Pandemia Covid: cronistoria di un fallimento politico

Pandemia Covid: cronistoria di un fallimento politico

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di Lorenzo Biondi - La Fionda

 

Quando si parla della pandemia di COVID-19 bisognerebbe subito porre una domanda: sarebbe stato possibile gestire diversamente la pandemia, limitando i famosi lockdown ai tre mesi dell’anno scorso? Sarebbe stato possibile convivere col virus oppure fermare tutta l’organizzazione sociale ed economica era l’unica soluzione?

A mente più o meno fredda, dopo un anno e mezzo di dati, informazione e controinformazione, la risposta sembrerebbe propendere per la convivenza, piuttosto che per lo stato d’emergenza permanente nel quale ancora ci troviamo. E come si sarebbe potuto convivere col virus?

Innanzitutto, bisogna partire da una questione fondamentale: i lockdown erano sul serio inevitabili?

Probabilmente, nei primi mesi dallo scoppio della pandemia, cioè da marzo a maggio 2020, possono aver avuto una qualche utilità, successivamente molto meno.

A tal proposito possiamo citare gli studi del professor John Ioannidis, epidemiologo e professore alla Stanford University[1]. Cosa emerge dai lavori condotti dal professor Ioannidis? Gli studi dell’epidemiologo di Stanford mettono in evidenza come la gestione della circolazione epidemica dipenda essenzialmente da modelli statistici. Secondo i modelli utilizzati dal professore, infatti, emergerebbe una non significativa incidenza delle misure di contenimento non farmacologiche (cioè i lockdown); tra i paesi presi in esame dal professore abbiamo Regno Unito, Francia, Germania, Iran, Italia, Olanda, Spagna, Corea del Sud, Svezia e Stati Uniti d’America.

In effetti, che la politica dei lockdown fosse un gioco dipendente fortemente dai modelli sottostanti ce lo suggerisce anche un altro vecchio modello statistico-epidemico, elaborato negli anni ’20 del secolo scorso da William Kermack ed Anderson McKendrick. Secondo il modello di questi due autori, infatti, un’epidemia tende a presentarsi naturalmente in forma di ondate, senza che le misure di contenimento possano realmente incidere sulla sua diffusione[2].

Si dirà che questi dati non dimostrano inequivocabilmente l’inutilità del lockdown, ma il punto non è veramente questo. Perché non si è mai seriamente discusso a livello politico sull’opportunità o meno di questa misura, laddove il dibattito scientifico era tutt’altro che uniforme nel sostenere la politica dei lockdown?

Non sono pochi gli scienziati e i ricercatori che hanno cercato di discutere criticamente e di mettere in dubbio la scelta apparentemente univoca e obbligata delle misure non farmacologiche come unica contromisura alla pandemia. Tra questi ad esempio, l’epidemiologo e biostatistico svedese, professore di medicina all’Università di Harvard, Martin Kulldorff, il quale insieme a Sunetra Gupta dell’Università di Oxford, uno dei più eminenti epidemiologi di malattie infettive del mondo, e Jay Bhattacharya della Stanford University, hanno stilato un documento firmato da più di 850.000 scienziati, ricercatori e medici, intitolato la Great Barrington Declaration[3], in cui propongono un approccio differente al contenimento del Covid, definito di “protezione focalizzata”, ovvero mirata a proteggere le categorie di persone più fragili e più soggette al virus[4].

Ma contrariamente al dibattito scientifico, le decisioni politiche e i media hanno sempre battuto, con la presunzione di scientificità, sull’inevitabilità del lockdown. Ancora oggi ci sentiamo dire che l’alternativa alla vaccinazione (su cui torneremo più avanti) è il lockdown, senza se e senza ma e questo non è francamente accettabile alla luce quantomeno dei dubbi che la stessa Scienza – tanto osannata a parole dai media e che andrebbe forse più correttamente definita come “dibattito scientifico” – pone.

Andiamo avanti. Come si sarebbe dovuta affrontare allora la pandemia? Naturalmente non sarebbe stato opportuno restare con le mani in mano, quanto piuttosto intervenire a livello infrastrutturale, innanzitutto sull’aumento dei posti letto e delle terapie intensive.

