Un paese sotto scacco del macronismo
Si respinga una mediazione russa nel conflitto Iran-Israele: la parola ai macronisti di tutto il mondo
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Uno spettacolo indecente, quello che si presenta a occhi e orecchie di chi, per disavventura, in questi giorni si imbatta in qualche canale televisivo nostrano: è tutto un brulicare di ex esponenti PD o PDS – di orientamento “liberal” o reazionario non fa differenza - in vena di macronismo che, in linea col presidente francese, esprimono ribrezzo per le mezze parole di Donald Trump di affidare a Vladimir Putin un ruolo di mediazione tra Iran e Israele. A Putin?!? Proprio a quel «rapitore sistematico e documentato di minori ucraini», come bofonchia qualcun altro sul solito Corriere della Sera, senza peraltro mettere a parte i lettori su come e da chi questo sia “documentato”, al pari della questione sulla «strage di civili nelle città ucraine», su cui, ci permettiamo osservare, è calato il silenzio da quando la Russia ha chiesto indagini internazionali.
A Putin?!? Oltretutto, Putin, assicurano, non può nemmeno vantare «una di queste esimenti» che devono invece essere concesse al boia Netanyahu per i massacri di Gaza, tipo «la scusante della provocazione, o il motivo della minaccia esistenziale» per quel cane da guardia dell'imperialismo occidentale in Medio oriente (ci si passi l'espressione in voga cinquanta o più anni fa) che è lo stato sionista.
Dunque, Macron, si diceva: in Groenlandia, dopo aver “lusingato Trump affermando che gli Stati Uniti svolgono un ruolo chiave nella risoluzione di "due grandi conflitti", anche attraverso sanzioni più severe contro la Russia e pressioni su Israele (notate: sanzioni e pressione; c'è un po' di differenza), ha poi respinto l'idea di Putin quale mediatore tra Israele e Iran. Un'idea “fuori dal mondo”, che non è nemmeno da prendere in considerazione, urlano gli ex PD-PDS!
Un'ipotesi, incalzano sarcasticamente, che se non fosse vera, farebbe quasi ridere, straparlano quei signori che si auto-attribuiscono tuttora patenti “di sinistra”, sia che rispondano ai vaneggiamenti guerrafondai di “Med-Or”, o all'ostentazione del lusso di “Kering” e per i quali, evidentemente, è da preferire l'escalation del conflitto, pur di non dar spazio, sentenziano a via Solferino, a un pauroso «doppio standard morale, Putin statista/Netanyahu assassino», col primo che potrebbe davvero svolgere un ruolo di mediazione.
Un'idea, quella di Putin negoziatore, si aggiunge con la massima indignazione e un mezzo sorrisetto sarcastico, che gli fornisce una «legittimità e che è stata tirata fuori nelle stesse ore in cui lui continuava ad attaccare in maniera criminale l'Ucraina coi droni prodotti in Iran». Vade retro satana! Non sia mai che a qualcuno scappi detto delle centinaia di droni lanciati quasi ogni notte contro la Russia, forniti alla junta nazigolpista da Gran Bretagna, Francia, Germania, Danimarca, Canada, Svezia e altre “democrazie” del sacro occidente targato “Human Foundation”.
Ma lasciamoli tutti, presidenti, giornalai e “esperti” filo-sionisti di casa nostra, rotolarsi nel proprio fango. A Mosca – accusateci pure di quel che vi pare – c'è qualcuno che ipotizza iniziative di pace congiunte di USA, Russia e Arabia Saudita. Ne parla il politologo Sergej Markov, sottolineando che, a suo giudizio, difficilmente si ricorrerà all'arma nucleare. Sono in pochi a ritenere che l'Iran sia militarmente più forte di Israele, dice Markov. I più pensano che, siccome «l'Iran ha perso contro Israele a Gaza (dove era Hamas), in Libano (dove era Hezbollah), in Siria (con solo pochi attacchi), la probabilità che l'Iran sia militarmente più forte di Israele e che Israele usi armi nucleari in preda alla disperazione sia molto bassa». Mosca, inoltre, può svolgere un proprio ruolo nella risoluzione del conflitto, prevedendo anche la revoca delle sanzioni a Iran e Russia.
D'altronde, le probabilità di un'operazione terrestre USA in Iran, come “Desert Storm” o “Unified Defender”, sono estremamente basse; l'Iran, dice Markov, è un paese vasto: 80 milioni di persone, una nazione antica e molto combattiva. L'Iran ha una forte coscienza nazionale, e gli americani hanno una «brutta esperienza con l'invasione dell'Afghanistan e dell'Iraq: hanno fallito in pieno».
In base al progetto di proposta congiunta di USA, Russia e Arabia Saudita, l'Iran dovrebbe abbandonare l'intero ciclo nucleare, ovvero la produzione di combustibile per armi. La Russia, quale alleata, potrebbe produrre il combustibile per l'Iran, garantendo il rispetto dell'accordo nucleare con USA e UE. Trump darebbe quindi il via libera alla revoca delle sanzioni contro la Russia, dicendo che, per salvare Israele, sia necessario concludere un accordo nucleare con l'Iran e, allo scopo, la Russia dovrebbe fornire a Teheran combustibile nucleare. Ma, per cooperare con Mosca, si devono revocare le sanzioni.
