Washington alza il tiro, il mondo risponde: il Venezuela non è solo
Le tensioni attorno al Venezuela raggiungono un nuovo picco mentre Washington mantiene un inedito dispiegamento militare nel Mar dei Caraibi, giudicato da Caracas come un atto di aggressione. Da Mosca arriva un monito severo: il viceministro degli Esteri Sergey Riabkov avverte gli Stati Uniti contro «qualsiasi passo verso uno scontro aperto», denunciando la volontà della Casa Bianca di riaffermare un “dominio incontestabile” nella regione. La Russia, che ha rafforzato di recente la cooperazione strategica con il Venezuela, ribadisce il proprio sostegno “spalla a spalla” al governo bolivariano.
Intanto Donald Trump rilancia la retorica bellicista: dopo i bombardamenti contro presunte imbarcazioni di narcotrafficanti - oltre 80 morti senza prove di traffici illeciti - annuncia attacchi anche via terra, estesi a qualunque Paese ritenuto parte della filiera della droga. Una narrativa però smentita dall’ONU e dalla DEA, che confermano come il Venezuela non sia una rotta centrale del narcotraffico verso gli Stati Uniti. Mentre cresce la pressione esterna, Maduro incassa nuove prove di sostegno diplomatico. In una telefonata con Recep Tayyip Erdo?an, i presidenti di Venezuela e Turchia hanno espresso preoccupazione per l’escalation statunitense e annunciato un ulteriore rafforzamento dei rapporti bilaterali, dal commercio agli investimenti, fino al ripristino del volo diretto Caracas–Istanbul.
Sul piano globale si moltiplicano le mobilitazioni contro la politica aggressiva di Washington: dagli Stati Uniti all’America Latina, dall’Europa all’Africa. A New York, Chicago, Città del Messico, Santiago, L’Avana e Kinshasa, migliaia di persone scendono in piazza denunciando la “falsa guerra antidroga” e difendendo la sovranità venezuelana. Movimenti sociali, sindacati, collettivi antifascisti e comunità indigene convergono su un messaggio comune: «Fuori le truppe dai Caraibi. Nessuna guerra per il petrolio».
Dalla vasta rete di solidarietà globale emerge un punto fermo: il Venezuela non è una minaccia, ma un attore centrale del nuovo equilibrio multipolare, simbolo della lotta contro l’unilateralismo e in difesa dell’autodeterminazione dei popoli.
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