Noi sappiamo che negli anni ’80, i posti letto per malati acuti, incluse le terapie intensive, arrivavano in Italia fino a 922 per 100.000 abitanti; tuttavia, da allora, questi posti letto sono stati tagliati fino ad arrivare a soli 275 posti ogni 100.000 abitanti[5]. Già questo pone un grosso problema politico sulla credibilità di voler proteggere la popolazione dal COVID-19, dopo trent’anni ininterrotti di tagli alla sanità.

Vediamo, invece, cosa si è fatto dallo scoppio dell’epidemia ad oggi. Le terapie intensive, nel dicembre del 2019, ammontavano a circa 5000 posti letto, mentre al luglio 2021 queste risultano poco più di 8000[6]. Come mai dunque non si è riusciti neanche a raddoppiare i posti letto? Come mai a fronte di un’epidemia si è fatto poco o nulla per intervenire a livello infrastrutturale? Eppure sappiamo che tantissime morti sono state causate dal sovraffollamento del sistema sanitario.

Veniamo poi alla scuola. Come abbiamo avuto modo di segnalare in un vecchio articolo, la situazione delle classi italiane era di per sé già in sofferenza, per ragioni squisitamente didattiche, con una media di oltre 20 alunni per classe[7], sia per carenza del personale docente, sia per una mancanza di strutture. Perché, allora, nella scuola non si è provveduto a intervenire con una massiccia immissione di personale docente affinché quelle classi venissero ridotte? Perché non si è proceduto a mettere in sicurezza e ad ampliare le strutture, già cadenti e fatiscenti prima dello scoppio dell’epidemia?

Al contrario, si è preferito introdurre la cosiddetta DAD, senza procedere a uno studio sul livello di contagiosità nelle scuole, provocando non soltanto un arretramento e un impoverimento radicale nel livello di alfabetizzazione e d’istruzione dei ragazzi, certificati dai risultati invalsi di quest’anno; ma anche un disagio materiale alle famiglie e psichico e sociale dei giovanissimi e giovani studenti.

Uno dei pochi studi sulla questione, quello italiano pubblicato su The Lancet dall’epidemiologa e statista Sara Gandini[8], ha dimostrato come le scuole non costituiscano luoghi di sviluppo di cluster o focolai, smentendo così un luogo comune su cui si è impostata buona parte delle scelte di governo e della narrazione mediatica. Anche qui fa storcere quantomeno il naso il comportamento dei governanti, alla luce dello stato d’emergenza sbandierato.

Infine giungiamo alla situazione dei mezzi pubblici. Come nella sanità, anche qui sappiamo che negli ultimi dieci anni sono stati tagliati fino a 10 miliardi di finanziamenti al trasporto pubblico locale[9]. Ebbene, alla luce di ciò cosa si è deciso di fare? Ormai nell’agosto scorso è stato stanziato meno di un miliardo per il trasporto pubblico[10].

Eppure, come sappiamo, il trasporto pubblico è stato probabilmente il principale veicolo di contagio, mettendo a contatto milioni di persone ogni giorno, ancor più dei singoli posti di lavoro o dei servizi pubblici, come scuola e sanità, dove invece sono stati imposti protocolli di sicurezza durissimi.

Ma gli omessi interventi non terminano qui. Abbiamo un altro tasto dolente: i farmaci.

Col tempo infatti sono emersi anche vari farmaci più o meno adatti al trattamento del COVID, cioè a fare in modo che la malattia non ammazzasse i malati. Tra questi possiamo citare, ad esempio, la combinazione di idrossiclorichina ed azitromicina.

Questa possibile soluzione per le cure farmacologiche contro il COVID è arrivata infatti dall’Institut Mediteranée Infection del’Università di Marsiglia, diretto dal microbiologo francese Didier Raoult. Nell’istituto marsigliese si è proceduto con la combinazione di questi due farmaci, che hanno dimostrato di poter ridurre la mortalità da COVID-19[11].

