Militarizzazione e disumanizzazione: cosa aspettarsi dal Re Arm Europe

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Militarizzazione e disumanizzazione: cosa aspettarsi dal Re Arm Europe



di Alex Marsaglia

Mentre Trump è uscito dall’incontro con Rutte confermando che i prossimi carichi di armi a Kiev verranno pagati per “miliardi e miliardi” dai membri europei della NATO, con la conferma alla Commissione Von der Leyen in seguito alla mancata sfiducia in seno al Parlamento Europeo lo scorso 10 Luglio possiamo affermare che anche il Rearm EU o Readiness 2030 viaggia a gonfie vele verso la realizzazione. È quindi urgente analizzare cosa aspettarsi dal piano di 800 miliardi di euro dedicati al riarmo. I principali obiettivi sono sostanzialmente degli artifici contabili per consentire un livello di spesa pubblica impensabile per un’architettura come quella dell’Unione Europea, una struttura imperniata sul neoliberismo, l’austerità e i tagli di spesa in cui occorre sospendere le norme di bilancio previste per l’economia civile, come il Patto di Stabilità - il celebre vincolo di spesa del 3% del deficit annuo e del 60% di debito pubblico rispetto al PIL -  per poter attuare incrementi di spesa ben superiori esclusivamente per il settore militare. Sono poi previsti prestiti per 150 miliardi di euro per progetti di difesa congiunti, in sistemi di difesa aerea e missilistica. Questi ultimi, come già per il PNRR, andranno ad incrementare il debito pubblico dei singoli Stati dell’Unione essendo soldi che andranno restituiti con gli interessi.

C’è ovviamente da considerare che i soldi spesi in armamenti, per definizione, non sono investimenti in quanto non ci sono investimenti produttivi nel settore delle armi, poiché l’unico fine delle armi è la distruzione che è l’esatto opposto dello sviluppo economico e civile. Nella trasfigurazione dei bilanci in senso militarista è poi prevista una vera e propria deviazione di fondi dall’economia civile a quella militare, come nel caso dei Fondi di Coesione la cui capienza verrà svuotata e deviata verso la Difesa. Infine, il Rearm tiene conto del settore del credito, fornendo precise norme alla Banca Europea per gli Investimenti al fine di revocare le restrizioni sui prestiti alle aziende del settore militare. Il credito bancario diretto non è l’unica soluzione promossa, poiché è previsto anche un meccanismo per la mobilitazione dei capitali privati per la difesa, stimolando gli investimenti profittevoli nel settore.

Se aumentare la liquidità a disposizione degli imprenditori militari è solo l’ultima delle fasi realizzative, occorre prima di tutto mettere a terra quella filiera militare descritta da Mario Draghi come «il futuro dei prodotti per la difesa», basata sempre più su «“sistemi di sistemi” molto complessi, che dovranno essere altamente interoperabili»[1].

L’elevata complessità tecnologica con l’alto livello di know-how’ richiesti determinano un livello di specializzazione del lavoro di grado elevato. L’integrazione dei vari settori produttivi è quindi fondamentale e le varie filiere comunitarie devono, per l’appunto, venir messe a sistema al meglio per essere funzionali. In questo senso vi saranno dei settori strategici come la digitalizzazione e l’istruzione in cui è lecito aspettarsi una vera e propria militarizzazione rivolta alla conversione produttiva per il settore della Difesa. Dal fronte di guerra alla scuola qui il passo sembra diventare davvero breve, essendosi moltiplicate le borse e i crediti delle aziende private come la Leonardo SpA o la Fincantieri per progetti di war-washing. La pervasività nella cultura e nella formazione delle giovani generazioni è sempre più forte e ben spiegata dall’ottimo Antonio Mazzeo (vedi qui: https://youtu.be/X2wbn8i2neI?si=vE9D3-hNvh9iTr7S). E in questo senso proprio la scuola diventa il terreno perfetto per sviluppare la nuova alienazione tecnologica della violenza di guerra. Come già ricordava I. Illich: «oggi la maggior parte della manodopera umana è impegnata nel produrre richieste che possano essere soddisfatte da un’industria a forte intensità di capitale. La massima parte di questo lavoro viene fatto nella scuola»[2].

È proprio il mondo della formazione che permette di incrementare il valore aggiunto nella catena del valore, consentendo la scalabilità con prodotti di fascia sempre più elevata.

Questa evoluzione, determinata e guidata dal progresso tecnico, ci conduce verso un’ampia diffusione in contesti in cui la violenza viene sempre più a concretizzarsi come elemento raffinato e passato al vaglio della crudeltà, in cui lo scontro bellico diventa mediato tramite droni e spersonalizzato, come in un videogame e l’uccisione, la menomazione e la sopraffazione fisica del prossimo viene resa distaccata, quindi più facile da esercitare senza troppe remore di coscienza. In questi termini, l’evoluzione e la diffusione di una tecnica che rende la guerra sempre più spersonalizzata tramite i droni, i missili ipersonici teleguidati dai satelliti ecc. fanno rientrare le azioni degli uomini nella dimensione del «sovraliminale» analizzato da Günther Anders. Gli uomini, sopraffatti dalla tecnica, vengono così sovrastati da avvenimenti più grandi di quelli che possono essere percepiti e ricordati. I soldati in guerra oggi, mentre armeggiano le plance di comando dei loro droni o della loro batteria di missili, si trovano davanti a «stimoli troppo grandi rispetto a quando trovavano ancora accesso in noi»[3]. La militarizzazione totale che ci aspetta negli svariati ambiti della formazione dell’essere umano, dalla scuola, fino alla produzione che verrà in maniera crescente “convertita” ad “economia di guerra”, ci ricondurrà al ruolo di apprendisti stregoni intenti a produrre mezzi di distruzione perfezionati e a misura di coscienza, in cui persino l’uccisione, fino perché no ad arrivare allo sterminio e al genocidio, diventeranno atti culturalmente accettabili. Occorre essere consapevoli che la militarizzazione a cui stiamo andando incontro ci porterà a questo livello di disumanizzazione, fermare il ReArm Europe o Readiness 2030 spinto dalla Commissione Von der Leyen diventa un imperativo categorico irrinunciabile.

[1] M. Draghi, The future of European competitiveness, Part B: In-depth analysis and recommendations, p.165

[2] I. Illich, Descolarizzare la società, Mimesis, Milano-Udine, 2019, p.69

[3] G. Anders, Il mondo dopo l’Uomo. Tecnica e violenza, Mimesis, Milano, 2008, p. 76

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