Aymeric Monville sulla Francia: "Un Paese incapace di essere nazione"

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Aymeric Monville sulla Francia: "Un Paese incapace di essere nazione"

di Jafar Salimov

L'editore, pubblicista e politologo francese Aymeric Monville ha spiegato cosa significano i risultati delle elezioni per la società francese.

– Il partito di destra di Le Pen si è dimostrato il più popolare nei circoli proletari. Perché? La sinistra francese non esprime gli interessi del proletariato e l'elettorato è costretto a rivolgersi a destra?

– Sì, il 52% degli operai, ad esempio, vota per il Rassemblement National. Questo partito è in testa nel 93% dei comuni francesi. Solo i grandi centri urbani, integrati nella globalizzazione, sono in controtendenza. 

È un voto di protesta, essenzialmente, dopo i risultati sempre più disastrosi dell'economia francese: inflazione galoppante, debito abissale, declassamento del rating della Francia da parte delle agenzie. Questo spiega anche perché, questa volta, anche gli anziani, che di solito sono piuttosto restii ai cambiamenti, hanno iniziato ad abbandonare Macron per Le Pen. 

L'argomentazione secondo cui questo partito di estrema destra non sarebbe abbastanza serio non sembra più reggere, non perché il RN sia ora percepito come affidabile, ma perché Macron stesso non lo è più. 

Per la cronaca, il suo ministro dell'Economia Bruno Le Maire, le cui politiche negli ultimi sette anni sono state disastrose, anche nel confronto con i vicini europei, sembra più preoccupato dei romanzi che pubblica con cadenza quasi annuale, di cui la stampa non tarda a citare i passaggi erotici, che ovviamente non sono scioccanti in sé, ma che certo non sono in linea con le funzioni che un ministro dell'Economia dovrebbe svolgere.

Se parliamo della reazione delle classi lavoratrici, va notato che La France Insoumise è riuscita a mobilitare le periferie francesi sfruttando un argomento di politica estera, ovvero il suo impegno propalestinese. Questo è l'esatto contrario del RN e del partito Reconquête di Eric Zemmour, che sono piuttosto ostili alle popolazioni immigrate o discendenti da immigrati. 

Abbiamo quindi tre Francia: la Francia rurale e suburbana, che vota per il RN; la Francia delle periferie immigrate, che vota per La France Insoumise; e la Francia dei grandi centri urbani, che vota per il centro. Tutto questo è l'ovvia sindrome di un Paese che ha inventato il concetto di "nazione" ai tempi della Rivoluzione francese, ma che non riesce più ad essere una nazione.

– Dall'esterno, sembra che l'intransigenza di Le Pen e Macron sia un po' illusoria. Quanto è realistico il loro confronto?

– Poiché ho la fortuna di rivolgermi a un pubblico italiano, credo che invocare il semplice esempio della signora Meloni mi dispensi dallo spiegare come un partito che proviene dall'estremo del campo politico possa benissimo istituzionalizzarsi e perseguire le stesse politiche di prima. Il RN mostra in tutte le maniere di essere pronto a farlo, soprattutto in politica estera, dove l'atlantismo è forte e chiaro. 

È vero che in Francia abbiamo la particolarità di avere un presidente più americano degli americani e che spinge all'estremo la logica incendiaria della NATO. Fortunatamente, l'idea di inviare soldati francesi in Ucraina non va giù agli elettori.

 – Qual è il significato delle azioni del Presidente Macron? In che modo lo scioglimento del Parlamento può contribuire al raggiungimento dei suoi obiettivi politici?

Non era obbligato a farlo, ma è vero che ha un terribile deficit di legittimità, dato che rappresenta il 15% di solo metà dell'elettorato, mentre l'altra metà si è astenuta. Sciogliere l'Assemblea é una scelta azzardata, che potrebbe obbligare Macron ad accettare Marine Le Pen o Jordan Bardella come primo ministro pur rimanendo presidente. 

Casi simili di divergenza ai vertici dello Stato si sono già verificati sotto la Quinta Repubblica, nel 1986 e nel 1997, e sono previsti dalle istituzioni. Ma anche con un primo ministro, è molto probabile che il RN non abbia la maggioranza assoluta in Assemblea, cosa che è già avvenuta per il partito di Macron dal 2022. Macron spera quindi che il Paese rimanga bloccato, che il RN si impantani, dimostri la sua incompetenza e che un candidato a sua immagine e somiglianza vinca le elezioni presidenziali del 2027. È bene ricordare che un'assemblea non può essere sciolta più di una volta all'anno, quindi la crisi sarebbe destinata a perdurare.

– Le sinistre di tutto il mondo soffrono della loro scarsa capacità di negoziare, ritenendo fin dal XIX secolo che prima di unirsi dovessero disimpegnarsi diligentemente. Ma in Francia, letteralmente in un solo giorno, si sono uniti comunisti, socialisti, di sinistra, ecologisti, socialdemocratici e persino anticapitalisti radicali. Quanto è stabile e di successo questo conglomerato?

– Bisogna riconoscere che è diventato impossibile votare per quei partiti che si dichiarano di sinistra ma sono favorevoli all'invio di armi all'Ucraina. L'assenza di una sinistra rappresentata in Parlamento che sia chiaramente anti-NATO e chiaramente anti-imperialista mi stupisce. Basti pensare che il PS, il partito fondato da Jean Jaurès, l'apostolo della pace, è ora guidato da un personaggio, Raphaël Glucksmann, che ha iniziato la sua carriera come consigliere di Saakashvili in Georgia e da allora ha condotto una feroce campagna di propaganda anti-russa e anti-cinese. 

Anche La France Insoumise è favorevole all'invio di armi alla giunta ucraina. Quanto al PCF, nel novembre 2022 ha votato a favore dei crediti di guerra della NATO. Fortunatamente, una parte della gioventù del Partito Comunista, che purtroppo è stato rinnegato dalla sua dirigenza, rifiuta questa politica e ha preso di mira Glucksmann, vietandogli di partecipare alla manifestazione del 1° maggio. Senza dubbio chi ha votato al Parlamento europeo a favore della criminalizzazione del comunismo é completamente fuori posto  nel giorno della festa dei lavoratori.

 – Quali potrebbero essere le conseguenze immediate della crisi politica creata da Macron per l'Europa, la Russia e l'Ucraina?

– La logica ultrabellicosa di Macron, con i rischi di una terza guerra mondiale che comporta, è stata delegittimata. Temo però che nel mese che precede le elezioni legislative si tornerà a una gara a chi sarà il più grande difensore dell'Ucraina banderista e dei suoi cosiddetti valori democratici, in modo da isolare il RN, che è visto come putiniano, nonostante i suoi dirigenti facciano del loro meglio per smentire questa affermazione. 

Non sarò fiducioso finché i grandi media francesi presenteranno senza eccezione la Russia come capace e persino impaziente di invadere l'Europa, cosa che chiaramente non è nelle sue intenzioni e che è totalmente irrealistica in termini economici, militari e persino demografici (come possono 150 milioni di persone controllare 750 milioni?). Dobbiamo tornare al più presto al tavolo dei negoziati e ammettere che la Russia non può tollerare, per ragioni di sicurezza vitale, un governo ostile filo-nazista e favorevole alla NATO alle sue porte.

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