La situazione del dollaro dietro la decisione di Trump

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La situazione del dollaro dietro la decisione di Trump



di Alessandro Volpi*



Il vero pericolo. Penso che uno dei motivi principali dell'attacco di Trump all'Iran sia la volontà di dimostrare la forza militare degli Stati Uniti nel tentativo di riconquistare la "fiducia" del mondo, o di una parte di esso, nei confronti dei simboli dell'economia americana, costituiti dal dollaro e dai titoli del debito pubblico. In realtà non si tratta affatto solo di simboli perché il dollaro sta perdendo sempre più rapidamente la condizione di valuta di riserva e di scambio internazionale; una condizione che permetteva alla Federal reserve di stampare dollari a suo piacimento per finanziare la spesa federale americana, dunque per coprire le spese militari, per fare giganteschi salvataggi come nel caso delle banche dopo il 2008, per stimolare i consumi interni con continui incentivi e per evitare di aumentare le imposte.

Oggi questa prerogativa, di fatto, non esiste più: solo nei confronti dell'euro il dollaro è ormai ben sotto la parità, con un cambio sceso da 0,95 a 0,86 in pochissimo tempo e non si tratta solo di una manovra di voluta svalutazione ma di vera perdita di credibilità, ancora più marcata verso altre monete mondiali. In queste condizioni se gli Stati Uniti emettessero carta moneta per affrontare la crisi - cosa che non fanno peraltro dal 2020 - è molto probabile che il dollaro vedrebbe ulteriormente ridotto il proprio valore.

Nel caso del debito, la situazione Usa è ancora più critica. Oggi per collocare un titolo a dieci anni il Tesoro degli Stati Uniti deve pagare il 4,38 contro il 2,53 della Germania, l'1,69 della Cina e l'1 del Giappone. Nel giro di un anno, per effetto di ciò, il costo degli interessi è passato da 753 miliardi a 1235 miliardi di dollari, superando ampiamente la spesa militare.

Dunque Trump, di fronte alla fine della capacità di essere considerati beni rifugio da parte dei simboli degli Stati Uniti, dollaro e debito, ha pensato, mettendosi un cappellino rosso in testa e creando una war room da Bmovie, di persuadere il mondo del "Primato" Usa mettendo in campo la potenza militare, ormai l'unico vero elemento di forza degli Stati Uniti, che però sanno, a queste condizioni, di potersi permettere ancora per poco. Il guaio vero è che questa soluzione non sembra funzionare e, molto probabilmente, non funzionerà più perché nella percezione globale, al di là del servilismo europeo, Trump non guida più una nazione in grado di fornire beni rifugio.

E allora, uno che si è messo in testa quel cappellino, che è attaccato dai grandi fondi finanziari, spaventati dalla crisi del capitalismo, dal presidente della Fed, terrorizzato dai conti federali, e che non dispone di ricette credibili come dimostra la vicenda dei dazi, c'è il rischio vero che tenti ogni volta un rialzo, da vero giocatore d'azzardo, aumentandola dose di utilizzo di forza militare. Fino all'apocalisse?
 
*Post Facebook del 23 giugno 2025

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