Il sovranismo spiegato a quel lontano mio cugino che vive su Marte

Il sovranismo spiegato a quel lontano mio cugino che vive su Marte

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Caro cugino,

capisco i tuoi dubbi e le tue paure. Su Marte deve essere difficile capire di preciso cosa stia succedendo qui e che cosa sia questo sovranismo. Non mi sfugge affatto che gli argomenti di conversazione debbano essere altri: l’acqua, l’ossigeno, la vita sugli altri pianeti ecc. e che anche l’informazione forse ignori i temi che animano le nostre esistenze sulla Terra. Perciò non mi stupisco che te ne sia fatto un’idea distorta e voglio provare a spiegartelo con parole semplici.

Innanzitutto va detto che la parola sovranismo non è un’invenzione di chi ne è tacciato ma – come avviene con “populista” – un attributo dato dai suoi avversari, anche se qualcuno vi si riconoscerà. Ma dato che oggi il nero viene chiamato bianco e il bianco viene chiamato nero, poco importa il nome e proverò invece a illustrartene la sostanza. Abbi pazienza perché dovrò partire da lontano.

Dopo la seconda Guerra Mondiale, mentre voi eravate impegnati a cercare l’acqua, qui i vincitori tentarono di stabilire un ordine che, se dal punto di vista legale ribadiva il principio della sovranità degli stati e della loro inviolabilità dall’esterno – attraverso il meccanismo per cui unica guerra legittima era quella difensiva autorizzata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU – dal punto di vista pratico presagiva già una spartizione in zone di influenza che minava quella inviolabilità; spartizione assicurata dalla stipula di alleanze militari, dalla presenza di basi militari su territori stranieri e dall’imposizione di governi amici. Questa inviolabilità può essere chiamata sovranità e molte costituzioni dell’epoca sancivano che essa dovesse risiedere nel popolo: era il concetto di una nuova forma di governo che chiamammo democrazia.

Per tanti degli anni seguenti all’instaurazione di questo nuovo ordine è sembrato di essere sull’orlo di un’altra guerra mondiale, soprattutto dopo che la prima potenza occidentale aveva esacerbato il confronto con quella orientale, usando come scudo e arma gli stati occidentali e come baluardo proprio quello posto in posizione più estrema nonché principale sconfitto della guerra. Lo fece in due modi: offrendo soldi a quegli stati per ricostruire i loro paesi distrutti – dietro la condizione ricattatoria di escludere dai loro governi i simpatizzanti della potenza rivale – e stringendo con loro un’alleanza; questi dovevano anche ospitare al loro interno basi militari della potenza “protettrice” e contribuire con il loro reddito e i propri eserciti al mantenimento dell’alleanza. Pensa che nel caso del mio paese, l’Italia, dovemmo persino ospitare bombe atomiche, noi che avevamo assunto in costituzione quel principio di inviolabilità e di pace di cui ti dicevo poc’anzi. La potenza rivale non poteva certo stare a guardare e creò in risposta un patto simile, soprattutto quando – tu pensa! – il principale paese sconfitto e causa della guerra fu per metà riarmato e incluso nell’alleanza occidentale invece di essere lasciato smilitarizzato e neutrale.

A questo punto ognuna delle due potenze fu ben attenta a non perdere neanche un elemento dei suoi satelliti: quella orientale attraverso un controllo quasi diretto; quella occidentale attraverso governi democratici o dittatoriali purché amici, azioni terroristiche e colpi di stato supportati da strutture segrete interne a quei paesi. L’associazione segreta operante allo scopo nel nostro paese si chiamava Gladio e – credimi, non scherzo – il suo capo è stato Presidente della Repubblica! Il risultato di questa strategia è stato che alcuni nostri leader e dirigenti che volevano perseguire una politica diversa sono stati fatti fuori, come anche tante persone innocenti morte sotto le bombe. L’hanno congeniata talmente bene, caro cugino, che poi davano la colpa ai simpatizzanti della potenza rivale pur di tenerli lontani dal governo! Anche molti alti funzionari, imprenditori e militari perseguivano lo stesso scopo attraverso associazioni segrete e tentativi di colpi di stato, e (sembrerebbe) anche la mafia: tutti con l’obiettivo di cambiare la costituzione che sanciva il nuovo ordine nazionale basato sulla sovranità del popolo e quello internazionale basato sull’inviolabilità di ogni stato sovrano.

