Lo schiaffo dell'ONU a Trump

Trump, con la sua decisione di riconoscere Gerusalemme come capitale di una potenza occupante e di trasferire la sua ambasciata da Tel-Aviv a Gerusalemme, non ha solo violato il diritto internazionale e le stesse risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, ma ha posto gli Usa fuori dal processo di pace

49153
Lo schiaffo dell'ONU a Trump



di Bassam Saleh


Due voti in una settimana hanno confermato l’autoisolamento dell’amministrazione Trump. Al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite gli Usa si sono trovati soli contro gli altri 14 membri, compresa la Gran Bretagna, che per la prima volta ha votato contro il suo alleato americano. All’Assemblea generale gli Usa sono stati battuti per la seconda volta: 128 paesi a favore della risoluzione di condanna della decisione di Trump su Gerusalemme, 9 paesi contro e 35 astenuti. Non sono serviti a niente le minacce e il ricatto contro i paesi più poveri, per "convincerli" a votare contro. La Palestina salva il diritto internazionale, e salva le Nazioni Unite, dalle minacce e dal ricatto degli Usa, ottenendo la conferma che Gerusalemme è una città occupata, quindi è da condannare ogni tentativo di modificare il suo status o qualsiasi intervento demografico. L’Assemblea generale dell’ONU condanna ogni cambiamento, considera illegale anche il trasferimento delle rappresentanze diplomatiche e chiede ai paesi di non compiere questi atti illegali. E’ un schiaffo sonante alla decisione di Trump e alla sua amministrazione.


Trump, con la sua decisione di riconoscere Gerusalemme come capitale di una potenza occupante e di trasferire la sua ambasciata da Tel-Aviv a Gerusalemme, non ha solo violato il diritto internazionale e le stesse risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, ma ha posto gli Usa fuori dal processo di pace, in quanto non possono più essere potenza super partes (se mai lo sono stati), ma si rivelano solidamente alleati di una parte, Israele. Questa grave e pericolosa decisione ha scatenato la rabbia e l’orgoglio del popolo palestinese e del mondo arabo e islamico, per quello che rappresenta la "città santa", simbolo di civiltà storica e religiosa, anche per i cristiani, per gli arabi e per tutto il mondo. Tale decisione ha messo l’ultimo chiodo alla bara di un processo di pace già morto sotto il patrocinio Usa. È la fine di una politica voluta dalle diverse amministrazione americane, iniziata con Oslo, basata sulla soluzione dei due Stati, che ha coinvolto palestinesi, israeliani ed europei.


Il fatto è che la politica nazionalista del presidente Trump va dritta verso l’isolamento degli Usa dal resto del mondo, dietro lo slogan "Usa first", gli Stati Uniti prima. Lo dimostrano gli atti che il presidente ha firmato nel primo anno di carica, sia a livello interno che esterno. Anche i ricatti e le minacce sono tutt'altro che una manifestazione di forza, ma un segno tangibile di debolezza, e lo dimostra il voto sia al Consiglio di Sicurezza che all’Assemblea generale dell'Onu. La politica di Trump cerca di alimentare l'instabilità e lo stato di guerra in tutto il Medio Oriente, di mantenere la supremazia militare israeliana e di favorire la corsa alle armi, vendute dagli Usa e dai paesi produttori.


Il popolo palestinese, che da cento anni lotta per la libertà e l’indipendenza nazionale, dopo 24 anni di negoziato con gli israeliani si trova oggi in una delle fasi più difficili e delicate della sua lotta di liberazione: la morte degli accordi di Oslo, per l’intransigenza dei governi israeliani sostenuti dagli Usa e da altri paesi occidentali e europei; un mondo arabo lacerato da guerre intestine, spesso innescate da ingerenze esterne; ed in primis una divisione interna, che sembra non trovare fine malgrado gli immensi sforzi, compiuti ad oggi da tutte le parti coinvolte. La morte di Oslo apre le porte a tutti i mezzi legittimi di lotta per la liberazione e l’autodeterminazione.  La decisione americana ha scatenato quella che ci possiamo augurare di chiamare la terza Intifada, pacifica, e non militare. Già in due settimane sono stati uccisi nove palestinesi, feriti più 3400, e più di 500 arrestati. Le proteste hanno visto la partecipazione di tutti i villaggi, le città e i campi profughi sia in Cisgiordania che a Gaza, nonché dei palestinesi della diaspora, uniti nel rifiutare e condannare la decisione americana su Gerusalemme, che per i palestinesi è la capitale dello Stato di Palestina.