La faccenda, però, inizia presto a divenire opaca. La soluzione adottata a Marsiglia in un primo momento viene bocciata dal The Lancet, con annessa sospensione da parte dell’OMS degli studi clinici sui due farmaci[12]. Ciò nonostante, non sono mancati scienziati che hanno apertamente contestato sia lo studio condotto dal Lancet, sia la bocciatura successivamente arrivata da parte dell’OMS[13]; basti pensare che l’articolo del Lancet verrà addirittura ritirato, per aver utilizzato falsi dati[14]. Al contrario, la rivista successivamente porta avanti gli studi negli Stati Uniti d’America che confermano di fatto i risultati di Marsiglia[15].

Ma andiamo avanti. Un altro farmaco interessante si è rivelato essere l’ivermectina. Il suo utilizzo è stato implementato in particolar modo in Israele, a partire dagli studi condotti da Eli Schwartz, fondatore del Center for Travel Medicine and Tropical Disease di Sheba, in un arco temporale compreso tra il maggio 2020 e il gennaio 2021. Anche in questo caso, però, arriva lo stop dell’OMS, quindi a ruota dell’EMA, agli inizi del 2021. Eppure sullo studio dell’ivermectina ci ritorna presto l’Università di Oxford[16]. Non solo, i buoni risultati nella riduzione dei decessi vengono anche confermati da uno studio pubblicato sull’American Journal of Therapeutics[17].

Un’altra storia interessante è poi quella che riguarda il remdesivir. Il farmaco viene utilizzato per la prima volta sul finire del mese di gennaio negli Stati Uniti d’America e continua ad essere utilizzato nei mesi successivi, tanto da essere definito nell’aprile del 2020 da Anthony Fauci lo “standard of care” per le cure farmacologiche al COVID-19. Ciò nonostante, in Europa non se ne parla e così nell’estate del 2020 gli Stati Uniti cominciano a fare scorte del farmaco[18], mentre in Europa si decide di puntare tutto sui vaccini[19].  Il 22 ottobre del 2020[20] arriva poi l’approvazione del remdesivir da parte dell’FDA (Federal Drug Administration) e a questo punto anche l’Europa prova a porvi rimedio, con l’acquisto di mezzo milione di dosi[21]. Quando ormai il remdesivir sembra un farmaco approvato per il trattamento del COVID-19, nel dicembre del 2020 arriva ancora l’OMS, ancora con uno stop.

L’Aifa in Italia segue a ruota e ne limita l’utilizzo, attraverso il Veklury, un registro mediante il quale si prevede di fare richiesta di remdesivir soltanto individualmente per ogni paziente: quindi non una completa bocciatura, ma nessun uso di protocollo.

Non possiamo affermare chi avesse certamente ragione tra l’OMS ed FDA; tuttavia, non è immediatamente comprensibile lo stop operato dall’OMS e ciecamente seguito dall’Unione Europea.

Si è parlato dell’esosità dell’approvvigionamento di remdesivir, ma fa specie sentir parlare di problemi di bilancio per una pandemia che, nel tentativo di essere limitata con lockdown durissimi, ha portato a crolli bellici del PIL e un aumento dilagante della disoccupazione. La questione si fa ancora più contraddittoria se pensiamo che con l’arrivo di Draghi il governo è tornato a stanziare fondi (due miliardi) da investire proprio in remdesivir ed anticorpi monoclonali, su cui diremo a brevissimo[22].

Ma accanto al remdesivir, nell’ottobre del 2020, l’FDA approva anche un altro farmaco, il baricitinib. Anche in questo caso, scena muta da parte delle istituzioni europee, eppure a distanza di quasi un anno dall’approvazione dell’ente regolatore statunitense, cosa viene fuori? Che l’UE inserirà proprio il baricitinib tra i farmaci per le cure farmacologiche al COVID-19[23].