Capito caro cugino, chi cercava di cambiare l’ordine mondiale? La potenza occidentale, aiutata – l’avrai capito – dagli sconfitti della guerra, quelli che per intenderci erano contrari alla democrazia. Mentre costoro governavano in alcuni paesi attraverso dittature, in Italia dovevano tenere un profilo più basso per la massiccia presenza organizzata dei simpatizzanti della potenza rivale, nonché in generale dei sostenitori della democrazia. A questo punto ti starai domandando, starai sperando, che la situazione si sia risolta a favore dei democratici. Tutt’altro, cugino! Anzi, direi esattamente il contrario. Pensa soltanto che i vecchi nemici della potenza occidentale ora sono i loro più fedeli amici, e mentre un tempo non si chiamavano democratici ma lo erano ora si chiamano tali ma non lo sono. Allo stesso tempo, gli sconfitti della guerra contrari alla democrazia ora governano insieme ai loro ex avversari! Lo so, difficile da capire, ma per provare a chiarire dovrò fare un passo indietro e mostrarti la cosa da un punto di vista parallelo.

Torniamo al dopoguerra. Le nazioni alleate della potenza occidentale, beneficiando dei suoi aiuti, ne seguirono anche le linee di politica economica ispirate da un grande maestro, il quale aveva capito che – se è vero che aiuta la pace mettere in equilibrio le bilance dei pagamenti – è anche vero che lo stato deve intervenire direttamente in economia per creare occupazione, che è sviluppo. Questo impone di limitare i movimenti di capitale e in una ragionevole misura anche quelli di merci e servizi e di forza lavoro, al fine di proteggere le forze produttive interne dalla competizione spietata. Nei primi decenni dopo la guerra il nostro paese si sviluppò molto grazie all’intervento diretto dello stato. Aumentarono il benessere, la capacità produttiva, il livello di istruzione generale e la forza contrattuale dei lavoratori organizzati, seppure in modo molto disuguale e all’inizio con ampio ricorso a migrazione interna e sfruttamento della manodopera industriale. Ma con il tempo i salari aumentarono e – quando saltarono i cambi fissi – una politica monetaria indipendente consentì di continuare a competere con paesi molto più sviluppati, mantenendo allo stesso tempo salari e tenori di vita alti, nonostante l’inflazione importata della crisi petrolifera. Fu la stagione di massimo potere contrattuale dei lavoratori.

Ma ecco che a questo punto la reazione, che da tempo si preparava, ebbe gioco facile a imporsi approfittando del momento di crisi: i salari, dicevano, sono troppo alti rispetto alla produttività! Se non si smette di adeguarli alla crescita dei prezzi questi aumenteranno ancora di più! Se i lavoratori non rinunciano agli aumenti la disoccupazione crescerà e le nuove generazioni saranno tagliate fuori dal mercato! Servono sacrifici! Così, mentre l’Italia si apprestava a diventare il quinto paese più industrializzato al mondo, si predisponevano manovre che vincolandone la costituzione a poteri esterni ne avrebbero azzoppato per sempre lo sviluppo. E così si aggirò anche il problema di doverla cambiare attraverso un colpo di stato. Purtroppo le organizzazioni dei lavoratori parteciparono in parte a questo scempio. La prima di queste manovre consistette nell’imporre di nuovo un cambio rigido, ma solo con i paesi vicini di continente. La seconda fu rendere possibile allo stato di spendere soldi solo a costo di un indebitamento molto maggiore; come? Rendendo indipendente di fatto la sua banca centrale. La terza fu liberalizzare i movimenti di lavoratori, merci e servizi, e poi anche di capitali, con i paesi vicini. In quarto luogo lo stato vendette ai capitalisti le sue industrie e le sue banche ritirandosi dall’economia. Quinto, lo stato firmò con i paesi vicini trattati che limitavano fortemente la sua capacità di spesa, lo costringevano a rinunciare alla propria banca centrale e a introdurre un cambio fisso perpetuo sotto forma di moneta “comune”. Sesto, lo stato rinunciava a finanziare banche e imprese nazionali e accettava che a regolare il mercato fossero questi stessi trattati. Settimo, i lavoratori venivano costretti ad accettare condizioni di lavoro e salari decisamente peggiorativi.

