Il Pakistan si ferma per Malala

Il Pakistan si ferma per Malala

Giornata di preghiera nazionale per la giovane attivista che sta compiendo il miracolo di unire il paese

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Giornata di preghiera oggi in Pakistan per Malala Yousafzai, la ragazzina di 14 anni vittima di un attacco armato da un gruppo di talebani martedì scorso. Dopo aver subito un intervento chirurgico all'ospedale di Peshwar, dove le è stato rimosso il proiettile dal cranio, Malala è stata trasferita all'ospedale militare di Rawalpindi. I dottori hanno definito che i prossimi giorni saranno “decisivi”.
Come scrive il New Statesman, l’attentato alla piccola è riuscita a sconvolgere “persino un Pakistan di norma abituato a tragedie del genere”. Le scuole sono chiuse, le bambine pregano per il loro simbolo. La rivendicazione dei talebani ha ulteriormente compattato la popolazione e reso Malala il simbolo di un cambiamento sociale possibile. A Peshawar è andato a visitarla il capo dell’esercito pakistano, affermando che gli uomini colpevoli sono dei “codardi con una mente contorta”. “Malala è il nostro orgoglio, un’icona del paese”, dice il ministro dell’interno. Imran Khan, grande stella del cricket – sport popolarissimo nei paesi indiani – diventato politico, si è offerto di pagare per le sue cure. Mian Iftikhar Hussain, ministro per i rapporti con gli enti locali, ha offerto una taglia di 100mila dollari per ogni informazione che possa portare alla cattura dei soggetti: “Non sono esseri umani, non hanno un’anima”. 
Nella regione di Swat, al confine con l'Afghanistan, dal 2003 al 2009 i talebani presero il controllo e vietarono l'istruzione femminile, distruggendo centinaia di scuole. Malala ha sfidato il divieto: mentre i talebani decapitavano la gente per «comportamenti anti-islamici», lei continuava ad andare a scuola e, nel 2009, a undici anni, scrisse un diario online per la Bbc raccontando sotto pseudonimo la sua vita di studentessa. «Avevamo paura che ci gettassero addosso l'acido o che ci rapissero. Quei barbari erano capaci di qualunque cosa. Perciò evitavamo di indossare la divisa scolastica, portavamo abiti normali per non dare nell'occhio, nascondevamo i libri sotto lo scialle». Era un diario in urdu, stampato anche su un giornale locale, dunque accessibile a chi non sa l'inglese, per dare coraggio ad altre bambine e alle loro famiglie. Malala ha anche vinto il Premio Nobel per la pace dei giovani e la ong internazionale KidsRights Foundation l'ha nominata per l'International Children's Peace Award.

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