Accanto al baricitinib, poi, troviamo gli anticorpi monoclonali di Eli Lilly, Regeneron, Celltrion e GlaxoSmithKline. Questi si sono rivelati un altro strumento farmacologico su cui certamente investire per far fronte all’emergenza da COVID-19, ma come mai non si è fatto sin dal primo momento? Eppure, come per il remdesivir e il baricitinib, l’FDA approva l’utilizzo in via emergenziale dei monoclonali di Regeneron nel novembre del 2020 e di quelli di Lilly nel febbraio del 2021[24].

Si dirà che queste approvazioni sono arrivate in via emergenziale, che alcuni utilizzi farmacologici sono stati principalmente osservativi, ma qualcuno dovrà allora spiegarci il perché dei due pesi e delle due misure tra farmaci e vaccini. Com’è noto, infatti, anche i vaccini sono stati approvati in via emergenziale, eppure sul loro utilizzo non si è battuto minimamente ciglio, a differenza delle crociate che si sono levate contro ogni soluzione farmacologica al COVID.

Sgomberiamo preliminarmente il campo da ogni dubbio: il vaccino è certamente uno strumento utile, ma uno strumento di prevenzione e non di cura, mentre sarebbero stati utili anche gli altri tipi di farmaci finalizzati appunto alla cura dall’infezione e dalla malattia.

Ci troviamo ancora una volta davanti ad un inghippo apparentemente irrisolvibile. Come possiamo vedere, le opacità nella gestione dell’emergenza non sono poche; anzi, sembrano davvero troppe per far pensare ad una svista da parte di quasi tutti i governanti europei.

I mancati interventi infrastrutturali e farmacologici hanno certamente contribuito a favorire la circolazione del virus, così poi da giustificare la politica dei lockdown.

D’altro canto, dietro i lockdown si cela il guadagno di alcuni grossi attori economici.

I big five (Facebook, Amazon, Apple, Google, Microsoft), Netflix, Musk con Tesla e Space X, le multinazionali del delivery (Deliveroo, Glovo, Uber, Just Eat) e tutti i colossi del digitale hanno tratto enormi profitti dal blocco sincronizzato delle attività economiche[25].

Ricordiamo, en passant, che la fisionomia politica dell’occidente euro-americano, dopo l’esito finale della Seconda guerra mondiale è profondamente cambiata. Nel nostro Occidente si può parlare a buon diritto di un Impero americano, col cuore dell’impero rappresentato appunto dagli Stati Uniti d’America ed una provincia rappresentata dal continente europeo. Non bisogna mai dimenticare, infatti, che tutt’oggi i maggiori paesi europei sono ancora stracolmi di basi militari americane. Soltanto in Italia abbiamo circa 13 mila soldati; nel Regno Unito ce ne sono poco meno di 10 mila, mentre in Germania persistono ancora 35 mila soldati.

Ma d’altronde basta semplicemente guardare alla sfera economica per capire come l’Europa altro non sia che un grande mercato per gli Stati Uniti d’America. Le succitate multinazionali del digitale pervadono la nostra vita quotidiana e i paesi europei sono di fatto costretti ad utilizzare le loro infrastrutture informatiche. Si può dire che ogni ramo economico non possa far a meno di passare dalla mediazione digitale dei colossi dell’hi-tech.

Oltre il 95% della pubblicità passa da Google e Facebook, che assieme a pochi altri, sono i maggiori possessori dei cosiddetti big data. Tutto il terziario che non voglia restare circoscritto ad una dimensione di quartiere, deve necessariamente passare dall’advertising di Google e Facebook, ma soprattutto deve acquistare i pacchetti di dati da loro detenuti per una pubblicità mirata.

Il discorso non è molto diverso per il settore manifatturiero. Anche lì è finita l’epoca fordiana, in cui si produce in serie, in massa e si rovescia tutto sul mercato sperando che il cliente compri quanto più possibile. Anche la produzione manifatturiera, già divenuta “snella”[26] tempo fa, non può far a meno di appoggiarsi ai monopolisti dei dati per indirizzare meglio la propria produzione, calibrata su misura a seconda della clientela.

