“Così avete ridotto la mia Siria, annientata dalla guerra e dalle sanzioni”

“Così avete ridotto la mia Siria, annientata dalla guerra e dalle sanzioni”

Diana Jabbour, direttrice del sistema radio-televisvo siriano all'AntiDiplomatico: "Anche per colpa delle sanzioni Ue sette milioni di sfollati interni siriani potrebbero presto divenire profughi all'estero"

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di Marinella Correggia e Alessandro Bianchi
 
Un diktat della cupola – il G7 – pochi giorni  fa ha indotto il Consiglio dei ministri degli esteri dell’Unione europea a rinnovare le sanzioni contro la Siria, varate nel 2011. 
 
Dal 2013, peraltro, le sanzioni commerciali sono state attenuate per quanto riguarda le aree controllate dall’opposizione armata. Parallelamente, continua una furiosa campagna mediatica  che parteggia per le cosiddette “forze dell’opposizione e della rivoluzione” - così il Consiglio d’Europa chiama la galassia delle formazioni armate a geometria variabile che hanno distrutto il paese.
 
Abbiamo sentito su questi temi Diana Jabbour,  giornalista, direttrice del sistema radio-televisvo siriano (totalmente censurato nel libero occidente)  e da qualche giorno membro del  cosiddetto “Women's Advisory Board” creato dall’inviato delle Nazioni Unite Staffan de Mistura per contribuire ai negoziati di pace di Ginevra.
 

- Un gruppo di attivisti nei giorni scorsi ha costituito il Comitato italiano contro le sanzioni alla Siria e avviato una petizione europea a sostegno dell’appello di numerosi religiosi siriani, una decisa denuncia dell'impatto terribile sulla popolazione siriana di un embargo disumano in un paese devastato dalla guerra. Nel Parlamento italiano, prima del rinnovo delle sanzioni da parte dell'Unione Europea il 27 maggio scorso, sono stati depositati atti di diversi gruppi che chiedevano al governo di non rinnovare in sede europea l'embargo. Ci può indicare quali sono le conseguenze concrete sulla popolazione delle sanzioni internazionali occidentali contro la Siria?
 
Il Presidente della Repubblica Araba Siriana Bashar Al-Assad il 30 marzo scorso in un'intervista all'agenzia “Sputnik” ha stimato che la perdita economica complessiva per la Siria possa essere pari a 200 miliardi di dollari. Le sanzioni dell'Unione Europe hanno avuto effetti molti negativi sulla popolazione siriana, specialmente perché attuate in un periodo di guerra. Hanno, in particolare, prodotto gravissimi danni alle aziende dello Stato, mettendone fuori uso la maggior parte. 
Mi permetto di indicare alcuni dati che possono fotografare la Siria, vittima della guerra e delle sanzioni. Studi non ufficiali e varie ricerche stimano che milioni di siriani hanno perso la loro fonte di reddito. Gli indici di sviluppo umano che calcolano reddito, educazione e sanità si sono deteriorati completamente, così come è crollato il potere di acquisto dei cittadini. La lira siriana è crollata. Per non parlare delle conseguenze sulla malnutrizione, sulla mancanza di acqua pulita, sui servizi sanitari: un peggioramento che certo è anche dipeso dalla distruzione degli ospedali e dalla partenza di tanti medici. 
Prima del marzo 2011, il settore dei farmaci del paese copriva il 90% dei bisogni del paese, medicinali venivano esportati a 54 paesi e il Pil era stato di 64 miliardi di dollari, superiore a quello del 2010. La produzione petrolifera era al 27° posto al mondo: con 400 mila barili al giornio era circa il 7% del Pil nazionale. La produzione elettrica, inoltre, era di 46 miliardi di Kilowatt all'ora nel 2010, tale da soddisfare tutte le esigenze della popolazione siriana, con il surplus che veniva esportato al Libano.
I settori del petrolio e dell’energia, il settore del turismo (prima fiorente, ora azzerato) hanno perso centinaia di miliardi.
Prima della guerra l’analfabetismo era assente. Nel 2010 avevamo 21 mila edifici scolastici; 7 mila sono stati distrutti durante la guerra. Una grande percentuale degli studenti siriani ha interrotto gli studi.
Esisteva un ospedale ogni 10 mila persone nel paese e ogni 20mila nelle città, in linea con quanto deciso dalla politica governativa sanitaria offerta ai cittadini.
Oltre 113 mila edifici sono stati distrutti durante la crisi, 35 mila solo ad Aleppo. La perdita nel settore del commercio è stimata essere superiore ai 750 miliardi di lire; le perdite nell'industria siriana sono oltre 336 miliardi di lire siriane, la lira siriana ha perso l'82% del suo valore.
L'immigrazione di massa della popolazione siriana dipende da questo. Tutti questi sono i risultati diretti della guerra al terrorismo jihadista. E le sanzioni occidentali sono uno dei fattori che maggiormente ne rallenta la conclusione.

 
- La campagna mediatica dei grandi media, dei governi della Nato e del Golfo contro la Siria è molto forte. Cosa fate per difendervi e per controbilanciare alcune Ong che in Occidente vengono viste come il riferimento delle notizie come l'”Osservatorio siriano” di Londra?

Anche in questo caso preferisco essere schematica nella risposta:
Primo. Abbiamo aperto la porta ai giornalisti stranieri e corrispondenti per venire a visitare la Siria per conoscere la situazione sul terreno
Secondo. Abbiamo emesso rapporti e comunicati alla stampa, oltre che documentari, attraverso il ministero dell'Informazione, per chiarire i danni fatti alla Siria e alla popolazione siriana.
Terzo. Abbiamo indirizzato alle Nazioni Unite un appello per informarla su quello che sta accadendo e offerto i documenti necessari.
Quarto. Monitoriamo i mezzi di informazione arabi per spiegare i fatti.
Quinto. Abbiamo offerto alle ambasciate siriane (quelle ancora aperte) video e documentari che spiegano quello che sta accadendo in Siria.
 

- Un dirigente politico russo all'Onu ha dichiarato che sette milioni di sfollati in Siria, se le sanzioni internazionali e la guerra dovessero proseguire, potrebbero presto divenire dei nuovi profughi all'estero. Cosa pensate della politica occidentale verso i profughi siriani?
 
Purtroppo, questa affermazione è logica: la continuazione della guerra, le sanzioni, le pressioni sullo stato siriano non danno ai cittadini opzioni sicure e stabili. Questa crisi non può essere risolta nel modo corrente, l'unica speranza è quella che, ricostruendo i rapporti con le autorità siriane, si raggiunga la stabilità e si creino le condizioni perché i rifugiati possano tornare a vivere nelle loro case.

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