Rixi, vice ministro per le Infrastrutture e i Trasporti, che ha in tal modo risposto alle perplessità sollevate da alcuni membri del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle riguardo a questo “uso duale”, che esporrebbe la città di Genova ad attacchi in caso di conflitto internazionale: “Tutte le infrastrutture con una valenza strategica possono avere un doppio uso”, afferma Rixi, e sarebbe quindi ridicolo preoccuparsi per la diga foranea di Genova.
In un certo senso Rixi ha ragione: qualsiasi obiettivo strategico sarebbe un possibile bersaglio in un conflitto tra la NATO e un altro gruppo di paesi, e non c’è nessuna ragione per preoccuparsi specificatamente per la “pericolosità” della diga di Genova. L’Italia è colma di infrastrutture civili e militari che sarebbero colpite in caso di guerra: porti, aeroporti, installazioni radar, comandi militari, depositi di munizioni e finanche di ordigni atomici…La maggior parte di queste non è però sotto controllo italiano, ma americano; non si tratta di elementi che contribuiscono alla difesa e alla sicurezza del paese, ma di strumenti dell’imperialismo di Washington per assoggettare il nostro paese e proiettare più efficacemente l’egemonia verso il Mediterraneo, il mondo arabo e i Balcani. La verità è che, a causa dell’occupazione militare americana e della permanenza all’interno dell’alleanza atlantica, tutta l’Italia, dal Trentino a Lampedusa, dalla Sardegna al Friuli, è a rischio di essere spazzata via in una nuova guerra mondiale.
Le preoccupazioni sollevate dal centrosinistra sono comprensibili, ma ingenue. Il problema non è la diga foranea: il problema è la NATO, il problema sono gli Stati Uniti. Fintanto che l’Italia sarà occupata dalle forze dell’egemonia statunitense, fintanto che l’Occidente collettivo la controllerà e sarà disposto ad utilizzarla come piattaforma per condurre la sua aggressione al resto del mondo, non sarà al sicuro un solo centimetro quadrato del nostro paese.