Per Enrico Mentana in Ucraina non c’è un problema di antisemitismo

Per Enrico Mentana in Ucraina non c’è un problema di antisemitismo

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di Lorenzo Ferrazzano
 

Questa mattina su Open, il giornale diretto da Enrico Mentana, è apparso un articolo intitolato «Altro che antisemitismo! Domani l’Ucraina sarà il primo Paese oltre Israele con presidente e premier ebrei», introdotto da un commento dello stesso Mentana, che ha scritto:« Alla narrazione allarmata per cui dall’est Europa arrivano neofascismo e antisemitismo si contrappone una volta tanto una realtà del tutto diversa: in Ucraina le cose vanno in modo esattamente opposto». Succede quindi che in Italia, gli stessi giornali “autorevoli” che lanciano quotidianamente l’allarme di un ritorno del tutto improbabile del fascismo, si trovino a negare che in Ucraina ci sia un serio problema di revanscismo neonazista e, di conseguenza, di antisemitismo.


Quella del nazismo è invece una ferita mai rimarginata dell’Ucraina, una piaga che si intreccia alla storia del paese costituendone un tassello fondamentale. Nessuno studioso serio della storia dell’area post-sovietica trascurerebbe un elemento così importante, un’operazione che invece riesce benissimo a quell’intelligencija che crede di poter pontificare su tutto infischiandosene di ogni responsabilità morale e intellettuale. Nazismo e nazionalismo, in Ucraina, sono due fenomeni inscindibili. Questo è un fenomeno che si è consolidato nel primo dopoguerra in reazione alle pretese egemoniche della Polonia ad ovest, e all’occupazione dell’Unione Sovietica ad est. Questo dolore prese progressivamente forma e nel 1929, alcuni esuli ucraini anticomunisti e antirussi fondarono a Vienna l’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN), un partito fondato su un’ideologia ultranazionalista e antisovietica, la cui ala più feroce faceva capo a Stepan Bandera, che guidò l’organizzazione fino al suo arresto nel 1941.


La svolta decisiva fu segnata dall’Operazione Barbarossa, l’invasione militare tedesca dell’Unione Sovietica. Bandera raccolse gruppi di militanti pronti a combattere e dichiarò l’indipendenza dell’Ucraina, annunciando che il nuovo stato ucraino avrebbe combattuto al fianco della Wehrmacht nazista in funzione antisovietica. A partire da questo momento, inizia la collaborazione di migliaia di ucraini nazionalisti – decisi a debellare gli occupanti russi in ogni modo – con le forze militari naziste. Molti ucraini si arruolarono anche nelle SS e si distinsero tristemente per la particolare ferocia nella caccia agli ebrei. Alla fine della seconda guerra mondiale, l’Ucraina ottenne finalmente i confini che tanto desiderava, ma si trattò di una vittoria a metà, perché da quel momento sarebbe rimasta la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina.


Dopo la caduta dell’Urss, esplosero quegli antichi nazionalismi che fino a quel momento erano stati tenuti sotto stretta sorveglianza dal Pcus. Le espressioni più violente di questi revanscismi ci furono in paesi come il Daghestan e la Cecenia – dove scoppiarono guerre brutali – e anche in Ucraina, il cui nazionalismo avrebbe trovato la sua forma più crudele a partire dall’Euromaidan del 2014, nella strage di Odessa e nella guerra del Donbass. I battaglioni neonazisti come Praviy Sektor, coordinati da un altro partito neonazista chiamato Svoboda, ebbero un ruolo determinante nella realizzazione del colpo di stato di Piazza Nezaležosti. Gli stessi battaglioni sarebbero stati poi mandati nelle regioni orientali dell’Ucraina ad ammazzare, torturare e stuprare i russi del Donbass. In seguito al colpo di stato, molti esponenti di forze politiche neonaziste sono poi stati pienamente integrati nelle forze dell’ordine e nelle istituzioni del paese, anche a livelli decisamente alti, come nel caso particolare di Andriy Parubiy, presidente della Verkhovna Rada – il parlamento ucraino – e fondatore di Svoboda.


Questa lunga premessa è necessaria per comprendere la gravità delle parole di Mentana, oggi considerato come un intellettuale dal Verbo indiscutibile. Secondo quanto scritto nell’articolo pubblicato su Open, in Ucraina non ci sarebbe un problema di antisemitismo semplicemente perché il candidato alla presidenza Volodymyr Zelensky «potrebbe diventare il primo presidente dichiaratamente ebreo della storia dell’Ucraina rendendola l’unico Paese – insieme a Israele – con presidente e primo ministro ebrei. Il premier, infatti, è Volodymyr Groysman, nato in Ucraina da genitori ebrei.» Una semplificazione banale dal momento che anche Julia Tymoshenko, ex premier del paese sconfitta alle elezioni del 30 marzo, è di origini ebraiche, cosa che non le ha impedito nel 2010 di innalzare il già citato antisemita Stepan Bandera ad eroe nazionale, evento che ha provocato una crisi diplomatica con il governo polacco. Ed ebreo è lo stesso oligarca più influente dell’Ucraina, Igor Kolomoisky. ? stato lui a finanziare i più violenti battaglioni neonazisti nel Donbass, denunciati dall’Onu per aver commesso «crimini contro l’umanità». Ed è proprio questa la conclusione più ridicola dell’oracolo di Open: in Ucraina non ci sarebbe un problema di antisemitismo perché Zelensky è ebreo. Peccato che Zelensky sia stato lanciato dallo stesso Kolomoisky, l’oligarca ebreo che finanzia i battaglioni nazisti.


? doveroso evidenziare che la popolazione ucraina non è generalmente antisemita, giudizio che non renderebbe giustizia alla complessità della questione ucraina. Allo stesso tempo però è necessario porre in risalto che il numero delle violenze a sfondo etnico nel Paese – tra cui omicidi mirati e veri e propri agguati – non solo ai danni della minoranza russofona ma anche nei confronti della popolazione rom, è decisamente intollerabile per un paese che sta negoziando l’ingresso nell’Unione Europea e nella Nato. A dispetto di quanto dice Mentana, l’Ucraina è quel paese in cui nel 2014, ad Odessa, è stato compiuto un vero e proprio pogrom antirusso sul quale non è stata condotta alcuna inchiesta e le cui responsabilità dirette dei nazisti di Praviy Sektor sembrano incontestabili; in cui giornalisti e dissidenti politici vengono ammazzati o imprigionati, e se sono stranieri, non vengono neanche fatti entrare nel paese. Questo dovrebbe dire il direttorissimo, anche se nel telegiornale e nel giornale che dirige di questi drammi non c’è alcuna traccia. Ecco un fact-checking serio che potrebbe fare David Puente: quello sugli articoli del suo direttore.

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