La leadership palestinese, che sostiene questa Intifada, prosegue la sua battaglia politico-diplomatica: chiede e cerca, dopo i voti al Consiglio di Sicurezza e all’Assemblea Generale, una conferenza di pace internazionale, sotto l’egida dell’Onu e con esclusione degli Usa, e magari con la partecipazione di altri paesi, come Russia, Cina, Francia, India e Brasile. E ancora, auspica che il voto di oggi venga tradotto nel riconoscimento dello Stato di Palestina anche da parte dell’Unione Europea. L’altro obiettivo annunciato è quello di continuare a chiedere l'ingresso in tutte le organizzazioni e istituzioni internazionali, e procedere con le denunce al tribunale internazionale contro i militari che hanno commesso crimini di guerra contro i palestinesi.

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

Potrebbe anche interessarti

Bye bye occidente: Lo SCO vara la sua Banca di Sviluppo di Giuseppe Masala Bye bye occidente: Lo SCO vara la sua Banca di Sviluppo

Bye bye occidente: Lo SCO vara la sua Banca di Sviluppo

CHARLIE KIRK E IL METODO SOCRATICO di Michelangelo Severgnini CHARLIE KIRK E IL METODO SOCRATICO

CHARLIE KIRK E IL METODO SOCRATICO

I segreti del tè Longjing del Lago Occidentale di Hangzhou   Una finestra aperta I segreti del tè Longjing del Lago Occidentale di Hangzhou

I segreti del tè Longjing del Lago Occidentale di Hangzhou

Lo "strano" silenzio sull'incendio nel porto di Amburgo di Francesco Santoianni Lo "strano" silenzio sull'incendio nel porto di Amburgo

Lo "strano" silenzio sull'incendio nel porto di Amburgo

Il Saccheggio Coloniale della Cultura Nativa Americana di Raffaella Milandri Il Saccheggio Coloniale della Cultura Nativa Americana

Il Saccheggio Coloniale della Cultura Nativa Americana

Care "celebrity" che (ora) vi vergognate di Israele e dell'occidente di Francesco Erspamer  Care "celebrity" che (ora) vi vergognate di Israele e dell'occidente

Care "celebrity" che (ora) vi vergognate di Israele e dell'occidente

A Bruxelles, il fascismo europeo attacca il Venezuela di Geraldina Colotti A Bruxelles, il fascismo europeo attacca il Venezuela

A Bruxelles, il fascismo europeo attacca il Venezuela

Xi incontra i leader dell'UE a Pechino di Gao Jian Xi incontra i leader dell'UE a Pechino

Xi incontra i leader dell'UE a Pechino

Situazione grave (ma non seria) a quota 8000 di Alessandro Mariani Situazione grave (ma non seria) a quota 8000

Situazione grave (ma non seria) a quota 8000

La scuola sulla pelle dei precari di Marco Bonsanto La scuola sulla pelle dei precari

La scuola sulla pelle dei precari

Vladivostok. La risposta di Putin ai "volenterosi" di Marinella Mondaini Vladivostok. La risposta di Putin ai "volenterosi"

Vladivostok. La risposta di Putin ai "volenterosi"

Mattarella, l'Europa e le guerre non dichiarate di Giuseppe Giannini Mattarella, l'Europa e le guerre non dichiarate

Mattarella, l'Europa e le guerre non dichiarate

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente di Gilberto Trombetta Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

La situazione italiana di Michele Blanco La situazione italiana

La situazione italiana

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino di Paolo Pioppi Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti