Le economie del G7 hanno opinioni divergenti sulla Nuova Via della Seta

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di Yang Fanxin | da china.org.cn


China.org.cn, 10 aprile 2019


Traduzione di Marco Pondrelli - Marx XXI


I ministri degli Esteri del G7 hanno concluso la loro riunione annuale di due giorni a Dinard, nella Francia occidentale, il 6 aprile con un comunicato congiunto che riconosce la capacità della Cina di fornire importanti contributi ai beni pubblici globali. Questo potrebbe essere un indicatore della divisione tra le potenze del G7 sui punti di vista verso la Belt and Road Initiative (BRI), che alcuni paesi sviluppati demonizzano come segnale dell'ingresso nell'orbita economica della Cina e come ostacolo alle alleanze.



Lo scetticismo intorno alla BRI è sempre esistito. Nel dicembre 2018, il consigliere statunitense per la sicurezza nazionale John R. Bolton ha affermato, in un discorso, che l'obiettivo ultimo dell'iniziativa Belt and Road è quello di promuovere il dominio globale cinese. James Holmes dell'U.S. Naval War College ha anche espresso la convinzione che la BRI permetterà alla Cina di espellere gradualmente gli Stati Uniti dall'Asia nel corso del tempo, mentre fa crescere i suoi alleati. Vali Nasr, decano della Johns Hopkins University School of Advanced International Studies (SAIS), ritiene che la Via della Seta, che collega la Cina al commercio UE, cambierà il concetto di "Asia" e l'ordine mondiale. Ma in realtà la BRI si riferisce all'integrazione tra Oriente e Occidente e riflette l'ascesa dell'Asia nel suo complesso, non solo della regione Asia-Pacifico.


Un rifugio dalla guerra fredda


Da un punto di vista storico il sistema delle alleanze degli Stati Uniti è un'eredità della Guerra Fredda, a seguito della quale le successive amministrazioni statunitensi hanno cercato di rafforzare la propria posizione globale adattandosi alle nuove tendenze strategiche e ai cambiamenti regionali. Oggi quel sistema rimane il fondamento delle relazioni diplomatiche e della sicurezza globale degli Stati Uniti. Con l'istituzione di una serie di basi militari permanenti, basi operative e punti di sicurezza cooperativa nei paesi alleati, gli Stati Uniti proteggono efficacemente i propri interessi globali e possono gestire le crisi regionali basate su tali interessi. Come ha scritto il famoso studioso americano Zbigniew Brzezinski: "La supremazia degli Stati Uniti nel mondo è sostenuta da un bel sistema di alleanze che copre tutto il mondo".


Tuttavia, nell'ambito della politica "America First" di Trump, il sistema delle alleanze statunitense ha incontrato una crisi senza precedenti. Il 4 dicembre 2017, Gideon Rachman del Financial Times ha scritto, nell'articolo "Farewell Uncle Sam, Hello Uncle Donald", sullo status quo e sullo sviluppo futuro delle relazioni tra gli Stati Uniti, da quando il presidente Donald Trump è entrato in carica. Concentrandosi sui tre alleati americani più vicini - Regno Unito, Australia e Giappone - Rachman ha concluso che se questi sistemi di alleanza dovessero disintegrarsi, la forza globale degli Stati Uniti crollerebbe.Alla fine della guerra fredda gli americani hanno incontrato una crisi di legittimità nella regione dell'Asia-Pacifico. Con la scomparsa della minaccia sovietica la presenza militare statunitense è stata nuovamente messa in discussione dai paesi della regione, compresi gli 
alleati. Inoltre, a causa dell'emergere del nazionalismo nelle Filippine, in Giappone e in altri paesi, l'alleanza USA-Giappone ha ristagnato e l'esercito statunitense è stato spazzato via dalla base militare filippina, lasciando vacillare la leadership statunitense nella regione.


La perdita di potere degli Stati Uniti nel 21° secolo


Da un lato all'inizio del XXI secolo, a causa dell'enfasi sulla "guerra contro il terrorismo", l'attenzione degli Stati Uniti per la regione Asia-Pacifico è vacillata. Sotto il nome dell'antiterrorismo congiunto, l'amministrazione Bush ha dato agli alleati della zona una nuova missione. Le alleanze con il Giappone, la Corea del Sud e l'Australia hanno superato la sicurezza della regione Asia-Pacifico e sono state coinvolte nel Medio Oriente e nell'Asia centrale.


D'altra parte, gli Stati Uniti hanno attraversato due guerre regionali e una crisi finanziaria, con le loro risorse strategiche drasticamente esaurite e il loro potere e prestigio martoriato. Pertanto la capacità di controllare l'ordine nella regione Asia-Pacifico è diminuita. Nel frattempo la regione ha vissuto un periodo di rapido sviluppo che raramente si è visto nella storia; con i cambiamenti strutturali nei processi di potere e di integrazione, la posizione dominante degli Stati Uniti nella regione ha incontrato dei limiti. L'ascesa dei paesi emergenti nella regione Asia-Pacifico e le voci di dissenso dei suoi stessi alleati hanno reso gli Stati Uniti preoccupati per una perdita di egemonia senza precedenti.


Incapaci di mantenere il funzionamento del sistema dell'alleanze, gli Stati Uniti lanciano quindi come capro espiatorio la BRI. Quando l'ambiente diplomatico degli Stati Uniti affronta nuovi cambiamenti e la sua economia è fluttuante e non più in grado di sostenere gli alti costi di mantenimento dell'egemonia, il divario tra la sua capacità di attuare la politica estera e il suo obiettivo di mantenere gli interessi nazionali vitali si espande. Gli Stati Uniti hanno sentito chiaramente che il loro status di superpotenza è messo in discussione. Inoltre alcuni degli alleati sono abituati a godere della protezione fornita dagli Stati Uniti, cosa che mette anche in gioco la loro autorità.


L'Asia in crescita


La regione dell'Asia-Pacifico è, oggi, una delle aree più dinamiche con il maggior potenziale di crescita del mondo. Nel contesto dell'economia mondiale anche l'economia dell'Asia-Pacifico, nonostante le tendenze positive, sta affrontando incertezze e sfide come la stagnazione della crescita. La BRI cinese, con l'interconnettività come punto di riferimento, promuove il flusso dei fattori di produzione e dei beni pubblici per liberare ulteriormente il potenziale di crescita economica.


La Cina ha raggiunto un rapido sviluppo autonomo, integrandosi nel sistema economico internazionale. La BRI dimostra l'intenzione della Cina di aprirsi attraverso ampie riforme delle strutture economiche e promuovere l'ulteriore integrazione di tutte le parti nel mercato globale attraverso l'interconnettività. L'Italia è stata il primo membro del G7 ad aderire formalmente all'iniziativa e la sua decisione di aderire è una mossa positiva che contribuirà a rafforzare la sua economia e la cooperazione tra i due Paesi. Le alleanze nella regione dell'Asia-Pacifico degli Stati Uniti non sono mai state un sistema di sviluppo cooperativo quindi non possono incolpare la BRI, ovunque essa vada.


Yang Fanxin è un ricercatore associato presso il Chongyang Institute for Financial Studies, Renmin University of China.

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