Naturalmente i big five, supermassive commerciali, esercitano una forza di gravità che porta di conseguenza i grandi attori del manifatturiero e dei servizi a poter restare nella loro scia, mentre tutta la piccola e media impresa, quella di prossimità, quella sotto casa, è destinata a vedersi tagliare le gambe da questi nuovi meccanismi di mercato. Ricordiamo che soltanto a fine 2020 si stimava un saldo negativo di oltre 300.000 attività soltanto sul territorio italiano, per non parlare poi della stima dell’Istat di oltre un milione di nuovi disoccupati[27].

La storia non finisce qui. Nello stato di emergenza ancora ci sguazziamo e veniamo dunque al capitolo vaccini. Dopo il caos iniziale, la campagna vaccinale è partita e procede in maniera anche abbastanza spedita oramai. In tutto l’occidente euro-americano i paesi più indietro hanno vaccinato con almeno una dose il 60% della popolazione; quelli più avanti, invece, si sono spinti già fino al 70%[28].

L’Italia si trova oltre il 60%, ma il dato che dovrebbe davvero interessarci è la vaccinazione della popolazione fragile. Bisogna infatti tenere ben presente un dato a proposito del Covid-19: questa è una malattia che colpisce alcune fasce d’età particolarmente fragili; nello specifico, gli ultrasessantenni pluripatologici[29]

Leggiamo dall’Istituto superiore di sanità che “l’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 80 anni” e che “al 21 luglio 2021 sono 1.479, dei 127.044 (1,2%), i pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni. In particolare, 355 di questi avevano meno di 40 anni […] Di 105 pazienti di età inferiore a 40 anni non sono disponibili informazioni cliniche; degli altri, 206 presentavano gravi patologie preesistenti (patologie cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità) e 44 non avevano patologie di rilievo diagnosticate.”

Per quanto riguarda le patologie, invece, l’ISS ci dice che “il numero medio di patologie osservate in questa popolazione è di 3,6. Complessivamente, il 2,9% del campione presentava 0 patologie, l’11,5% presentava 1 patologia, il 18,1% presentava 2 patologie e il 67,4% presentava 3 o più patologie.”. Ancora, a proposito della natura delle patologie, l’ISS ci dice che parliamo di “Cardiopatia ischemica, Fibrillazione atriale, Scompenso cardiaco, Ictus, Ipertensione arteriosa, Demenza, Insufficienza renale cronica, Insufficienza respiratoria […] Epatopatia cronica, patologie per cui è necessaria la Dialisi, Infezione da HIV e Obesità […] Diabete, Malattie autoimmuni”.

Si dirà che tutto questo non è abbastanza, che serve l’immunità di gregge, ma com’è possibile raggiungere l’immunità di gregge se una variante qualsiasi del virus può arrivare letteralmente da qualsiasi parte del mondo? Bisognerebbe dunque puntare ad un’immunità globale, ma che senso avrebbe se la stessa immunità è a tempo? Noi sappiamo infatti che l’immunizzazione da vaccino inizia a scemare tra i sei e i nove mesi; il che costringerebbe alla vaccinazione globale almeno una volta l’anno, in tempi brevi (causa varianti) e col blocco sincronizzato delle frontiere.

Uno scenario del genere è del tutto infattibile e considerata l’impossibilità di conoscere gli effetti a medio e lungo termine di questi farmaci, il rapporto costi-benefici di una vaccinazione di massa mirata anche alla popolazione non a rischio è tutt’altro che scontato.

La soluzione più logica, pertanto, sembra essere quella di puntare specificamente alla protezione delle fasce a rischio. Se quindi leggiamo i numeri, troviamo che le fasce d’età dei 60, dei 70, degli 80 e dei 90 sono rispettivamente vaccinate oltre l’ 80%, l’85%, il 92% e il 94%.

Nonostante la bontà di tutti questi dati, emergono toni grevi dal dibattito pubblico.

Si è innalzata una caccia al non vaccinato scarsamente comprensibile e per di più si è introdotto uno strumento come il green pass.

Il green pass rappresenta probabilmente il punto di non ritorno in questa faccenda.

