La crisi Spagna-Catalogna è entrata in una nuova fase: lo stallo

La crisi Spagna-Catalogna è entrata in una nuova fase: lo stallo

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La settimana scorsa la Catalogna è finalmente riuscita ad eleggere il leader della regione autonoma dopo i cinque mesi di travaglio seguiti al referendum per l’indipendenza, la violenta repressione della Spagna e la rocambolesca fuga all’estero del leader separatista Carles Puigdemont, finita con l’arresto in Germania.

 
Il nuovo presidente della regione autonoma della Catalogna è Quim Torra, un avvocato indipendentista alleato di Puigdemont, eletto dall’assemblea regionale con 66 voti favorevoli, 65 contrari e 4 astenuti. Nonostante sia un separatista, Torra non ha (per ora) nessun problema con la Giustizia spagnola e può assumere l’incarico, ma il suo profilo, le circostanze, i toni con cui è stato eletto e le sue prime mosse fanno capire chiaramente che le tensioni tra Spagna e Catalogna non sono destinate a ridursi.

 
Adesso la crisi Spagna-Catalogna è entrata in una nuova fase, la terza:
 
- nella prima, il governo regionale catalano cercò di ottenere una posizione sempre migliore sfruttando al meglio il sistema delle autonomie, fase conclusa nel 2010 dopo che la corte costituzionale spagnola respinse il nuovo statuto per la Catalogna approvato nel 2006 da un referendum regionale.
 
- nella seconda, i governi catalani di Artur Mas e Carles Puigdemont hanno costantemente ventilato la possibilità di un referendum per la secessione, arrivando a metterla in pratica nonostante la contrarietà del governo centrale. Questa fase si è conclusa nel 2017 con l’applicazione della sospensione dell’autonomia catalana (articolo 155) e l’incarcerazione e la fuga all’estero di gran parte dei leader indipendentisti.
 
- nella terza fase, il nuovo governo della Catalogna dichiara di accettare lo statuto delle autonomie ma allo stesso tempo sostiene di voler gettare le basi della futura repubblica indipendente mentre il governo centrale di Mariano Rajoy intende mantenere attivo l’art. 155 fino a data da destinarsi. La Catalogna resta commissariata.
 
La reazione di Rajoy è arrivata dopo che Torra aveva annunciato l’inclusione nel suo governo di due leader separatisti attualmente in carcere e altri due scappati all’estero (compreso Puigdemont). Il governo centrale quindi non pubblicherà questi nomi nella gazzetta ufficiale catalana – sotto il controllo di Rajoy per via dell’art. 155 – rendendo ineffettiva la nomina. I nuovi rapporti tra Madrid e Barcellona quindi non cominciano bene, la strategia conflittuale e velenosa delle parti non dà segni di cedimento e con queste premesse mettere fine allo scontro diventa sempre più difficile, nessuno sembra avere intenzione di assumere toni più concilianti per aprire la strada a un compromesso.
 
Il nuovo governo catalano cercherà di allargare il più possibile il solco che lo separa dal governo centrale con l’obiettivo di conquistare il cuore e la mente della maggioranza assoluta in maniera da poter imporre la secessione quando sarà il momento giusto. Saranno mesi di retorica repubblicana e indipendentista, segnati dalle decisioni dei tribunali della Spagna e della Germania, dove Puigdemont è in stato di fermo in attesa di sapere se sarà estradato oppure no. Se non dovesse essere estradato e quindi recluso nelle galere spagnole, è facile immaginare che Barcellona punti ad andare a elezioni anticipate con l’obiettivo di far conquistare la maggioranza assoluta al leader in esilio.
 
Madrid però non resterà certo a guardare, il governo di Rajoy ha imparato la lezione e non permetterà che vengano gettate le basi per la repubblica catalana, il premier è convinto di aver individuato i quattro pilastri della strategia dei nazionalisti catalani: informazione, scuola, polizia e politica esteri. Saranno queste le istituzioni che nei prossimi mesi finiranno al centro delle attenzioni del governo centrale. Con queste premesse, è difficile immaginare che il problema possa risolversi in tempi brevi. Rajoy deve anche vedersela con Albert Rivera, leader di Ciudadanos. Quest’ultimo sa bene che l’opinione pubblica spagnola non vuole che venga ammorbidito l’approccio del governo spagnolo nei confronti della Catalogna, quindi Rajoy si trova pressato su due fronti: da una parte Torra, un leader catalano radicalmente separatista, dall’altra Rivera, un leader nazionale emergente pronto a infiammare le piazze e il parlamento in caso di concessioni ai separatisti catalani.
 
Lo stato di conflittualità tra Spagna e Catalogna è destinato a durare anche a lungo, nella migliore delle ipotesi sarà un limbo che durerà per anni, nella peggiore il conflitto si accenderò molto presto e le cose sfuggiranno di mano. Non ho nominato l’Unione europea per il semplice motivo che l’Unione non conta niente e non può fare niente, anche se non è escluso che i catalani proveranno nuovamente ad appellarsi a Bruxelles e all’europeismo. Saranno mesi caldi in Spagna, e non solo per via della stagione estiva...
 
 
Federico Bosco
 

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