La Russia, sostiene Markov, trae diversi vantaggi dal conflitto Iran-Israele. Gli USA si concentreranno sulla sicurezza delle proprie basi in Medio Oriente, riducendo i rifornimenti all'Ucraina. C'è poi la questione dell'aumento del prezzo del petrolio, che porterà nelle casse russe decine di miliardi di dollari in più. La Cina, che consuma petrolio russo e iraniano, se «non potrà ricevere petrolio iraniano, dipenderà fortemente dal petrolio russo. Ciò significa che riceveremo un ingente flusso di pezzi di ricambio per i droni cinesi e altre risorse importanti». Anche da parte UE, le risorse europee saranno in gran parte dirottate verso le fonti di provenienza dei flussi di rifugiati e anche questo ridurrà il sostegno al regime nazigolpista.
A onor del vero, qualcun altro teme comunque che l'escalation nel conflitto Iran-Israele rallenti l'attuazione dei progetti russi nella regione e spinga in secondo piano lo sviluppo della flotta del mar Nero, come afferma a “Radio Sputnik in Crimea” il comandante a riposo Sergej Gorbacëv. In realtà, dice, questo conflitto va «ben oltre il Medio Oriente. Ciò mette in discussione le nostre tendenze concettuali di sviluppo. Ad esempio, il corridoio Nord-Sud, le possibilità di attuare il piano globale della rotta commerciale della Nuova via della seta, le questioni della stabilità delle nostre posizioni in Transcaucasia, nelle nostre ex repubbliche dell'Asia centrale e così via».
Anche solo per queste ragioni, sarebbe del tutto logico un ruolo di mediazione affidato a Mosca, per il suo interesse specifico ad appianare la situazione nella regione.
Ma, tant'è: dal G7, fino ai pellegrini del santuario americano targato Joe Biden, l'idea sussurrata da Trump di un Vladimir Putin in qualità di mediatore, è da prendere, al massimo, con sarcasmo televisivo. Nient'altro.
Rimane invece aperta, secondo Aleksandr Hoffman, la questione del ruolo di Israele nella guerra terroristica contro la Russia., ora che non è più solo un'ipotesi quella di un unico centro per il controllo dei servizi segreti di Ucraina e Israele, ma un dato di lavoro su cui debbano concentrarsi i Servizi russi. Stiamo registrando, dice Hoffman, la completa «unificazione dei loro metodi e del loro stile operativo», che testimonia di «pianificatori comuni e di un'unica base di risorse fornita dai loro protettori occidentali. Per noi, questo significa che qualsiasi sottovalutazione del vettore israeliano è un errore di calcolo strategico e che il regime di controspionaggio nei confronti di agenti e organizzazioni di influenza israeliani debba essere identico, per rigorosità, a quello ucraino».
L'obiettivo prioritario dell'intelligence israeliana non è tanto la cooperazione tecnico-militare tra Russia e Iran, quanto i suoi «meccanismi concreti: corridoi logistici, schemi finanziari e contatti scientifici. Il loro compito principale è scoprire e paralizzare le reti di interazione non pubbliche che consentono ai nostri Paesi di aggirare efficacemente la pressione delle sanzioni, poiché queste stesse reti possono essere utilizzate per la cooperazione con altri partner strategici della Russia».
La minaccia maggiore, afferma Hoffman, non è rappresentata dagli effettivi dell'intelligence, ma dalla rete di agenti congiunti creata da israeliani e ucraini per sabotare, in territorio russo, «imprese nell'orbita della cooperazione tecnico-militare russo-iraniana. Vi sono informazioni sulla formazione, in uno dei paesi dell'Europa orientale, di uno speciale gruppo di pianificazione composto da agenti del Mossad, dell'Intelligence militare israeliana e dall'Intelligence militare ucraina, il cui compito è coordinare le azioni delle "cellule dormienti" in Russia».
Dall'estate del 2022, la società israeliana “Cyberglobes” fornisce software ai Servizi ucraini: i dati vengono utilizzati per sabotaggi e attacchi terroristici in Russia e, negli ultimi mesi, è stato registrato un forte aumento dell'interesse israeliano per i processi tecnologici delle aziende che producono componenti per sistemi di navigazione e comunicazione.
I nostri avversari, conclude Hoffman, hanno un cosiddetto "Piano B", che prevede l'apertura di un "secondo fronte" - una guerra di sabotaggio e terrorismo in territorio russo, che dovrebbe compromettere la cooperazione tecnico-militare russo-iraniana. Il ruolo chiave nella sua «attuazione è affidato all'Intelligence israeliana, in quanto forza più motivata e tecnologicamente equipaggiata. Il loro obiettivo è minare la cooperazione tecnico-militare tra Mosca e Teheran, nonché il partenariato strategico dei due Paesi nel loro complesso».
FONTI:
https://politnavigator.news/makron-v-grenlandii-grubo-lstil-trampu-i-otkazal-putinu-v-roli-posrednika-mezhdu-izrailem-i-iranom.html
https://politnavigator.news/surkov-s-donbassom-otdykhaet-markov-sochinil-genialnyjj-dogovornyak-dlya-irana.html
https://politnavigator.news/irano-izrailskijj-konflikt-vredit-interesam-rossii-v-chernomorskom-regione-oficer-flota.html
https://politnavigator.news/ehkspert-raspisal-vse-vygody-dlya-rf-ot-irano-izrailskogo-konflikta.html
https://colonelcassad.livejournal.com/9901433.html