Con quanto di buono si sta facendo mediante i vaccini, per quale ragione bisognerebbe introdurre un pass? Viene da pensare a questo punto che le ragioni siano tutte politiche e neanche un po’ sanitarie. Come d’altronde tutte le opacità rilevate sin dall’inizio dell’articolo fanno pensare ad una politicizzazione dell’emergenza, giunta ben oltre ogni questione sanitaria, che soltanto chi non vuole vedere non vede. Proviamo ad avanzare delle ipotesi. Innanzitutto, il pass potrebbe avere ancora una volta una funzione commerciale. Il pass potrebbe cioè rappresentare un ulteriore strumento di profilazione e di tracking della popolazione. Quando parliamo di profilazione intendiamo la possibilità per i Big five di raccogliere quanti più dati possibili riguardanti la nostra persona, a partire da quelli direttamente ricavabili dalla nostra attività online, sino a giungere a quelli collaterali, per così dire. Come viene ben spiegato da Shoshana Zuboff nel suo “Capitalismo della sorveglianza”, la nostra attività online infatti produce una serie di dati ad essi collegati. Google scoprì questo, ad esempio, coi primi utilizzi del suo motore di ricerca, poiché ogni parola chiave finiva per produrre “numero e pattern dei termini cercati, spelling, formulazione e punteggiatura di una query, tempo di sosta e localizzazione”. Questo meccanismo di raccolta di ogni dato possibile su ciascuno di noi, diretto ed indiretto, al di là di ogni possibile tutela della nostra privacy (la Zuboff è molto chiara: ad oggi non esiste nessun serio argine giuridico al trattamento dei nostri dati e della nostra privacy per i giganti tech) viene definito dall’autrice “surplus comportamentale”. Come il capo della fabbrica estraeva pluslavoro nelle imprese delle prime due rivoluzioni industriali, adesso i capi del digitale estraggono pluscomportamento da impacchettare e rivendere per trarne profitto. In breve, i giganti dell’hit-tech fanno praticamente quello che vogliono con i nostri dati. Il pass, dunque, potrebbe rappresentare un ulteriore strumento di estrazione del cosiddetto “surplus comportamentale”.

Ma la logica del pass potrebbe non essere finita qui. Le conseguenze del pass potrebbero essere politiche prima ancora che commerciali, rivolte cioè ad una stretta autoritaria e panottica sulla popolazione. Innanzitutto una domanda: per quanto tempo è destinato a restare il green pass? Questo non ci è dato saperlo. Nel decreto 105 del 22 luglio scorso che istituisce il green pass non è indicata una data in cui il green pass dovrebbe essere ritirato, a differenza dello stato d’emergenza sanitaria prolungato fino al 3 dicembre.

Allo stesso modo, in Francia, il governo e la maggioranza del parlamento si sono espressi contro l’introduzione di un emendamento che dichiarava che al cessare dello stato d’emergenza sanitaria sarebbe stato ritirato anche il pass sanitario. A quanto ne sappiamo il pass potrebbe restare per sempre, visto che difficilmente si riuscirà ad estirpare il virus, molto probabilmente destinato, al contrario, a diventare endemico. Qualora restasse per sempre, il green pass inizierebbe ad assumere tutta l’aria di uno strumento di disciplina sociale.

Ma gli aspetti più spaventosi del pass non riguardando tanto gli effetti nell’immediato, quanto sul futuro. Il pass, introdotto come strumento discriminatorio e disciplinante, infatti, potrebbe essere presto implementato per sanzionare e premiare altri comportamenti sociali ritenuti idonei o meno dall’autorità. Oggi sono i vaccini, domani potrebbe essere il rispetto del codice della strada, dopodomani l’aderenza acritica ai dettami politici. Il pass potrebbe cioè rappresentare addirittura un primo tassello per la strutturazione di una sorta di “credito sociale” occidentale. Qui siamo certamente nel campo della speculazione, ma cosa ci impedisce di pensare ad un progetto a lungo termine di questo tipo?

