Il capitale vuole la guerra e il riarmo

Il carattere strategico degli investimenti militari per superare la crisi sistemica

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Il capitale vuole la guerra e il riarmo

 

di Federico Giusti

Il Piano “Readiness 2030” dell’UE prevede un impegno complessivo di circa 800 miliardi di Euro, con la spesa UE-27 salita a 348,5 miliardi nel 2024 (1,9% del PIL, +24% rispetto al 2023) e un obiettivo NATO del 5% al 2035, pari a 781,7 miliardi aggiuntivi per l’UE. Di questi 800 miliardi di Euro, 650 miliardi sarebbero richiesti dai bilanci nazionali dei singoli Stati Membri (ipotizzandoli esenti dalle regole fiscali europee) mentre 150 miliardi di Euro da ReArm Europe sarebbero raccolti sui mercati dei capitali, sostenuti dal bilancio dell’UE, stimolando l’aumento dei contributi della Banca Europea degli Investimenti (BEI)

Forum di Cernobbio: 51^ edizione | The European House - Ambrosetti

Il documento strategico sulla industria di armi presentato al Forum di Cernobbio merita di essere letto, studiato e diffuso, il ricorso al Riarmo e alla Guerra è stato studiato a tavolino e da tempo proposto come soluzione della crisi sistemica.

Sono cambiati gli scenari di guerra, acquistano sempre maggiore rilevanza le tecnologie digitali, i satelliti e i droni e per giustificare colossali investimenti pubblici e privati si denuncia l’estrema pericolosità degli attacchi cyber in UE, cresciuti di numero e sempre meno prevedibili per il supporto accordato dalla Intelligenza artificiale. Un monito verso l’Italia lanciato dagli imprenditori che ricordano la esigua spesa nazionale per combattere gli attacchi informatici costruendo dei sistemi difensivi avanzati e altamente tecnologici. Sempre nel rapporto si scrive che l’Italia rimane ultima tra i principali Paesi europei per spesa in difesa cyber in rapporto al PIL……e cresce l’esigenza di sviluppare capacità autonome di difesa a livello UE.

L’obiettivo è ambizioso, acquisire tecnologie di ultima generazione per garantire alla Ue l’autonomia strategica con incremento delle spese in D&S di circa 800 miliardi di euro per raggiungere in un decennio la spesa militare pari al 5 per cento del PIL a cui aggiungere ulteriori capitoli di spesa dipendenti da altri Ministeri ma pur sempre riconducibili al comparto bellico.

La Ue punta quindi sull’ industria della D&S la cui crescita in termini di fatturato, utili, azioni in borsa e anche occupazione è considerata la più elevata performance nell’economia capitalistica. I dati indicati nel documento strategico sono eloquenti ipotizzando la crescita nel fatturato e nell’occupazione (rispettivamente +7,4% e +7,2% medio annuo nel quinquennio 2019-2023) quanto nelle esportazioni e negli investimenti in Ricerca &Sviluppo (cresciuti entrambi di oltre il 9% nel quinquennio 2019-2023).Con una presenza consolidata di grandi gruppi della D&S nei principali Paesi europei (in primis, Francia, Italia, Germania e Regno Unito), il fatturato dell’industria europea della D&S è cresciuto in media del 7,4% annuo nel quinquennio 2019-2023 rispetto al +5% del PIL UE-27. Anche l’occupazione della filiera europea della D&S è cresciuta a un tasso medio annuo del 7,2% nello stesso periodo rispetto al +0,7% dell’occupazione a livello complessivo UE.

Sono soprattutto le speculazioni borsistiche, le quotazioni in borsa dei titoli azionari legate alle imprese produttrici di armi a rappresentare una fetta rilevante degli affari in corso, al contempo Ricerca e Sviluppo sono indirizzati ai settori giudicati dirimenti per il futuro dell’industria bellica europea, in linea con le indicazioni del grande progetto di Riarmo europeo ossia i sistemi (elettronici e non ) di difesa aerea e antimissile, i droni e gli anti droni, la IA, il settore cyber e la guerra elettronica oltre a sistemi di artiglieria, munizioni. I limiti dell’Italia sono legati al basso numero di brevetti depositati e agli investimenti stanziati, le criticità evidenziate suggeriscono repentini cambi di rotta destinando risorse economiche in alcuni campi che poi sono quelli dove maggiore è la presenza delle multinazionali.

Grande è il peso della propaganda, la industria delle armi leggere pesa come la industria del turismo ma nell’immaginario collettivo si pensa a un apporto decisamente maggiore, gli analisti (legati alle grandi aziende del settore) calcolano un aumento esponenziale della produzione, degli occupati e degli utili per le aziende produttrici di armi e connesse alla Ricerca e Sviluppo di nuove tecnologie, prendiamo allora per buoni i dati presentati

La filiera italiana della Difesa e Sicurezza genera ogni anno un giro d’affari totale superiore a 60 miliardi di Euro e presenta un moltiplicatore economico pari a 2,72, il che significa che per ogni Euro di fatturato diretto si attivano ulteriori 1,72 Euro nell’economia nazionale

L’aumento degli investimenti pubblici è di vitale importanza, pensano che attestando la spesa militare al 5 % del PIL si possa triplicare il fatturato dell’industria nazionale della D&S ad oltre 70 miliardi di Euro all’anno 2035 non prima di avere ripensato anche la struttura organizzativa e gestionale dell’intero settore, dall’apparato burocratico per il procurement militare fino a un rapporto di collaborazione e sinergico tra le imprese del settore. E se un settore viene giudicato strategico  e questo settore produce armi e sistemi di distruzione di massa viene da pensare che le guerre saranno sempre più presenti e da giustificare nel contesto sociale con una devastante presenza della cultura militarista per prepararci alla ineluttabilità del conflitto armato come unica soluzione alle controversie internazionali

 

 

 

 

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