Il più forte condizionamento dell'opinione pubblica della storia

Il più forte condizionamento dell'opinione pubblica della storia

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Per chi non lo avesse capito, il controllo e l'orientamento dei social media in Occidente rappresenta la più forte leva di condizionamento dell'opinione pubblica della storia. 


Parliamo della capacità di orientare le scelte culturali e politiche di miliardi di persone.

Poter bloccare, o ridurre la circolazione di alcune notizie, o al contrario alimentare la viralità di altre, significa decidere l'agenda del discorso pubblico, decidere quali temi diventeranno dei "must" su cui è necessario avere un'opinione, decidere quali idee e parole d'ordine rimarranno di nicchia, significa indirettamente decidere maggioranze parlamentari, governi, politiche internazionali, ecc.

E nonostante ciò ci sono ancora in circolazione un buon numero di imbecilli che tirano fuori l'argomento: "Sono privati, fanno quello che vogliono".

Al di là del fatto che privati guidati dalla National Security Agency americana sono privati per modo di dire, comunque è imperdonabile non capire che simili concentrazioni monopolistiche di potere sovranazionale sono la garanzia di una distruzione di ogni democrazia.

A tutti quelli che si riempiono sempre la bocca di antifascismo ricordiamo che rispetto alle odierne operazioni di controllo via social le veline del regime fascista erano innocuo dilettantismo.

(E il fatto stesso che il miglior modo rimasto per contestare questo ruolo dei social sia - come sto facendo ora - attraverso i social, è la manifestazione più chiara del successo di questa operazione.)

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NONC'ÈDICHE. 
di Daniele Luttazzi. 
Le “manone” della Cia controllano (e oscurano) le notizie su Facebook. 
Il Fatto Quotidiano 4 APRILE 2023. 

Riassunto delle puntate precedenti: quello che Facebook, Twitter, Google, TikTok e Reddit mostrano agli utenti viene deciso da centinaia di ex-agenti Cia, Fbi e Nsa che sono stati assunti dai social per pilotare il fact-checking (per esempio, sulla guerra in Ucraina): decidono quale narrazione è giusta o sbagliata; selezionano i feed di notizie mostrati agli utenti; e cassano le notizie che giudicano “fake”. Inoltre, le agenzie di fact-checking di Facebook (anche quella italiana, Open) sono tutte “certificate” dall’Ifcn, ovvero dal Poynter Institute, entrambi finanziati dal Ned, ovvero dalla Cia: quando un loro fact-checker bolla un contenuto come falso, le piattaforme Meta (Facebook, Instagram, WhatsApp) ne riducono la visibilità. Infine, dopo lo scandalo Cambridge Analytica, Facebook è diventato partner dell’Atlantic Council, il think tank Nato nel cui consiglio di amministrazione figurano Kissinger ed ex-direttori Cia. Non si sapeva nulla di tutto ciò e la cosa dovrebbe preoccupare, ma in Italia nessun giornalone (e nessun tg generalista) ha ripreso questa notizia bomba: una ragione in più per continuare a parlarne. MacLeod: “In una guerra, tutti mentono: la Russia diffonde falsità costantemente, ma anche i Paesi Nato. Quando però un fact-checker critica un belligerante e tace sull’altro, si schiera, sta facendo propaganda. Se Facebook assumesse agenti russi, tutti vedrebbero la minaccia. Con le agenzie Usa, nessuno vede il problema”. I fact-checker Cia non debunkano il proprio fact-checking finanziato dalla Cia, o le operazioni Cia. Il quadro che ne risulta è che solo i russi mentono. MacLeod: “Data l’influenza mondiale di Facebook, si tratta di un problema di sicurezza nazionale per ogni Paese del mondo. E non è solo Facebook. L’operazione è talmente enorme che è difficile dire dove termina Silicon Valley e dove comincia la sicurezza nazionale Usa. Con agenti Cia a smistare il traffico sulle piattaforme principali, è come se la Cia, un’organizzazione responsabile di alcuni dei peggiori crimini dell’era moderna, decidesse cosa possiamo vedere o no online. Tutto senza controllo pubblico”. Il vantaggio pratico è enorme: il governo Usa controlla il flusso informativo online senza bisogno di dire alle piattaforme quale politica implementare. MacLeod aveva scoperto il retroscena spulciando i profili LinkedIn: dopo i suoi articoli, molti profili di ex-agenti sono stati modificati in modo da rendere impossibile rifare la ricerca digitando “Cia”, “Fbi”, “Nsa” e “Dipartimento della Difesa”, come aveva fatto lui (qui gli screenshot pubblicati da MacLeod: bit.ly/40WJELC). Chi fa il fact-checking ai fact-checker? MacLeod: “Piccoli media indipendenti come MintPress (www.mintpressnews.com), che viene costantemente ostacolato: bloccato da Facebook, dove aveva 400 mila follower, soppresso dall’algoritmo di Google e rimosso da servizi di transazione finanziaria come PayPal”. Fra il 2017 e il 2021, Facebook ha scoperto sulla sua piattaforma campagne di disinformazione in Russia, Iran, Myanmar e Ucraina. MacLeod: “Negli Stati Uniti ha debunkato le bufale di teorici della cospirazione e di suprematisti: non quelle del governo. Nonostante adesso si sappia che il Pentagono impiega un esercito clandestino di 60 mila persone per influenzare l’opinione pubblica online usando falsi profili”. Ne scrisse l’anno scorso Newsweek dopo due anni di indagini (bit.ly/3Gchowk): un ufficiale che supervisionava le operazioni, ora in pensione, parlò di “programmi speciali di accesso” che schermano dai controlli, sicché nessuno sa quanto siano estese quelle attività. E aggiunse di temere che “il desiderio di essere invisibili al nemico oscuri ciò che gli Stati Uniti stanno facendo nel mondo e renda anche più difficile portare a termine i conflitti”.

Andrea Zhok

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Professore di Filosofia Morale all'Università di Milano

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