D’altronde una stretta autoritaria di questo tipo sulla popolazione sarebbe del tutto funzionale agli attuali sviluppi geopolitici. Innanzitutto, mai nella storia lo scacchiere geopolitico è stato esteso al mondo intero, né mai abbiamo avuto attori grossi come la Cina (un miliardo e mezzo di persone), India (anche loro un miliardo e mezzo) o Stati Uniti (300 milioni da soli, oltre mezzo miliardo includendovi l’Europa). In uno scenario di questo tipo, l’esercizio di nuove forme di controllo sembra presentarsi in maniera davvero funzionale e performante per riuscire a trattenere eventuali forze centrifughe minaccianti la compattezza interna. Banalmente, un controllo di questo tipo potrebbe essere un’assicurazione rispetto ad attività di spionaggio o di eventuale dissenso politico. Alla luce dell’irrazionalità di uno strumento come il pass, si apre ogni scenario e come hanno acutamente rilevato Giorgio Agamben e Massimo Cacciari, lo scenario più probabile sembra essere proprio quello di un’evoluzione neo-totalitaria delle forme politiche[30].


[1] https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/eci.13484?fbclid=IwAR0JQ1ns4-TV7vXdJA9tDc7xNSdRXroMWLBTe-WrQbdYcXiNae0gbAfT7CMhttps://www.jclinepi.com/article/S0895-4356(21)00087-1/fulltext?fbclid=IwAR0BZSVBECjLeB_-2wZGD_CmuL2zuOVQjBdWP5gm_LFOp0yXihPR723Z_H8#.YGIHDE_qYSY.twitter.

[2]https://www.maths.usyd.edu.au/u/marym/populations/hethcote.pdf?fbclid=IwAR2bcKfvDPxrGs1Fl0h6orMWOgfqmdMvmv1uH9M68LfFg055Tzqhnt7uDyM

[3] https://gbdeclaration.org/

[4] https://www.lafionda.org/2021/06/09/martin-kulldorff-perche-ho-parlato-contro-i-lockdowns-sulla-necessita-di-sfidare-il-senso-comune-sul-covid/

[5] https://thesubmarine.it/2020/03/10/posti-letto-ospedali-italiani-nuovo-coronavirus/?fbclid=IwAR3ueY1OgyRzAZbVlV8vsb0mWTIwy_K3ZddNHyRjTsATSUCNcnR2vFXcD-k

[6] https://www.agi.it/cronaca/news/2020-03-14/coronavirus-posti-terapia-intensiva-7530891/; https://www.agenas.gov.it/covid19/web/index.php?r=site%2Fgraph3.

[7] https://www.lafionda.org/2020/08/04/di-cosa-ha-bisogno-la-scuola-italiana/

[8] https://www.thelancet.com/journals/lanepe/article/PIIS2666-7762(21)00069-7/fulltext

[9] https://www.editorialedomani.it/politica/italia/soltanto-promesse-sui-mezzi-pubblici-da-adeguare-al-covid-raccontaci-la-tua-esperienza-tujbslce

[10] https://www.mit.gov.it/comunicazione/news/trasporto-pubblico-locale/tpl-de-micheli-oggi-dl-con-300-mln-di-autorizzazioni

[11] https://www.mediterranee-infection.com/wp-content/uploads/2020/04/MS-IHU-Preprint.pdf

[12] https://www.sanitainformazione.it/sanita-internazionale/loms-sospende-il-trial-sullidrossiclorochina-contro-il-covid-19-per-ragioni-di-sicurezza/

[13] https://statmodeling.stat.columbia.edu/wp-content/uploads/2020/05/Open-Letter-the-statistical-analysis-and-data-integrity-of-Mehra-et-al_Final-1.pdf ; https://www.clinicalmicrobiologyandinfection.com/article/S1198-743X(20)30579-6/fulltext

[14] https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)31180-6/fulltext

[15] https://www.thelancet.com/pdfs/journals/lanrhe/PIIS2665-9913(20)30305-2.pdf

[16] https://www.ox.ac.uk/news/2021-06-23-ivermectin-be-investigated-possible-treatment-covid-19-oxford-s-principle-trial

