Hollywood a Kiev

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Visita in stile hollywoodiano quella di Biden a Kiev. L’obiettivo non era solo simbolico, ma anche pratico: rassicurare Zelensky del sostegno della Casa Bianca, dopo mesi di frizioni tra Washington e Kiev, con la prima recalcitrante a supportare il massimalismo del presidente ucraino (Piccolenote).

Massimalismo che, ovviamente, Zelensky ha rilanciato grazie a questa visita, con Biden accodato nel ripetere come un mantra il supporto “incrollabile” all’alleato.

Per ora non è dato sapere cosa i due si siano detti in realtà, al di là delle frasi ottime per la propaganda e della promessa di altri 500 milioni di aiuti, sicuramente al di sotto delle aspettative di Zelensky. Peraltro, a conferma di questo basso profilo tenuto dal presidente Usa, sempre sul Nyt, si legge che Biden “non ha parlato delle armi più avanzate richieste dall’Ucraina”.


Lo show degli allarmi anti-aerei

Resta lo stile hollywoodiano della visita. Così il New York Times racconta la scena più drammatica della visita: “Mentre suonavano le sirene dei raid aerei, Biden passeggiava sotto il sole con il presidente Volodymyr Zelensky”.

E ancora, sempre il Nyt: “Le sirene dei raid aerei scandiscono la passeggiata di Biden nel centro di Kiev”. Tocco drammatico che non guasta. Resta che il Consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan ha dichiarato: “Abbiamo informato i russi che il presidente Biden si sarebbe recato a Kiev. Lo abbiamo fatto alcune ore prima della sua partenza per scopi di deconfliction” (The Hill).

Insomma, si era chiesto ai russi di non sparare durante la visita, cosa che la Russia si sarà peritata di fare: se un solo missile fosse caduto per sbaglio a Kiev durante la visita, sarebbe scoppiata la Terza guerra mondiale.

Peraltro, Sullivan non ha voluto dire che i russi avevano acconsentito a un breve cessate il fuoco (senza questo, la visita sarebbe saltata, ovviamente). Ciò perché nella mente degli strateghi di Washington tale risposta condiscendente avrebbe fatto guadagnare qualche punto di immagine a Mosca e avrebbe vanificato l’effetto drammatizzante degli allarmi aerei.

Infatti, dalle dichiarazioni di Sullivan appare chiaro che le sirene anti-aeree sono state attivate per l’occasione solo per dare alla visita quel tocco di drammaticità che non guasta, sia per la causa ucraina sia per l’immagine del presidente americano, che, offuscata dai tanti passi falsi, grazie al coraggio dimostrato nello sfidare le bombe del nemico, spera di guadagnare qualche punto (anche se ne dubitiamo: troppo forte la polarizzazione che lacera l’America).


Wang Yi e Blinken

Va segnalato che, in parallelo alla visita ucraina di Biden, il ministro degli Esteri cinese ha annunciato la sua prossima visita a Mosca: annuncio che arriva subito dopo il suo incontro a Monaco con il Segretario di Stato americano Tony Blinken (incontro, va ricordato, a porte chiuse).

Nel congedarsi da Wang Yi, Blinken ha minacciato la Cina, affermando che un suo eventuale ausilio a Mosca avrebbe avuto dure conseguenze. Ma, al di là delle minacce di prammatica, nel segreto è certo che il diplomatico cinese abbia parlato al suo interlocutore del piano di pace per l’Ucraina sul quale sta lavorando.

E nel segreto qualche concordanza Wang Yi deve averla pur ottenuta, altrimenti, se avesse ottenuto un secco niet da Blinken, non andrebbe a parlare di pace a Mosca (Jakarta Post). Gli Usa, sul punto, hanno diritto di veto (vedi anche l’interessante intervista dell’ex premier israeliano Naftali Bennet).

Questa dinamica ricorda quanto è avvenuto agli inizi di febbraio, quando Blinken inviò a Mosca un messaggio tramite il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry.

Nulla si sa del contenuto del messaggio, tranne lo scoop rilanciato da Newsweek sul fatto che la Casa Bianca avrebbe concesso a Putin il 20% dell’Ucraina pur di far finire la guerra. Scoop che serviva ad affondare la trattativa sul nascere, come di fatto è avvenuto, con l’amministrazione Usa che si è affrettata a smentire tutto.

Ora c’è il rilancio cinese. E la visita di Biden a Kiev potrebbe essere servita, oltre che per le ragioni suddette, per tranquillizzare Zelensky sul fatto che non sarà escluso da un eventuale accordo, pur non partecipando alla trattativa (che dovrà solo ratificare).

Dal fronte segnali contraddittori

In questo quadro vanno probabilmente visti i recenti sviluppi militari. Da una parte Mosca sembra stia rallentando gli attacchi a Bakhmut, con il capo dei mercenari della Wagner che si è lamentato perché i vertici dell’esercito non gli offrono il supporto adeguato (a Mosca “non vogliono vincere la guerra”, questo l’interessante cenno del suo leader).

Da parte sua Zelensky ha detto che Kiev difenderà Bakmuth, ma “non a qualsiasi prezzo” (The Hill). Un ammorbidimento della determinazione dimostrata finora di difenderla fino all’ultimo uomo. Insomma, i duellanti sembrano frenare.

Certo, alla base di tali mutamenti ci sono anche strette ragioni militari, problemi logistici per i russi e gravi difficoltà a tenere la posizione per Kiev. Ma questo momento di sospensione può aiutare a trovare accordi sottobanco.

Va comunque tenuto presente che affondare uno spiraglio di pace è facilissimo, basta un incidente, un’inchiesta, uno scoop… vedremo.

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