Tutto questo fu facilitato dalla sostituzione dei vecchi partiti – fatti fuori con il contributo di un’inchiesta giudiziaria benedetta dalla potenza occidentale – con partiti nuovi, che incameravano politici vecchi e nuovi ma senza quelle strutture ideologiche del dopoguerra che avevano permesso lo sviluppo del paese. Tra questi vi furono anche gli sconfitti della guerra contrari alla sovranità popolare. Come fu possibile cugino? Lo fu perché la potenza orientale ormai era tramontata e i suoi simpatizzanti qui da noi cominciarono a dire che non lo erano mai stati poi tanto, accettando tutta questa ristrutturazione e diventando nel tempo i migliori amici in patria della potenza occidentale. Questa aveva già imposto a quel punto grandi cambiamenti globali. La liberalizzazione dei movimenti di capitale aveva fatto sì che il padronato andasse a investire in paesi poveri sfruttando la forza lavoro locale, impoverendo allo stesso tempo quelli ricchi e inondandoli di merci scadenti a basso costo. Tanti preferivano invece investire in facili e rapide speculazioni finanziarie facilitate dagli alti tassi di interesse.

Ma, tornando all’Italia, ti chiederai ora, caro cugino, come fu possibile per il popolo accettare tutte quelle limitazioni al proprio stesso potere. Le accettò perché gli fu detto che servivano alla pace nel mondo. Si stavano imponendo infatti due nuove teorie, una recente e l’altra risalente al periodo tra le due guerre anche se fino ad allora del tutto minoritaria; entrambe benedette dal nuovo corso della potenza occidentale. La prima sosteneva esserci un eccesso di democrazia, cioè una eccessiva partecipazione popolare alla politica che rendeva gli stati occidentali instabili; la seconda riteneva che togliendo il potere di politica economica agli stati questi non si sarebbero più fatti la guerra tra loro. Ma proprio in quegli anni, su richiesta della prima potenza, bombardammo un paese vicino nostro e pochi anni dopo ne bombardammo altri più lontani. Il popolo accettò la ristrutturazione generale dello stato perché gli fu detto che sarebbe diventato più ricco, ma pochi anni dopo ci fu una crisi tra le più grandi nella storia del capitalismo e quelle cessioni di sovranità ne aggravarono gli esiti.

In seguito alle misure imposte per farvi fronte la povertà e la disoccupazione dilagarono, molti persero la propria casa e in alcuni paesi aumentò la povertà infantile, mentre le banche venivano salvate dal fallimento di cui in parte erano responsabili. In Italia venne un governo imposto dai paesi vicini che rese più facili i licenziamenti e inutili i contratti nazionali, tagliò drammaticamente la spesa pubblica e aumentò l’età pensionabile. Inoltre quel governo firmò altri trattati che delegavano del tutto e definitivamente la politica economica ai paesi vicini, accettando non solo di non spendere più alcunché ma anche di accogliere a priori qualunque raccomandazione legislativa. Pensa persino, cugino, che secondo questi paesi vicini noi dovremmo tenere un tasso di disoccupazione intorno al 10% per non far aumentare l’inflazione. Solo la mente di un folle potrebbe progettare la disoccupazione di massa per non far aumentare i prezzi! Che ci facciamo con i prezzi bassi senza i soldi per fare la spesa?

Di nuovo anticipo il tuo quesito. Il popolo accettò anche questo perché gli fu detto che aveva vissuto al di sopra delle proprie possibilità ed era arrivato il momento dei sacrifici. Intanto però i poveri aumentavano e mentre ti scrivo sono circa tredici milioni. I disoccupati sono sempre tantissimi e quelli occupati ma poveri anche. Tanta gente è morta per mancanza di posti letto, medici e macchinari negli ultimi due anni, mentre negli ultimi quaranta la quota dei salari sul PIL è scesa di parecchio a vantaggio dei profitti. Ci hanno fatto cornuti e mazziati, come direbbero alcuni terrestri di qua vicino. Potrei andare avanti, caro cugino, ad esempio raccontandoti di come abbiano scatenato un’altra guerra e ora ci chiedano di abbassare i riscaldamenti e pagare bollette stratosferiche, dopo aver affidato il prezzo dell’energia agli speculatori di borsa. Ma andrei troppo per le lunghe e ora debbo tornare a cercare lavoro. Spero ormai tu abbia capito meglio cos’è quello che chiamano sovranismo: si tratta di non credere più alle menzogne raccontate per indorare una pillola che sa di amaro. Si tratta soprattutto di tornare al progetto del dopoguerra di costruire la pace tra i popoli e insieme il loro sviluppo: due obiettivi non autoescludenti.

Spero di vederti presto, quando il carburante costerà di meno!

 La Fionda

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La Fionda è uno spazio di elaborazione culturale e politica, che condivide alcune precise idee – statualiste, autenticamente democratiche e antiliberiste -, senza compromessi contraddittori né opacità furbesche. Ma che ha l’autentico desiderio di confrontarsi, di dare luogo a un dibattito vero, fecondo, senza tabù. Perché questo deve essere il tempo della nitidezza e dello spirito critico che non arretra di fronte a nulla.
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