[17]https://journals.lww.com/americantherapeutics/Fulltext/2021/08000/Ivermectin_for_Prevention_and_Treatment_of.7.aspx

[18] https://www.theguardian.com/us-news/2020/jun/30/us-buys-up-world-stock-of-key-covid-19-drug?CMP=fb_gu&utm_medium=Social&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR3qQNhod3SUute21kHHqSUud1_U6Z6JxrDMSQWtv5ofUwMIzY7GUYNgU-Y#Echobox=1593543253

[19]https://archive.st/archive/2020/6/www.ansa.it/elb5/www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/medicina/2020/06/13/speranza-firmato-un-accordo-per-dosi-del-vaccino-di-oxford_2566c540-c070-46fd-ba2a-e80014584453.html?fbclid=IwAR0AbMjo99QKVspCnBdxTGvbEj5SdgZuEAqD4IAxnDvsmWPC4OCwDrqkLm0

[20] https://www.fda.gov/drugs/drug-safety-and-availability/fdas-approval-veklury-remdesivir-treatment-covid-19-science-safety-and-effectiveness?fbclid=IwAR0AjLI7VtWpS4hvJSJyt28XZCzrcHINC-a5VtArYRK6yC9M_p7Lat1P9MY

[21] https://www.teletrader.com/eu-signs-deal-with-gilead-secures-500k-remdesivir-doses/news/details/53419369?ts=1602142430504&fbclid=IwAR06V96t6Pu73x0Y-E1M_vh_EonKNWVn5bqu-n3E-bXUykAwkR-C19kHAo4

[22] https://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=93865&fbclid=IwAR0rHtEvKJp1A7CR2X-M-XI-OIdlE60iyrrxKA5nOXtrwntHWK1rZi5OM1o

[23] http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=96796&fbclid=IwAR3CoFScWvlgsgM67dEhPVrLDPMhauDwUXeuAVNSOBctQXiMF2e3AhLKp6g

[24] https://www.fda.gov/news-events/press-announcements/coronavirus-covid-19-update-fda-authorizes-monoclonal-antibodies-treatment-covid-19 ; https://www.fda.gov/news-events/press-announcements/coronavirus-covid-19-update-fda-authorizes-monoclonal-antibodies-treatment-covid-19-0

[25] https://www.agi.it/economia/news/2020-05-02/wall-street-coronavirus-tecnologici-nasdaq-8495546/

[26] https://it.wikipedia.org/wiki/Produzione_snella

[27] https://www.agi.it/economia/news/2020-12-28/confcommercio-imprese-covid-imprese-chiuse-10834625/?fbclid=IwAR0giyKvFckAKBRUbLVXWcVVaRPjFsk7WJHIrJuAtdtbrCextUQ4HJJ_X4k; https://www.lastampa.it/economia/lavoro/2021/04/06/news/istat-persi-945mila-posti-di-lavoro-in-un-anno-1.40116201

[28] https://lab24.ilsole24ore.com/vaccinazioni-mondo/

[29] https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia?fbclid=IwAR22sy-aUDF2RXt5GQ7tKqZXwCLNs1NKX_b5r_6S5gr0ffEaF4loDxB7jHk

[30] https://www.iisf.it/index.php/progetti/diario-della-crisi/massimo-cacciari-giorgio-agamben-a-proposito-del-decreto-sul-green-pass.html?fbclid=IwAR0-ahcjlGA3zaxJbZ-AY7O_WhYZoYDnszjll-tmTkMTMRd-8mYc2AmITCo

 La Fionda

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La Fionda è uno spazio di elaborazione culturale e politica, che condivide alcune precise idee – statualiste, autenticamente democratiche e antiliberiste -, senza compromessi contraddittori né opacità furbesche. Ma che ha l’autentico desiderio di confrontarsi, di dare luogo a un dibattito vero, fecondo, senza tabù. Perché questo deve essere il tempo della nitidezza e dello spirito critico che non arretra di fronte a nulla.
www.lafionda.org

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